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Marcegaglia e due industrie sannite condannate per i prezzi di vendita dei guard rail.

Comunicato stampa del 30 ottobre 2012

Le elezioni regionali siciliane hanno segnato il tracollo definitivo del sistema dei partiti che ha alimentato sprechi, clientele e rapina delle risorse pubbliche. Dopo tangentopoli tutti i politici italiani avevano assicurato che la “politica avrebbe moralizzato se stessa” ed invece la corruzione è aumentata a dismisura fino al punto da essere percepita come prassi normale nella gestione della pubblica amministrazione.

L’azione della magistratura, che spesso è rimasta da sola a contrastare il malaffare in Italia, è stata ostacolata non solo dalle leggi fatte dal parlamento nel quale siedono anche numerosi condannati per reati contro la pubblica amministrazione, ma anche dal coinvolgimento nel sistema corruttivo di diversi funzionari pubblici, sindacalisti, rappresentanti di varie istituzioni, qualche giudice e numerosi imprenditori.

Clamoroso è il caso recente che ha coinvolto anche l’ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, condannata dall’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato insieme ad altri sei industriali a pagare oltre 40 milioni di euro sanzioni, per aver fissato artificiosamente i prezzi di vendita dei guard rail guadagnando miliardi di euro a danno dei concorrenti e della pubblica amministrazione.

Secondo l’antitrust, la Marcegaglia che ancora pochi mesi fa dichiarava “Posso affermare che la lotta alla legalità è ormai una mission di Confindustria e continuerà anche dopo la fine del mio mandato perché la legalità non è solo un dovere morale, ma anche e soprattutto una necessità vitale delle aziende e del mercato” ha posto in essere, dal 2003 al 2007, insieme agli altri industriali condannanti, “un’intesa segreta di tipo orizzontale restrittiva della concorrenza, nel mercato della produzione e vendita di presidi metallici di sicurezza stradale. L’intesa in questione si è sostanziata in una complessa e articolata strategia anticoncorrenziale tesa a falsare considerevolmente il corretto esplicarsi dei meccanismi di confronto concorrenziale nel suddetto mercato attraverso l’assegnazione concordata di vendite e la fissazione condivisa di prezzi di riferimento, anche mediante scambi di informazioni sensibili”.

Tra le sei industrie coinvolte, due sono sannite, la Car Segnaletica Stradale S.r.l. di Ponte e la Industria Meccanica Varricchio–I.Me.Va. S.p.A. di Benevento. La prima, si legge nel provvedimento dell’anti trust, “è una società italiana che svolge attività di produzione e posa in opera di guardrail, carpenteria, profilati metallici, barriere, segnaletica stradale verticale e orizzontale, nonché attività di verniciatura e pellicolatura di rotabili ferroviari. La quota maggioritaria (60%) del capitale sociale di Car è detenuta da una persona fisica; la rimanente frazione risulta appannaggio (rispettivamente per il 39 e l’1%) delle società Car Touring srl e Lemi srl”. La seconda, invece, “è una società italiana che produce e installa barriere metalliche di sicurezza stradale nonché altri prodotti quali condotte strutturali, pannelli, ringhiere, recinzioni, ecc.. Il capitale sociale di Imeva risulta suddiviso in parti eguali tra due persone fisiche di una medesima famiglia e un trust (Gold Trust One), il cui trustee è parimenti appartenente alla medesima famiglia”.

La Car Segnaletica Stradale è stata condannata a pagare una multa per €1.338.994,07 mentre la sanzione per l’I.ME.VA. è di € 4.866.689,50.

La decisione della Autorità garante della concorrenza e del mercato, assunta il 28 settembre 2012 e pubblicata il 15 ottobre, è stata resa nota dalla stampa ma a Benevento nessuno ha inteso fare commenti. Soprattutto hanno fatto finta di nulla gli industriali locali, le loro associazioni di categoria e gli amministratori del Consorzio ASI che proprio in quei giorni erano impegnati a discutere, per una intera settimana, di sviluppo al Sud.

Sarebbe il caso, invece, che anche qui da noi, una riflessione seria si possa finalmente avviare sul tema “Politica, affari, corruzione e concussione” perché è finito anche il tempo in cui gli imprenditori si presentavano come vittime innocenti del malaffare: commercianti vittime del pizzo e dell’usura; costruttori “costretti” a pagare tangenti per accaparrarsi gli appalti; imprenditori tartassati da funzionari, politici e sindacalisti, con le richieste di finanziamenti occulti e posti di lavoro. Le numerose indagini condotte da diverse Procure italiane hanno dimostrato che non sempre gli imprenditori sono vittime del sistema corruttivo, molto spesso sono anche artefici ed attori della concussione e dell’evasione fiscale.

Si tratta di discussioni che imbarazzano tutti coloro che continuano a disquisire su impresa, libero mercato, semplificazione burocratica, idee innovative mentre, come ci ricordano continuamente tutti i rapporti della Corte dei conti e di diverse autorità internazionali, in Italia la corruzione costa alle casse pubbliche, quindi ai cittadini, sessanta miliardi di euro all’anno per tangenti. Per questo le opere pubbliche costano il 40% in più della media europea.

Il presidente – Gabriele Corona

 

 

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