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La legge impone le verifiche antisismiche ogni anno

scuolaDa l’Unità, 11 aprile 2009

Nell’intervista al Procuratore Di Nicola il richiamo. La legge è chiara: la stabilità degli edifici va valutata ogni anno alle regole, che esistono da oltre trent’anni.

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CLAUDIA FUSANI

“Sono tutti morti a causa dei crolli degli edifici. Non sono stati uccisi dal terremoto, ma dalle case. Eccola qui l’inchiesta. Da qui bisogna partire e senza perdere tempo: ogni palazzo crollato deve diventare il prima possibile la scena del delitto”.
Enrico Di Nicola è stato a lungo procuratore capo di Pescara e poi a Bologna. Abruzzese doc vive con pena la tragedia del terremoto. Ma anche con rabbia e sdegno. Il procuratore ha da poco finito di seguire le immagini dei funerali di stato, 205 bare ma i morti sono 287. E non è finita qua.
Procuratore, qualcuno poteva essere salvato?
“La maggior parte, probabilmente. Ma dirlo adesso conta poco”.
Il procuratore Rossini ha spiegato ieri all’Unità che sta valutando ogni ipotesi investigativa, dai crolli ad eventuali sottovalutazioni del rischio sismico. Fino a che punto è possibile un’indagine di questo tipo?
“Non solo è possibile ma doverosa. L’ipotesi è disastro colposo contro ignoti. Gli esperti hanno dichiarato che la magnitudo del sisma non avrebbe avuto conseguenze se gli immobili fossero stati costruiti applicando le leggi antisismiche del 1974”.
Come cercare di dimostrarlo in una città che non ha più documentazione di sé? In macerie anche Comune e Prefettura.
“Ogni palazzo crollato, pubblico o privato, deve essere trattato come se fosse la scena del delitto. Ogni situazione va subito catalogata e documentata. Repertando blocchi di cemento ma anche utilizzando il materiale di tivù e giornali. Comincerei dagli edifici strategici, prefettura, comune, ospedale, tribunale”.
Per ospedale e tribunale forse è più “facile” perché più recenti. Ma per gli altri, ad esempio palazzo Margherita sede del Comune, e la Prefettura, sono edifici monumentali.
“Anche se antichi, e quindi costruiti prima del 1974, ogni anno gli edifici pubblici che sono anche luoghi di lavoro devono essere valutati per idoneità e sicurezza. Esiste un protocollo definito. Lo prescrive la legge, non solo quella antisismica ma anche quella per la sicurezza sui luoghi di lavoro. E comunque anche gli edifici storici o antecedenti il 1974 possono essere messi in sicurezza specie in una zona a così alto rischio sismico”.
Lei dice “catalogare e documentare le scene del delitto”. In che modo?
“Il cemento armato, ad esempio. Organizzerei nuclei di investigatori e poi di periti. Vorrei avere reperti di blocchi di cemento per ogni edificio crollato e costruito dopo il 1974 per verificare la composizione del cemento ma anche il tipo di ferro utilizzato”.
Detto così sembra un lavoro impossibile.
“Conosco bene gli abruzzesi, forti e tenaci ma anche facili alla rassegnazione. Questo invece è il momento in cui devono pretendere e indignarsi. Questa tragedia potrebbe diventare la molla di un grande riscatto e di una grande lezione per tutti. È chiaro che le leggi antisismiche sono state applicate solo burocraticamente, in modo formale ma non nella sostanza”.
Servono denunce ed esposti di privati cittadini?
“Può essere sufficiente anche l’iniziativa del sindaco o del Prefetto che chiede l’intervento del Procuratore. Io ho fiducia. Per due motivi: perchè l’Aquila ha un prefetto nuovo appena nominato, Franco Gabrielli, che è un punto di riferimento certo; perché il procuratore Rossini è persona esperta che saprà lavorare”.
Crede anche che ci si sia stata sottovalutazione del rischio sismico?
“Non credo si possa prevedere un terremoto. Né che si possa bloccare una città perché ci sono le scosse. Comunque sentirei, in questo caso nell’ambito di un’indagine preliminare senza ipotesi di reato, la Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile che tra il 30 marzo e il 6 aprile ha valutato non esserci rischi”.
Molte vittime sono state trovate vestite, avevano paura del terremoto e sono andate a letto pronte per scappare.
“La paura non è un elemento valido per un’inchiesta. La percezione di un fatto non è un fatto”.

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