Scandalosa decisione del Collegio arbitrale su via Galanti. L’assessore Damiano attacca il sindaco e i “soliti giustizialisti”
Stampa questo articoloDa Il Mattino del 30 Novembre 2010
Via Galanti, Comune condannato.
Vince la ConCa. Anzi, stravince, obbligando il Comune di Benevento a pagare in favore della società consortile, che dieci anni fa si aggiudicò la gara per il recupero di via Galanti, la somma di quasi 2 milioni 800mila, ai quali va aggiunto il 75% degli onorari riconosciuti al collegio arbitrale (altri 200mila euro). Non c’è che dire: una bella botta per palazzo Mosti, soccombente nel lodo che decide la controversia avviata, appunto, dall’impresa napoletana difesa da Roberto Prozzo. Il collegio arbitrale, composto dal presidente Rino Caputo, nonché dagli avvocati Vincenzo Simoncelli e Luigi Giuliano junior, ha accolto 12 dei 21 quesiti proposti dalla società, un altro è stato recepito parzialmente, mentre ne sono stati dichiarati inammissibili quattro ed altri tre sono stati respinti. Per il Comune, è stato invece accolto parzialmente il controquesito n. 9, i cui effetti si traducono nella condanna a carico della ConCa di 180mila euro a favore dell’ente; un altro quesito del Comune è stato giudicato inammissibile, tutti gli altri controquesiti proposti sono stati respinti. La decisione prioritaria favorevole alla ditta consiste nella dichiarazione di illegittimità ed improduttività di effetti della pronunciata decadenza del diritto di superficie. La vicenda ha origine dal Programma di recupero urbano del Rione Libertà avviato nel ’95, dopo l’intesa sottoscritta con la Regione Campania. Gli interventi previsti erano i seguenti: spina commerciale, parcheggi e box, mercatino rionale, attrezzature sportive e completamento del campo Coni, servizi ricreativi (rifacimento del “Meomartini”), sottoservizi, servizi vari in località Santa Colomba e il piano di recupero di via Galanti. Un intervento che prevedeva la realizzazione di alloggi e servizi su di un’area da assegnare in diritto di superficie, per l’edilizia residenziale convenzionata di tipo economico. Il proponente si sarebbe fatto carico degli oneri concessori, scomputabili anche mediante convenzione per realizzare opere pubbliche. Il programma di recupero ipotizzava un costo per acquisizione di aree e fabbricati da demolire pari a 1 milione 407mila euro, mentre 774mila era il costo per l’urbanizzazione primaria. L’esito del bando, approvato dal consiglio comunale a gennaio 2000, vedeva la ConCa quale società aggiudicataria. L’accordo di programma con la Regione prevedeva, previa demolizione di alcuni fabbricati, la realizzazione di 33mila metri cubi per residenza, 12.250 per servizi ricreativo-commerciali, nonché 3.100 metri quadrati di parcheggi, 4.900 per verde e sport e 3.300 per servizi vari. Sulle aree cedute in diritto di superficie, la società si obbligava a realizzare edifici di edilizia economico-popolare per 74 alloggi. Importo complessivo della proposta avanzata 6 milioni 532 mila euro. La ConCa. veniva immessa nei terreni oggetto di alcuni interventi, mentre per i lotti M ed N i proprietari impugnavano il decreto di esproprio, il che induceva il Comune ad apportare una Variante al piano di recupero, prevedendo la delocalizzazione dei fabbricati relativi ai due lotti. Nel 2002 il rilascio della concessione edilizia in variante. Tre anni dopo, la Con.Ca. ultimava e vendeva i lotti E,F,G e H, mente a gennaio 2006 il Comune le concedeva una proroga di 18 mesi per i lotti C, C1 e D. A maggio di quell’anno, il Comune adottava una variante prevedendo la diversa ubicazione degli edifici dei lotti M ed N. Nel 2007, il dirigente del settore Urbanistica dichiarava priva di efficacia la concessione edilizia del 2002 ed annullava la Dia. Ne scaturiva una controversia dopo che erano state rilevate delle difformità (ultimo piano e locali commerciali). Il Comune avviava la procedura sanzionatoria per giungere a dichiarare la decadenza delle convenzioni; accertava, inoltre presso il lotto C – D delle realizzazioni al quinto piano per le quali intimava la demolizione e, nel dicembre 2008, si giungeva a dichiarare la decadenza della concessione del diritto di superficie. Da qui il giudizio arbitrale che ha portato alla decisione favorevole alla ConCa. Ovviamente, il Comune proporrà ricorso presso la Corte di Appello di Napoli.
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Da Il Mattino del 1° dicembre 2010
Damiano: “Si poteva evitare di pagare quei tre milioni di euro. Avevo concordato con la CON.CA. una intesa che non fu possibile attuare”
«L’esborso di quei tre milioni da parte del Comune di Benevento poteva essere evitato»: a dichiararlo non è un esponente dell’opposizione, bensì l’assessore alle Infrastrutture Aldo Damiano. Quale assessore all’Urbanistica, l’esponente della giunta Pepe si adoperò non poco – si era nel 2007 – acché si stipulasse un accordo con la Con. Ca. circa la controversia insorta sull’intervento in corso di realizzazione a via Galanti. Damiano scrisse più volte al sindaco Fausto Pepe, ai dirigenti Mario De Lorenzo, Luigi Giuliano, al segretario Antonio Orlacchio ed al responsabile del procedimento Massimino Pastore. Nel maggio di tre anni fa, ritenendo non più differibile la risoluzione del completamento dell’intervento abitativo a quasi un anno dall’insediamento della nuova amministrazione, l’assessore all’Urbanistica denunciava che «non sempre gli interessi dei cittadini da noi sollecitati diventano prioritari per la complessa macchina burocratica dell’ente». Dopo aver aggiunto che non era più possibile aspettare oltre, senza una seria assunzione di responsabilità, Damiano prospettava un’ipotesi risolutiva della problematica attraverso la sottoscrizione di un accordo procedimentale che obbligasse la Con.Ca. ad assumere una serie di impegni nei riguardi dell’amministrazione e dei prenotatari degli alloggi. Al riguardo, l’assessore fece predisporre un’apposita delibera con la quale si recepiva il verbale di accordo in cui Comune ed impresa convenivano e pattuivano i seguenti punti: l’ente avrebbe autorizzato lo spostamento dei lotti M ed N, con relative nuove e diverse opere di urbanizzazione. A tal fine, il Comune avrebbe rilasciato il permesso di costruire non appena concluso l’iter di approvazione della variante. Dal canto suo la Con.Ca., avrebbe confermato che il prezzo di cessione degli alloggi dei due lotti suddetti sarebbe stato quello fissato dalla convenzione urbanistica stipulata nel 2000, costo quindi invariato salvo gli aumenti Istat relativi al periodo 2006-2009 e comprensivi dei maggiori costi strutturali intervenuti nelle more della realizzazione dell’intervento a seguito della riclassificazione sismica di Benevento. L’impresa era obbligata anche a completare l’intervento entro 24 mesi dall’inizio dei lavori, che sarebbero stati avviati entro due mesi dal rilascio del permesso di costruire, consegnandoli agli acquirenti subito dopo il collaudo tecnico-amministrativo. La Con.Ca. avrebbe corrisposto ai legittimi proprietari i costi, sia indennitari che risarcitori, per l’acquisizione delle aree, nonché 75 mila euro al Comune quale corrispettivo per le indennità anticipate dall’ente per acquisire i suoli di Izzo Umberto, Antonio ed Annamaria. In quanto alle opere di urbanizzazione, del costo di euro 725 mila, sarebbero state a carico dell’impresa quale scomputo degli oneri da versare. «Come si vede – conclude l’assessore Damiano -, un accordo dal quale il Comune avrebbe tratto solo benefici, ma non fu possibile concluderlo forse perché taluni preferirono dare ascolto ai soliti giustizialisti ed esperti del diritto. Dopodiché io lasciai l’Urbanistica e non se ne fece più nulla. Ora, il responso del collegio arbitrale vede soccombere il Comune per tre milioni di euro».