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Il vice ministro Martone, che definisce sfigati gli universitari fuori corso, raccomandato dalla P3 di Pasqualino Lombardi di casa a Benevento.

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Da L’espresso del 27 gennaio 2012

Martone, l’incontro con Dell’Utri

di Gianluca Di Feo

L’amico del padre dell’attuale viceministro (quello degli ‘sfigati’) andò dal potente senatore del Pdl per far sistemare il giovane. Lo ha detto, a verbale, Arcangelo Martino, imprenditore al centro dell’inchiesta sulla P3

«Mi sono ricordato che Martone sosteneva che attraverso il partito voleva dare una risposta lavorativa al figlio». Arcangelo Martino ha uno stile spiccio, spesso approssimativo. Del figlio di Martone dice che «fa il commercialista, una cosa del genere».

L’imprenditore è considerato uno dei pilastri della P3, la cricca  che interveniva per pilotare le cause in Cassazione e in molti tribunali. Ma durante l’interrogatorio in carcere davanti ai pm romani ricostruisce in modo netto il principale interesse di Antonio Martone, all’epoca potente avvocato generale della Cassazione: sistemare il figlio, ossia Michel il giovane enfant prodige del governo Monti, pronto ad attaccare gli studenti fuori corso e le lauree tardive.

Il suo curriculum di professore ordinario a soli 29 anni era anche – stando ai verbali – nelle mani degli uomini della P3. Martino dichiara che assieme a Pasqualino Lombardi, l’altro protagonista dell’inchiesta P3, si sarebbero presentati a Marcello Dell’Utri chiedendo di intervenire in favore del ragazzo. Sarebbe stato Lombardi a sollecitare la raccomandazione, accompagnata dalla lista dei meriti accademici del giovane al senatore del Pdl. Ottenendo una risposta vaga: «Va be’ vediamo».

Tanta premura per il rampollo non nasceva da una solidarietà amicale. L’interesse della P3 era chiaro: volevano che il padre intervenisse per sistemare la causa sul Lodo Mondadori, ossia il processo contro l’azienda di Silvio Berlusconi a cui era contestata un’evasione fiscale da circa 300 milioni, e sollecitasse un voto positivo della Consulta sul Lodo Alfano che garantiva l’immunità al premier. Due questioni strategiche per il Cavaliere che Pasqualino Lombardi e i suoi sodali volevano mettere a posto grazie all’aiuto di Martone, come spiegano ai magistrati.

Antonio Martone ha dichiarato di non avere mai chiesto raccomandazioni per il figlio. L’uomo ha lasciato la suprema corte dopo la diffusione delle intercettazioni su sui contatti con gli emissari della P3. Nunzia De Girolamo, parlamentare pdl, ha descritto la presenza dell’avvocato generale ai pranzi da Tullio dove ogni settimana Lombardi riuniva i suoi compagni di merende. «Ricordo che erano presenti il sottosegretario Caliendo e diversi magistrati. Tra loro Martone, Angelo Gargani e un magistrato del Tribunale dei ministri». Il geometra irpino Lombardi si mostra capace di grandi persuasioni, come ricostruisce la De Girolamo: «Ricordo anche che Martone diceva di volere andare via dalla Cassazione e che Lombardi non era d’accordo e cercava di convincerlo a restare. Diceva che stava bene lì, che era un punto di riferimento lì. Martone insisteva dicendo che voleva fare altre esperienze e che preferiva andare da Brunetta».

Proprio da Brunetta era poi venuto il primo incarico di consulente da 40 mila euro l’anno per Michel Martone, mentre al padre andavano ruoli direttivi. Ma Lombardi e Martino si impegnavano per trovare «attraverso il partito una risposta lavorativa» migliore per il professore in erba. Che due anni esatti dopo l’incontro tra Lombardi e Dell’Utri per trovargli un posto «attraverso il partito» è arrivato al governo Monti.

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