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Il Procuratore antimafia Cafiero de Raho spiega i motivi dell’arresto del sindaco di Montesarchio e il metodo mafioso nelle “città tranquille”.

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Cafiero de Raho a Benevento per la presentazione del libro "Ne valeva la pena" di Spataro

Pubblichiamo il comunicato con il quale il Procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Federico Cafiero de Raho, ha illustrato le ragioni degli arresti del sindaco di Montesarchio, Antonio Izzo, di un suo assessore  e di altre 17 persone  in gran parte affiliate ai clan Pagnozzi e Iadanza-Panella.   (Leggi a tal proposito anche la relazione della  DIA sul Sannio.

Tutti gli arrestati sono accusati di gravi reati e precisamente di “partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso, ‘usura, l’estorsione ed alcuni reati elettorali.”

Il documento che vi segnaliamo  è estremamente importante perchè per la prima volta vengono descritti i metodi dei mafiosi nelle “città tranquille” dove godendo di coperture, compiacenze e complicità, non hanno bisogno di usare violenza per esercitare l’attività malavitosa.

Scrive Cafiero de Raho a proposito delle indagini a Montesarchio:  “Lo spaccato criminale che emerge soprattutto dall’incrocio dei dati forniti dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia con le intercettazioni telefoniche, è quello di una criminalità organizzata che, a differenza di quella casertana e di quella napoletana, non sembra più avere la necessità – per manifestare la propria affermazione sul territorio – della commissione di delitti di sangue.

Gli esponenti di rilievo dei gruppi criminali sembrano ormai infiltrati nel tessuto socio – economico ed amministrativo, a volte con il paravento di attività formalmente lecite, col fine (poi in realtà concretamente realizzato, come dimostrano gli elementi raccolti nel procedimento) di acquistare, in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, di esercitare in maniera diffusa la pratica dell’usura.

Il tutto, evidentemente, avvalendosi dell’armamentario tipico che caratterizza le associazioni criminali campane ossia utilizzando la forza di intimidazione promanante dal vincolo associativo e facendo quindi leva su di una condizione di assoggettamento ed omertà, diffusa nella comunità degli amministratori pubblici, degli imprenditori, degli operatori del settore finanziario e dei privati che vivono e agiscono in tale contesto territoriale .

Appare evidente, secondo gli atti, che la criminalità organizzata locale, oramai, anche nella pratica delle estorsioni, non sembra più dover ricorrere all’atto di violenza o alla minaccia esplicita, ma che – piuttosto – per intimidire la propria vittima, per usare le parole dello stesso Vincenzo lADANZA, alle proprie vittime si presenta con la cravatta.

Molto istruttiva è anche la parte in cui Cafiero de Raho descrive il comportamento degli affiliati al clan e dei politici in cerca di voti:

“Dalle attività tecniche di intercettazione, dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nonché dalle altre attività d’ indagine nei confronti di lZZO Antonio, PARADISI Silvio c degli altri soggetti ad essi vicini emergono i seguenti dati di fatto:

che la spinta a partecipare alla competizione politica non è la volontà di farsi disinteressati interpreti dell’interesse pubblico, bensì di occupare posti di potere che possono rivelarsi utili per la promozione dei propri interessi particolari e nell’ottica anche di un ritorno economico;

che tale fine giustifica il mercimonio economico del voto e l’investimento a tale fine di ingenti capitali personali il cui impiego non può essere considerato che come un investimento;

che tale fine giustifica altresì lo scendere a patti con soggetti in grado di assicurare un “consenso” elettorale con l’utilizzo dei metodi previsti dagli atti. 416 bis co. 3 e 416 ter c.p.;

che la contropartita per l’appoggio mafioso in caso di vittoria è stata predefinita rispetto alle elezioni, e che il patto politico-mafioso, individuato nei suoi molteplici contorni grazie alle intercettazioni telefoniche (il controllo di varie attività economiche, quali la gestione di due piazze e di tre subappalti e precisamente quello relativo al verde pubblico e gestione pulizie immobili comunali, alla gestione dei parcheggi a pagamento ed alla raccolta dei rifiuti solidi urbani), viene successivamente puntualmente rispettato, in totale disprezzo delle norme dell’evidenza pubblica ed in materia di appalti e senza alcun imbarazzo da parte degli amministratori collusi.

che i soggetti favoriti (così come invero anche alcuni rappresentanti delle istituzioni di polizia presenti sul territorio) non si sono fatti scrupolo nel piegarsi a mettere in atto pubblici comportamenti quali la partecipazione nelle loro vesti istituzionali a manifestazioni quali l’inaugurazione di piazze date in gestione ad esponenti della famiglia criminale nella consapevole assenza di concessioni e/o autorizzazioni di alcun genere, dotate talvolta anche di strutture di servizio integralmente abusive.”

Scarica il documento integrale: Arresto del sindaco di Montesarchio

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