A Benevento tre manifestazioni per ricordare Falcone e Borsellino. La mafia si combatte ogni giorno contrastando il malaffare.
Da Il Vaglio del 23 maggio 2012
Al Tribunale in morte di Paolo e Giovanni che ancora suppliscono alla nostra assenza di dignità
Nella commemorazione di Benevento gli interventi del Procuratore Maddalena, del magistrato Rotili e del comandante della Guardia di Finanza Maragoni sono stati concordi nel tracciare la linea da seguire: quella del denaro e del potere occulto
Tiziana Nardone –
Una volta lessi in un aeroporto una frase di Kennedy: “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, in ciò sta l’essenza della dignità umana”. Lo schermo ci rimanda quel sorriso acutissimo, umile ma lucente di Giovanni Falcone. Sue queste parole. Sono venti anni che non è più. Non è più pur tuttavia vive. Non nel semplice ricordo. Ma in quel brivido che affiora sulla pelle a osservarlo, in quell’anelito di giustizia non soddisfatto, in quella rabbia che fa dire, ogni volta, ‘mai più’.
Oggi, anniversario della sua morte, il Tribunale di Benevento, l’Associazione Libera, l’Associazione Nazionale Magistrati, l’Ordine degli Avvocati di Benevento hanno promosso un momento di riflessione civile cui è seguito l’intitolazione dell’Aula di Corte di Assise allo stesso Falcone e al giudice pure trucidato dalla mafia Paolo Borsellino. L’Aula n. 3 era affollata da magistrati, avvocati, forze dell’ordine, rappresentanti delle istituzioni, delle organizzazioni sindacali e da silenziosi ma numerosi alunni della scuola media Pascoli.
E’ stato il presidente del Tribunale Rocco Carbone, nel ringraziare tutti per la loro presenza, a soffermarsi per primo sull’importante presenza degli scolari e dei loro insegnanti. Poi, il tema del giorno: “Ricordare Falcone e Borsellino è doveroso e tormentoso ma anche esaltante. L’esempio da loro dato resta scolpito in ognuno di noi, assieme a quello dei tanti caduti delle forze dell’ordine. La difesa della legalità, tuttavia, non può essere compito delle sole divise, occorre che ogni cittadino scenda in campo, con comportamenti che pur all’apparenza modesti si dimostrino poi essenziali”.
E’ stato però il procuratore capo della Repubblica di Benevento, Giuseppe Maddalena, a riscaldare gli animi e a farci sentire parte d’un attimo realmente civico. “I due magistrati, protagonisti della recente storia italiana, hanno sacrificato la loro vita per lo Stato, quindi per tutti noi – ha detto perentorio, concedendo la giusta pausa affinché in ognuno di noi si facesse strada tale consapevolezza -. Dei loro attentati, delle loro morti atroci si sa tutto, si sa tutto dei loro autori materiali. Non tutto però si sa dei mandanti e dei moventi. Falcone e Borsellino avevano un vero e proprio culto della legalità. Una delle frasi più note è questa: ‘La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà una fine’. Purtroppo la circostanza che a 20 anni dagli omicidi ancora non si sia fatta piena luce sui mandanti e sui moventi induce a ritenere che la fine è ancora lontana.
Per divenire cultori della legalità però, più che le parole – e il dottor Carlo Panella illustre giornalista di queste terre mi consentirà che mi appropri di una sua frase pronunciata in un recente convegno sulla legalità – occorre dare l’esempio. E’ la cosa più importante altrimenti il solo parlarne resta vano esercizio. Un esempio lo hanno dato gli uomini dello Stato che hanno dato la vita per esso, un esempio lo hanno dato tutti i cittadini che hanno pagato con la morte la resistenza alle sopraffazioni dei delinquenti, tutti questi esempi sono profondamente necessari per andare avanti. Concludo rispondendo all’interrogativo della presidente, Erica Marino, dell’associazione Labos di San Nicola Manfredi che ha organizzato quel convegno sulla legalità dello scorso 19 maggio: ‘Qualunque cosa possa accadere in questa nostra bella e a volte sfortunata Italia non abbia perplessità nei confronti del valore insopprimibile della legalità’.
Sono seguite le immagini del documentario di Sergio Rizzo, con la voce narrante di Luigi Lo Cascio, e le musiche di Nicola Piovani. Ci hanno rimandato le parole di Borsellino: “Paura si prova, l’importante è che insieme alla paura ci sia anche il coraggio”, e quelle di Falcone che nel rispondere alla giornalista francese Marcelle Padovani sempre sul timore disse: “L’importante non è stabilire se uno abbia paura o meno ma non lasciarsi condizionare dalla propria paura, ecco, il coraggio è questo, altrimenti è incoscienza”.
La commozione si è fatta strada nell’osservare Falcone con la moglie o i ricordi di Borsellino sulla gioia dell’amico alle prime dichiarazioni del pentito Buscetta: “Il nostro lavoro stava scuotendo le coscienze, rompendo la rassegnazione nei confronti della mafia. Chi ha odiato Giovanni ha oggi perso il diritto di parlare ma nessuno ha perso il dovere di continuare questa lotta”.
E’ toccato a Simonetta Rotili, presidente della associazione nazionale Magistrati di Benevento il difficile compito di riprendere la parola. Le sue dichiarazioni non sono state affatto di circostanza. Anzi in esse abbiamo colto una volontà, una presa in carico del reale compito a cui anche il nostro Tribunale di provincia è chiamato: “I nomi di Falcone e Borsellino sono il simbolo, il contenitore delle centinaia di persone morte per lo Stato. Questo, tuttavia non mi esime dall’indicare i nomi degli agenti della scorta perché tutti abbiamo un’uguale dignità: la moglie di Falcone, anch’ella magistrato, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani. Il 19 luglio dello stesso anno in via D’Amelio fu ucciso Paolo Borsellino, con gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina”.
La Rotili ha ricordato pure il nome dell’unico sopravvissuto della strage di Via D’Amelio, Antonio Vullo, e noi ricordiamo il nome dell’unico sopravvissuto di quella di Capaci, Giuseppe Costanza.
Dopo il ricordo, il dire quello che la maggior parte di noi va pensando: “Ieri, in un’intervista, il fratello della moglie di Falcone ha etichettato molti come parolai dell’antimafia, a voler indicare un impegno di facciata e nulla più. Si impone, invece, in ogni luogo, una lotta non solo contro la violenza bruta ma anche contro quella affaristica, che con strumenti più insidiosi e raffinati soffoca la libera partecipazione alla società. Bisogna lottare contro il soffocamento della coscienza civile, della libertà, che ci rende cittadini e non sudditi”.
Appassionante pure il commento del comandante della Guardia di Finanza Cesare Maragoni: “L’emozione nel rivedere quelle immagini è forte. All’epoca operavo nel Varesotto. La cosa che mi colpì è che alle 18 tutti si ritrovarono in Caserma, pronti a partire per rinforzare i colleghi di Palermo. Falcone capì che la mafia non era solo omicidio ma denaro, potere occulto, capì che bisognava seguire la traccia dei soldi per disarticolare la cattedrale del potere. Puntando le indagini sul denaro si perdono i confini tra criminali e persone apparentemente per bene. Da ragazzo fui molto colpito da una frase nel libro di Carlo Castellaneta ‘Professione Poliziotto’ ‘Noi non lavoriamo per lo stipendio. Si dice che è un lavoro talmente schifoso che l’unica soddisfazione è farlo bene’.
Amleto Frosi, referente provinciale di ‘Libera -associazioni, nomi e numeri contro le mafie’, sodalizio nato nel 1995, ha ricordato il numero delle vittime di mafia, a oggi 960. “Le celebriamo il 21 marzo – ha detto – con la giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, suggerendo la similitudine tra la stagione della rinascita e la primavera della legalità. “Ancora oggi – ha continuato – non riusciamo ad ascoltare il rumore dei cittadini ma solo il silenzio degli onesti. Vorrei ricordare insieme a Falcone e Borsellino una 17enne dalla coscienza inquieta che decise di denunciare la sua famiglia ed ebbe la fortuna di incontrare Paolo Borsellino. Una settimana dopo l’omicidio del magistrato, in Via D’Amelio ma a Roma, si uccise e con lei perì il testimone più giovane d’Italia. Fu ritrovato un suo diario in cui scrisse: “Prima di combattere la mafia devi farti un esame di coscienza, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”. Insomma, siamo morti perché non siamo mai stati abbastanza vivi.
Il prefetto Ennio Blasco pure si è soffermato sulla necessità della lotta civica: “Gli uomini migliori sanno combattere la criminalità ma non basta occorre la lotta del popolo. Solo i giovani, poi, potranno portarci a eliminare la mafia. Bisogna esigere che ognuno faccia la propria parte nell’interesse del bene comune”.
Il questore di Benevento, Salvatore La Porta, ci ha regalato una testimonianza sentita. Originario di Caltagirone, ha visto parte della sua carriera svolgersi in Sicilia, anche a Palermo. “All’epoca – ha esordito – l’investigativa non poteva contare sui mezzi oggi disponibili. Giovanni Falcone istituì il primo pool antimafia, diede a tutti noi un nuovo strumento confermatosi vincente: il metodo. Il loro sacrificio non è stato inutile, ci hanno dimostrato come certi poteri non siano inattaccabili”.
Il comandante provinciale dei Carabinieri di Benevento, il colonnello Antonio Carideo ha ricordato commosso i suoi primi passi, da giovane tenente di prima nomina, proprio a Palermo. Ricorda come, ancora allievo ufficiale, alla notizia dell’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, chiese di essere mandato a Palermo: “Nel 1984 fummo ovviamente accontentati. Lì ebbi modo di conoscere la moglie di Falcone, magistrato”.
Dopo l’intervento del sindaco, Fausto Pepe, e del presidente dell’Ordine degli avvocati, Camillo Cancellario, ci siamo spostati davanti all’aula di Corte d’Assise, per il minuto di silenzio, osservato alle 17.58, e per la benedizione della targa commemorativa a opera di Don Pompilio Cristino vicario del vescovo Andrea Mugione. Pochi attimi prima, un’alunna di Benevento, 17enne, ha letto alcune sue considerazioni. Ha chiesto a magistrati e a forze dell’ordine di far sì che i ragazzi possano vivere liberi dalle mafie e dalla criminalità, dispiegando i loro sogni. Terminata la lettura, tale l’imbarazzo, il pudore che ha evitato forzatamente di guardare quella cerchia che la attorniava, rimandandoci tutta la tenerezza di un nitore da difendere, preservare.
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Da Il Quaderno del 23 maggio 2012
NOSTRO SERVIZIO – Una fiaccolata promossa dai sindacati e con le istituzioni ed un corteo spontaneo organizzato grazie ad un tam-tam in Rete. Anche Benevento è scesa a manifestare il ventennale dell’uccisione di Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro a Capaci per mano della mafia.
Cgil, Cisl e Uil hanno ricordato la strage con la fiaccolata partita dal Tribunale di Benevento al termine dell’intitolazione dell’aula della Corte d’Assise ai giudici simbolo della lotta alla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La marcia è terminata all’ombra della Rocca dei Rettori dove è stato allestito un palco. Tra gli interventi, oltre ai tre rappresentanti dei sindacati promotori dell’iniziativa, anche quello del sindaco di Benevento Fausto Pepe e dei rappresentanti delle forze dell’ordine. Testimonianza anche della società civile con l’intervento di uno studente.
Quasi in concomitanza è partito il corteo spontaneo organizzato su internet da ragazzi beneventani a partito da Piazza Orsini: qui profilo basso e nessuna sigla politica o associazionistica in capo al corteo, se si escludono le bandiere arancioni ben accette dei rappresentanti del Comitato Codisam di S.Arcangelo Trimonte. Due striscioni a capitanare poco meno di un centinaio di manifestanti: “Siamo la bomba che non potete disinnescare” e “Viva l’Italia che non ha paura, via l’Italia che resiste” riprendendo un verso di una storica canzone di Francesco De Gregori. Poi qualche tricolore, tanti ritratti di Falcone in compagnia di Borsellino e della moglie Francesca Morvillo senza poi tralasciare i riferimenti ai tragici fatti di Brindisi accaduti lo scorso sabato. Il corteo è giunto in Piazza Matteotti per poi terminare a Piazza Roma: qui non sono mancati spunti e momenti di riflessione.
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Da sannioteatrieculture.it del 23 maggio 2012
Manifestazione per ricordare Falcone e Borsellino a venti anni dalle stragi. Organizzato dai ragazzi di Benevento Città Racconta, il corteo ha attraversato Corso Garibaldi
di Elide Apice
E’ stata un’iniziativa spontanea nata grazie a Benevento Città Racconta sull’onda emozionale dei fatti di Brindisi e che oggi ha voluto testimoniare la presenza della società civile di Benevento nel ricordo di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e degli uomini della scorta a 20 anni dalla strage.
Era stato chiesto di non portare bandiere e simboli di appartenenza perchè doveva esserci la presenza di persone e non di sigle o partiti e così è stato ed hanno partecipato singoli cittadini e associazioni tutti in silenzio lungo corso Garibaldi .
Tantissimi i giovani e giovanissimi perchè da loro è partita l’idea e tanti anche gli adulti e tra questi i professori che nel corteo hanno incontrato i loro ragazzi e a loro si sono uniti nel ricordo e soprattutto nella speranza, mentre in silenzio si sfilava reggendo immagini di Falcone e Borsellino e di tanto in tanto, tra la folla, una voce si alzava a leggere le frasi ormai storiche che hanno reso immortale il pensiero di quei giudici trucidati perchè troppo vicini alla verità.
Poi, in piazza federico Torre, il momento del confronto e lo spazio alle parole dei più giovani che hanno ricordato , ma hanno anche insegnato a noi adulti, che dalla mafia ci si può liberare, che ora tocca a loro sperare in un futuro di libertà, che bisogna iniziare a ragionare in termini di legalità .
Hanno chiesto ai professori presenti di insegnare loro a diventare uomini capaci di affrontare il domani con senso di uguaglianza e giustizia e i professori erano lì e si sono emozionati come tutti perchè davvero come più di uno ha detto ” questi sono ragazzi che non erano nemmeno nati all’epoca dei fatti e sono quelli ai quali abbiamo dato in eredità un presente incerto e un futuro nel quale è difficile sperare”
Qualcun altro tra gli adulti, senza fare i nomi perchè come richiesto dagli organizzatori, stasera nessuno aveva cariche nè ruoli definiti, ha detto ” apparteniamo ad una generazione che ha fallito e si è lasciata andare, ora ci spetta il dovere di aiutare i ragazzi a crescere nella legalità”
Legalità che non è parola astratta, ma diventa concreta a cominciare dai piccoli gesti del quotidiano, dalla denuncia “di chi parcheggia in doppia fila o di chi sversa immondizia senza rispetto per gli altri”, legalità che nasce dal rispetto per l’altro.
“Da grande vorrei diventare un funzionario dello stato – ha detto uno dei ragazzi – e sono sicuro che mi comporterò come doverebbe ogni cittadino, con corettezza e giustizia”
“Falcone e Borsellino credevano nei giovani e nelle loro capacità di affrontare il futuro- ha detto una ragazza –
quando moririono i mafiosi festeggiarono, io spero che presto noi tutti possiamo festeggiare la morte della mafia”
A pochi minuti dalla fine della manifestazione, su facebook dove il momento era nato , erano già apparsi i primi commenti, eccone alcuni:
La cosa bella di questa manifestazione è che oggi lì eravamo in tanti, tutti con le nostre idee e con le nostre speranze, ma senza le nostre ideologie. Non ci siamo soffermati sulla nostra appartenenza politica, ma su quelle che sono le nostre idee per porre fine al fenomeno mafioso, ricordando un vero Uomo di Stato come Giovanni Falcone. Sono felice di appartenere ad una generazione che, al di là di quello che si dice, è pronta a scendere in piazza per confrontarsi!!!
Un ringraziamento a tutti, finalmente Benevento ha dato la sua risposta senza essere spinti da partiti o sindacati!
Nel nostro corteo c’era di tutto, destra, sinistra, cattolici, atei, c’era BENEVENTO!!
Grazie per averci fornito la possibilità di riflettere sulla impellente necessità di legalità e lealtà per dare avvio al processo di crescita sociale.
Questi sono i nostri ragazzi, persone semplici dal cuore grande che sperano di riuscire a cambiare le cose , non hanno perso la voglia di farlo, nonostante la brutta eredità lasciata loro dalla generazione precedenti e se quesrti ragazzi hanno così tanta voglia di lottare, allora, forse, non tutto è perduto e anche il mondo degli adulti potrà ritrovare la speranza.