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Gli ex amministratori di centrodestra dovrebbero pagare i danni procurati al Rione Libertà dal cantiere della Spina Commerciale.

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spina-commerciale-cantL’ex sindaco, Pasquale Viespoli, dalle colonne de Il Mattino del 4 novembre, ammette che la Spina Commerciale e dei Servizi non è stata realizzata per responsabilità degli amministratori della Giunta D’Alessandro. L’ex Assessore all’Urbanistica, Petrucciano, invece, ritiene che l’opera non è stata realizzata per “ingenuità” degli ex amministratori e, soprattutto, per “il boicottaggio” di Gabriele Corona, il quale ha più volte denunciato le gravi illegittimità amministrative relative alla realizzazione di quella struttura di cemento armato, lunga 450 metri che avrebbe dovuto ospitare anche gli Ambulatori per i servizi sanitari. Corona replica spiegando perché non è stata realizzata la costruzione e critica la ASL che ha perso il finanziamento regionale assegnato per comprare una sede ed ora spende soldi pubblici per fittare altri locali da un privato.

ALTRABENEVENTO

associazione per la città sostenibile contro il malaffare

Via Annunziata, 127 – Benevento

Il fitto di un edificio privato in via Valfortore da parte della ASL per ospitare propri uffici e servizi e il cambio di destinazione d’uso concesso dal Comune di Benevento, sono ulteriori esempi di procedure strane e di sperpero del denaro pubblico, su cui bisogna fare piena luce. Pasquale Viespoli, in un intervento pubblicato su Il Mattino, ricorda che la nuova sede della ASL era prevista al Rione Libertà nell’edificio denominato “Spina commerciale e dei servizi” non più realizzato, per gravi responsabilità della passata amministrazione di centro destra che il senatore non nasconde. Il protocollo di intesa tra l’ex sindaco Viespoli e l’ex direttore generale della ASL, Pietro Farina, per una struttura con poliambulatorio, servizio radiologico, consultorio familiare, servizio di assistenza ed emergenza territoriale, fu firmato il 21 settembre del 1999 e fu recepito dalla società Partenope, che il 28 ottobre di quell’anno presentò al Comune di Benevento l’offerta per realizzare una struttura di cemento armato lunga 450 metri, per congiungere piazza San Modesto con lo slargo antistante la chiesa dell’Addolorata, che avrebbe dovuto ospitare parcheggi interrati, botteghe commerciali con porticato e le strutture sanitarie esattamente richieste dalla ASL. Il 24 novembre 2000 il Comune di Benevento rilasciò la Concessione Edilizia n. 6693 per la costruzione della struttura proposta dalla società napoletana dal valore di 15 miliardi di lire di cui la ASL avrebbe acquistato una parte per lire 9.717.427.500 , come deciso con la delibera n. 434 del 16 ottobre 2000. La Regione Campania con la delibera n. 4848 del 2002 confermò la disponibilità del finanziamento necessario, ma i lavori per costruire quell’edificio non sono mai iniziati e nel corso di una Conferenza di Servizi tenutasi il 15 marzo 2004, l’Assessore all’Urbanistica del Comune di Benevento, Fernando Petrucciano, chiese, a nome della Partenope scarl, ai rappresentanti della ASL, una proroga al 31 ottobre del 2005 del termine per la consegna dell’immobile. In quella occasione, il nuovo Direttore Generale della ASL, Mario Scarinzi, considerato che erano già trascorsi inutilmente 4 anni e mezzo dal protocollo di intesa del settembre 1999, avrebbe potuto rivedere gli accordi sottoscritti con il Comune e con la società Partenope e avendo a disposizione il finanziamento concesso dalla Regione, avrebbe potuto farsi assegnare un suolo dal Comune e realizzare la propria struttura attraverso una regolare gara d’appalto. Invece Scarinzi accolse la richiesta di Petrucciano e pertanto il termine di consegna dell’opera fu prorogato ad ottobre del 2005 e poi a settembre 2006.

Credo che i protagonisti di questa vicenda, cominciando dall’ex Assessore Petrucciano, dovrebbero spiegarci perché quella sede non è stata realizzata e la ASL dovrebbe chiarire perché ha preferito perdere un finanziamento regionale di circa 5 miliono di euro, che poteva consentirle di diventare proprietaria di una struttura, piuttosto che utilizzare soldi pubblici per il fitto di locali da un privato al quale versa 26.500 euro al mese.

Benevento, 4 novembre 2007 Il presidente – Gabriele Corona

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Per la Redazione de Il Mattino


Per la Spina Commerciale, siamo passati da Totò a Pulcinella.

Agli inizi di aprile del 2004, quando denunciai come ambientalista, le numerose illegittimità relative al progetto della Spina Commerciale al Rione Libertà, affermai anche che l’Amministrazione comunale aveva fatto come Totò che vendette al turista la Fontana di Trevi, riferendomi alla Concessione rilasciata alla Società Partenope per costruire su suoli dello IACP e non del Comune. Per questa dichiarazione, essendo dipendente comunale, mi fu inflitta una sanzione disciplinare e fui trasferito dal Settore Urbanistica all’Ufficio Anagrafe del rione Libertà.

Mercoledì scorso con una dichiarazione a Il Mattino, Fernando Petrucciano, che allora era proprio l’assessore all’Urbanistica, ha riconosciuto che avevo ragione, precisando che la passata amministrazione di centrodestra “aveva peccato di superficialità” perché non si era accorta di quella grave irregolarità, che io, però, non avrei dovuto denunciare, comunque, perché come dipendente comunale, sono vincolato al segreto di ufficio.

Petrucciano ora sostiene, addirittura, che fu proprio a causa di quella mia rivelazione, che i lavori di costruzione di quell’edificio che avrebbe dovuto ospitare anche la nuova sede della ASL, si bloccarono e non sono stati più completati.

Si tratta di una ricostruzione dei fatti assolutamente risibile per i seguenti motivi.

Devo, innanzitutto, precisare che io non svelai alcun segreto perché ricordai solamente che il Presidente dello IACP, il 1° aprile 2004, con una dichiarazione alla stampa, rivendicò la proprietà di quei suoli. Ma si trattava già del “segreto di Pulcinella” anche perché la proprietà dello IACP era chiaramente indicata nella Convenzione firmata tra il Comune e la Partenope, che è un atto pubblico.

E’ possibile credere che l’Assessore competente, il Responsabile del Procedimento, il Dirigente del Settore, il Capo Area Tecnica e il Direttore Generale, non avevano letto quell’atto?

Oggi anche la Partenope, sostiene di non aver potuto realizzare la Spina e la sede ASL per la mancata cessione di quei suoli e per questo motivo pretende 4 milioni di euro dal Comune. Visto che Petrucciano riconosce la responsabilità del centrodestra che “peccò di superficialità” perché non organizza una colletta tra i suoi ex colleghi di Giunta e i Dirigenti responsabili e paga la ditta senza ulteriori danni per le casse comunali ?

Per la verità io credo che quei lavori non sono stati realizzati per altri motivi tanto è vero che la Concessione Edilizia fu firmata nel 2000 mentre le “rivelazioni” sulla proprietà dei suoli sono del 2004. La ditta, quindi, poteva costruire ma non ha voluto farlo.

Ora, però, ci interessa anche sapere che cosa ha combinato la ASL che a novembre 2005 diffidò la Partenope a consegnare la nuova sede al rione Libertà entro il 30 settembre 2006 e contemporaneamente con la delibera n. … decideva di prendere in fitto dalla ditta Lampugnale i locali di via Valfortore per 26 mila e 500 euro la mese. Perché non ha utilizzato il finanziamento concesso dalla Regione Campania di circa 10 miliardi delle vecchie lire per acquistare o costruire una nuova sede ?

9 novembre 2007 Gabriele Corona

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Quindicinale BENEVENTO del 23 novembre 2007

 

INTERVISTA CON GABRIELE CORONA, PRESIDENTE DI ALTRABENEVENTO

“Qualcuno è venuto da noi per fare la pacchia”

In seguito alla decisione, dell’attuale Amministrazione comunale di Benevento, di liberare dal transennamento la zona compresa tra la piazza antistante la chiesa dell’Addolorata e piazza S.Modesto, al rione Libertà, e alla conseguente pretesa di risarcimento danni, per quattro milioni di euro, avanzata nei confronti del Comune, da parte della società consortile “Partenope”, che avrebbe dovuto realizzare, in quel luogo, una spina commerciale, si sono incrociati, a più riprese, sulla stampa quotidiana, interventi del senatore Pasquale Viespoli, che la realizzazione di quell’opera aveva autorizzato, nel novembre del 2000, quando era ancora sindaco di Benevento, dell’ex assessore all’Urbanistica, Fernando Petrucciano, e del presidente dell’associazione “Altrabenevento”, Gabriele Corona, un dipendente del Comune, in servizio proprio presso il Settore di Urbanistica.
A lui, che ha dimostrato di non avere remore nel denunciare malefatte di ogni tipo, al punto di buscarsi querele anche dal suo diretto superiore, l’assessore Aldo Damiano, e provvedimenti disciplinari, da parte della precedente amministrazione di centro destra, chiedo migliori spiegazioni.

Gabriele, da chi è composta la società “Partenope”?

“E’ una società consortile composta da due società: la “Castaldo Costruzioni” di Napoli, una grossa società, con milioni di euro di capitale e di fatturato all’anno, che ha fatto grandi opere, tra cui la metropolitana a Napoli, e la società “patria e famiglia”, che è un consorzio di piccole cooperative di edili e di muratori, il cui presidente è l’architetto Maurizio Triola, napoletano. La cosa strana è che diventa amministratore unico della “Partenope” Maurizio Triola, amministratore del piccolo consorzio cooperativo, invece che una persona della “Castaldo”, la società più grossa. Ma queste due società hanno poi dato vita a un altro consorzio, costituitosi con il nome di “Conca”, dopo aver vinto, a Benevento, un appalto degli Iacp, nel 1998, per la realizzazione dei 180 alloggi sulla destra del fiume Sabato. La “Conca” è la società che ha poi avuto l’incarico dal Comune di fare i lavori per gli alloggi di Via Galanti. Sempre Triola, credo come amministratore della cooperativa “Patria e famiglia”, ha avuto un altro appalto dagli Iacp, per realizzare la scuola elementare e materna in località Pacevecchia. Questo è quello che risulta a me, ma diciamo che a Benevento ha fatto la pacchia”.

Della vicenda delle case di Via Galanti hai avuto modo di occupartene ripetutamente. Puoi sintetizzare un po’ il corso di questa vicenda?

“La questione è semplice. Il Comune di Benevento, nel 1999, ha bandito un concorso pubblico concorrenziale, cosa diversa dall’indire una gara di appalto per la realizzazione di un’opera pubblica, in quanto, nel caso in questione, si aggiudica i lavori, da realizzare a sue spese, il partecipante che ha indicato il massimo ribasso rispetto al prezzo stabilito da chi ha bandito il concorso. La “Conca”, l’unica società ad aver partecipato al bando per la realizzazione dei 72 alloggi di Via Galanti, si era impegnata a vendere gli alloggi a 1.160.000 lire al mq e i negozi a 1.600.000 lire al mq. Si era impegnata anche a realizzare una piazza e le opere di urbanizzazione, nonché a sistemare tutte le traverse di via Galanti. Avrebbe inoltre dovuto realizzare le fogne, gli impianti elettrici, gli impianti telefonici e i parcheggi, per 1 miliardo e 400 milioni delle vecchie lire, non avendo corrisposto al Comune l’importo, stante l’opzione prevista dal concorso concorrenziale, per la realizzazione di queste opere. La “Conca” avrebbe anche dovuto pagare al Comune di Benevento il diritto di superficie, o avrebbe dovuto acquistare direttamente il terreno su cui realizzare gli alloggi. Ad oggi, gli alloggi costruiti sono 38, ma sono stati venduti a un prezzo superiore a quello concordato, in quanto sono stati calcolati, da parte della “Conca”, dei costi maggiori, determinati, tra l’altro, in applicazione della rivalutazione Istat, da un presunto maggiore costo, che invece non c’è stato, di acquisizione del terreno. Secondo me, la “Conca” non solo ha venduto a un prezzo maggiore di quello dovuto, ma ha anche ricevuto un contributo maggiore, per ogni alloggio, dalla Regione Campania. A seguito del dossier che abbiamo presentato alla Procura della Repubblica che ha aperto un’indagine, ipotizzando reati di associazione a delinquere, truffa, falso e altro, a carico dell’amministratore della “Conca”, a carico della moglie, che, come amministratrice della società Orec, ha percepito acconti da parte dei prenotatari degli alloggi compresi nei lotti M-N, e poi a carico anche di tecnici comunali e dell’allora direttore generale del Comune. Sono 7 in tutto le persone indagate. Adesso, si è scoperto che sui primi edifici costruiti, compresi nel lotti EFGH, è stato realizzato un piano in più (abusivo rispetto alla concessione rilasciata), la cui vendita ha fatto realizzare un ulteriore vantaggio alla ditta. Ma i rispettivi acquirenti corrono addirittura il rischio di vedersi recapitare dal Comune un’ordinanza di abbattimento di quei locali, considerati abusivi. Per il lotto C e D, costituito da altri 16 alloggi in costruzione, è intervenuta, su nostra segnalazione, la Procura della Repubblica, la quale, verificato che l’ultimo piano è abusivo, ha fermato i lavori. Per i lotti M-N, costituito dagli ultimi 24 alloggi, la ditta ha percepito degli acconti consistenti già nel 2000 (quelli incassati, se non andiamo errati, dalla moglie di Triola — ndr), ma non ha ancora avviato l’opera, perché cerca insistentemente di spostare la realizzazione degli alloggi su altri terreni, diversi da quelli predestinati. Ovviamente, rispetto a questa situazione estremamente confusa, le 24 famiglie non sanno se la colpa è del Comune di Benevento o del costruttore. Sanno soltanto che hanno versato cifre elevate, per prenotare, nel 2000, un alloggio che, per contratto, doveva essere pronto entro due anni, come pure sanno che, ad oggi, per la realizzazione di questi 24 alloggi, non è stata ancora posta la prima pietra, perché non c’è ancora il progetto approvato e addirittura non sono stati ancora individuati i suoli”.

Parliamo ora della spina commerciale dei servizi. La concessione edilizia risale a novembre 2000, ma pare che il 12 ottobre del 2000 c’era stata, tra la “Partenope” e l’Asl, la stipula di un accordo relativo alla realizzazione, nella spina commerciale, di una struttura dell’azienda sanitaria. Come può essere stato concepito questo accordo, ancora prima che venisse rilasciata la concessione edilizia?

“Questa è un’altra delle cose stranissime di questa vicenda. Si tratta dello stesso bando in base al quale è stata assegnata la costruzione degli alloggi di via Galanti. Nel caso della spina commerciale dei servizi, il Comune si limitava a indicare un’area, tra la chiesa dell’Addolorata e la chiesa di San Modesto, sulla quale il privato interessato avrebbe dovuto presentare un progetto, per realizzare una struttura in cemento armato, lunga 450 metri, all’interno della quale inserire negozi e uffici da vendere successivamente. Anche per la realizzazione di questa struttura, le cui opere di urbanizzazione sarebbero dovute essere sostenute dalla ditta, il Comune stranamente ha avuto pure una sola proposta, da parte degli stessi soggetti, che, in questo caso, invece di chiamarsi “Conca”, si chiamano “Partenope”. Il progetto, però, prevede, stranamente, di realizzare, all’interno di questa struttura, non solo dei negozi, ma anche ambulatori, uffici e servizi, per conto dell’Asl, una condizione, questa, che, non prevista nel bando iniziale, è venuta fuori, si è scoperto, da un accordo firmato da Viespoli, allora sindaco di Benevento, e Pietro Farina, direttore generale dell’Asl, il 21 settembre 1999, cioè dopo l’indizione del bando, avvenuta il 30 luglio dello stesso anno. Solo la “Partenope” sapeva, e lo prevederà nel progetto, che quella struttura avrebbe dovuto comprendere una sede dell’Asl, il cui costo, contenuto in un impegno all’acquisto deliberato nell’ottobre del 2000 dall’azienda sanitaria, viene valutato in 9 miliardi e 700 milioni di vecchie lire, iva compresa, dal rispettivo ufficio tecnico. Ma la difficile realizzazione di questa sede è stata una delle ragioni che hanno portato a molti ritardi. Se un’altra ditta costruttrice avesse saputo che di fronte a un’opera del valore di 15 miliardi di vecchie lire, vi sarebbe stato un ente pubblico disposto ad acquistarne una parte per l’importo di 9,700 miliardi, avrebbe ritenuto molto conveniente l’operazione, per concorrere alla gara”.

E’ stata fatta una valutazione da parte di un ufficio competente?

“La regione Campania rinviò la delibera dell’Asl, sostenendo che non poteva disporre il finanziamento, perché la valutazione spetta all’Ute. Infatti, l’ufficio tecnico erariale valutò l’immobile per un costo di 300 milioni in meno rispetto a quello calcolato dall’Asl. Questa diversa valutazione portò la “Partenope” a non avviare il lavori, nonostante avesse ricevuto la concessione dal Comune di Benevento, e nonostante avesse ricevuto l’assicurazione formale da parte dell’Asl, prima, e dalla Regione, poi, che vi era l’impegno ad acquistare la struttura al costo di 9 miliardi e 400 milioni di vecchie lire. A noi risulta che i lavori non sono stati avviati perché la ditta pretendeva che l’Asl firmasse un vero e proprio contratto di acquisto”.

Ma una struttura pubblica o acquista un immobile già costruito, oppure bandisce una gara per farselo edificare!

“Fu esattamente quello che il dott. Tonino Pedicini, responsabile dell’Arsan (azienda regionale sanità), intervenuto in una delle conferenze di servizio in cui si discuteva come uscire da questo empasse, fece notare. L’Asl non può acquistare qualcosa che non c’è, né può fare una trattativa privata, con un privato, per far costruire una struttura. Quindi, non si poteva firmare nessun contratto. Sta di fatto che solo nel marzo 2004 la ditta Partenope ritira la concessione e avvia i lavori: abbatte 60 alberi, tra cui una quindicina di alto fusto, fa la recinzione del cantiere, effettua alcuni scavi per le fondazioni; però i lavori non sono mai proseguiti”.

A me risulta che i terremotati intenzionati ad acquistare i propri alloggi in via Materazzo sono stati costretti a soprassedere perché, essendo stati quegli alloggi costruiti dall’Iacp su di un suolo di proprietà del Comune, avrebbero dovuto aspettare che l’Iacp convertisse, con il Comune, un suolo di sua proprietà, attraversato dalla spina commerciale.

“La questione si intreccia, perché una parte dei suoli che il Comune aveva dato alla Partenope per realizzare l’opera, e cioè la parte compresa tra via Napoli e piazza S.Modesto, non era di proprietà del Comune, ma degli Iacp, cosa che gli amministratori comunali probabilmente ignoravano”.

E come è stato possibile, da parte dell’Amministrazione comunale, commettere questa leggerezza?

“L’assessore al ramo, dell’epoca, Petrucciano, in questi giorni ha dichiarato alla stampa che si è trattato di una loro leggerezza, che non se n’erano accorti, anche se a me ciò sembra strano. Ma quella era una questione che si poteva anche formalmente risolvere (come si è risolta — ndr), se il problema era, per il Comune, quello di avere, dagli Iacp, il suolo dove doveva nascere la spina commerciale, e, per gli Iacp, quello di avere dal Comune, il suolo di via Matarazzo, per rendere possibile la vendita degli alloggi ai terremotati. Il Comune, dopo una lunga indecisione sulla necessità della stipula di un atto notarile, alla fine prepara il rogito nel novembre 2005, quando cioè ormai erano scaduti i termini che l’Asl e la Regione avevano dato alla “Partenope”, per realizzare la struttura dell’azienda sanitaria”.

Puoi parlare del giallo relativo alla non integrazione della commissione edilizia.

“Il Comune deve nominare una commissione edilizia integrata, costituita da persone che, formalmente in possesso di determinati requisiti, siano esperti in qualche materia. E’ quella commissione che, di solito, viene chiamata ad esprimere pareri, insieme alla normale commissione edilizia, quando si tratta, ad esempio, di prendere in esame aree sottoposte a vincoli ambientali”.

Perché ritardano?

“Perché non riescono a trovare un accordo politico. Tu pensa alla vicenda dell’assessore che, estromesso nel mese di luglio scorso, viene adesso di nuovo reinquadrato all’interno della giunta, per renderti conto di come la gente possa aver fiducia dei politici, che si comportano come una casta, a cui tutto è concesso. Vedi la questione delle pratiche relative al condono edilizio: non si possono rilasciare i condoni, perché quella commissione ancora non c’è”.

A proposito di condono edilizio, l’assessore all’Urbanistica pare voglia affidare a un privato la evasione di altre 2.530 pratiche, in quanto, delle 3.896, ne sono state evase soltanto 1.436. L’Amministrazione ha già “esternalizzato” la riscossione dei tributi, il che comporterebbe un aggravio di costi da parte dei cittadini, determinato dal guadagno del privato. Ma, se passasse anche la proposta dell’assessore Damiano, il personale, che subirebbe un’altra umiliazione, come penserebbe di reagire?

“Questa amministrazione si era impegnata a discutere con i Sindacati di tutte le proposte di privatizzazione dei servizi comunali, in modo da approntare un piano di riqualificazione del personale comunale, ma poi è stata approvata la delibera di Giunta per “esternalizzare” il servizio Tributi, senza la necessaria concertazione. Questo comportamento ha determinato accese polemiche, tra sindacati e amministrazione e poi anche nella maggioranza consiliare, polemiche che hanno portato a modifiche delle proposta iniziale, determinando una tale confusione che l’assessorato alle Finanze ancora non riesce a predisporre il bando pubblico per la scelta della ditta che dovrebbe gestire quel servizio. C’è stato poi il tentativo di affidare a tecnici esterni l’istruttoria delle pratiche di condono edilizio, senza alcuna consultazione con i sindacati, perchè l’assessore all’Urbanistica, Aldo Damiano, ritiene, sulla base di dati sbagliati, che sarebbero state esaminate solo poche pratiche da parte dei dipendenti dell’Ente. Lo Slai Cobas (di cui è responsabile Corona . ndr), ha già dimostrato che quei dati sono sbagliati e che diverse pratiche necessitano del parere della Commissione Beni Ambientali, che questa Amministrazione, dopo 18 mesi, non ha ancora nominato, non certo per responsabilità dei dipendenti comunali. Mi pare, come dimostrano le stranissime nomine dei consulenti dell’Ente, che questa Amministrazione sia orientata non a valorizzare e riqualificare il personale dell’Ente, ma a creare un piccolo esercito di precari a disposizione di qualche neo dirigente, senza alcun controllo. Naturalmente per fare questo, o per privatizzare i servizi, si tenta di dimostrare che gli uffici non funzionano, anche quando non è vero, oppure a mettere in condizione qualche ufficio di non funzionare”.

Ma l’assessore all’Urbanistica, in seguito alla notifica al Comune, da parte di Passarelli, del ricorso presentato dall’imprenditore di Casalnuovo al Consiglio di Stato contro la sentenza con cui il Tar della Campania ha bloccato i lavori di quel mostro edilizio in viale degli Atlantici, pare che voglia far presentare ricorso al Consiglio di Stato anche da parte dell’Amministrazione comunale. Contro chi e a favore di chi sarebbe rivolta l’iniziativa del Comune?

“L’Amministrazione Comunale si costituisce insieme alla ditta Passarelli, contro la decisione del TAR che, accogliendo la tesi del Comitato dei cittadini della zona alta, ha dichiarato illegittimi gli atti con i quali è stata autorizzata la costruzione di quell’ecomostro. E’ veramente assurdo che in questa città l’interesse pubblico debba essere salvaguardato dai Comitati, mentre il Comune, gestito dal centrosinistra, difende le ragioni dei privati, forzando la interpretazione delle norme dei piani particolareggiati e del Piano Regolatore Generale”.

Il PRG oggi si chiama Piano Urbanistico Comunale. L’opposizione accusa l’attuale amministrazione in relazione al fatto che il PUC non sia stato ancora presentato dai tecnici, quando essa per prima, allorché era al governo della città, non è stata capace, anche per contrasti insorti al suo interno, di pervenire a una definizione del PUC. Umberto Del Basso De Caro diceva che sul PUC vi sono interessi a spingere e interessi a frenare. Come sta la situazione?

“In una città come questa, che campa di edilizia, è naturale che l’Urbanistica diventi il primo terreno di scontro. Basti pensare alle tante indagini in corso, da parte della Magistratura, per abusi e speculazioni varie, perché si abbia l’idea di come ci sia chi pensa che sia più facile fare soldi acquistando terreni agricoli per poi farli diventare terreni destinati alla edificazione, piuttosto che organizzare una attività imprenditoriale. La redazione del PUC dovrebbe essere, anche secondo la legge regionale, un grande tema di confronto, mentre invece sono in corso molte riclassificazioni, cioè autorizzazioni per cambiare la destinazione dei terreni, senza redigere un Piano Urbanistico”.

Giuseppe Di Gioia
pedigio@tele2.it

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