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CORONA E ZOTTI: E’ ILLEGITTIMO IL PALAZZO

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La copia della planimetria riportata nella foto è stata esibita dal coordinatore di “altrabenevento” nel corso del convegno del 25 settembre scorso per spiegare la teoria della “lievitazione della sagoma”.
Corona, ha infatti letto alcune parti della relazione presentata dai tecnici della ditta Passarelli i quali espressamente dichiaravano che si trattava di una ristrutturazionea parità di sagoma, che è cosa diversa dal concetto di volume. La sagoma è l’ingombro, mentre le norme sull’edilizia a volte prevedono locali che non vengono calcolati come volume. Insomma il palazzo poteva essere ricostruito ma rispettando la sagoma, cioè la forma e l’ingombro dell’edificio preesistente.
Nel caso del palazzo Passarelli i tecnici sostengono che è stata rispettata la sagoma però la stessa è stata slittata più in alto di 5,40 metri. Poi, dicono ancora i tecnici, sotto alla sagoma che è stata spostata più in alto, sono stati inseriti, parcheggi e cantinole che non fanno volume. Insomma con il trucco volgare della sommatoria della sagoma più i volumi che “non fanno volume” è stato realizzato un palazzo più alto di due piani.
L’ing.Salvatore Zotti che è anche il segretario cittadino dei DS, spiega perchè le autorizzazioni rilasciate dall’Ufficio Concessioni Edilizie sono illegittime e da annullare.

ECOMOSTRI: DA PUNTA PERROTTI A VILLA PERROTTA? Vorrei trattare la questione “Passarelli” cercando, per quanto possibile, di non ripetere concetti che ormai penso siano stati assimilati da tutti (o quasi) e di portare qualche elemento nuovo che ritengo possa essere di una qualche importanza.
Preliminarmente è necessario precisare che le prescrizioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici (PRG e PPE) sono valide a tempo indeterminato, cioè non decadono mai come, viceversa, avviene per i vincoli di inedificabilità e per quelli che preordinano all’esproprio. Questo non è un mio parere ma è una disposizione di legge chiara e precisa che si rinviene negli artt. 11 e 17 della legge 1150/42. La legge regionale 16/2004, non poteva fare altrimenti, conferma la validità a tempo indeterminato di dette prescrizioni.
Notevole è la diatriba sulla qualificazione dell’intervento: nuova costruzione o ristrutturazione edilizia? Su tale punto penso che non ci siano dubbi: si tratta di un nuovo edificio e come tale non solo avrebbe dovuto rispettare tutte le prescrizioni degli strumenti urbanistici, tra cui indici e destinazioni, ma era del tutto vietato in quanto il piano particolareggiato nelle tavole “serie B” prescrive per tale immobile la tipologia della “ristrutturazione edilizia integrale”, mentre i nuovi edifici sono classificati interventi di “ristrutturazione urbanistica”. Perché si tratta di un nuovo edificio? Perché il D. Lgv. N. 301/2002 all’art. 3 definisce interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.

Faccio subito notare, quindi, che per rimanere nell’ambito della ristrutturazione edilizia non è sufficiente ricostruire la stessa volumetria, ma è necessario anche che la stessa abbia la medesima forma di quella preesistente: quindi stesse dimensioni e stessa forma. In altre parole, il volume non è quello urbanistico, bensì quello fisico e risulta davvero inutile e noiosa qualsivoglia disquisizione sui terrapieni, le autorimesse, cantinole, ecc. che, non rientrando nella volumetria urbanistica, secondo qualcuno non andrebbero computati. E’ davvero sorprendente non comprendere un concetto così semplice: se al volume precedente si aggiunge un’autorimessa, una cantinola od altro, è impossibile rispettare la seconda condizione che impone “la stessa sagoma”. Tali ambienti, se si ha l’intenzione o l’obbligo di realizzarli, vanno ricavati nella “stessa sagoma” o, tutt’al più, realizzando piani interrati che non determinano variazioni visive della sagoma.
In ogni caso, ammettiamo per assurdo che l’intervento in corso possa definirsi di ristrutturazione edilizia: che cosa cambierebbe? A parte la volumetria, consentita nella misura di quella preesistente, tutte le altre prescrizioni urbanistiche tra cui quelle riguardanti le destinazioni e quelle fissate da norme generali e particolari andrebbero, comunque, rispettate. E questo è stabilito, indipendentemente dalla qualificazione dell’intervento, dal citato art. 11 della legge 1150/42: “I proprietari degli immobili hanno l’obbligo di osservare nelle costruzioni e nelle ricostruzioni le linee e le prescrizioni di zona che sono indicate nel piano”. Anche il Codice Civile all’art. 869 conferma che “I proprietari d’ immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti”.
D’altra parte sarebbe illogico il contrario in quanto, se fosse possibile non rispettare le prescrizioni del piano, anche nel caso dell’intervento più invasivo sugli edifici esistenti, qual è la demolizione e ricostruzione, quest’ultimo per gli stessi edifici non potrebbe introdurre, poiché inutile, alcuna prescrizione, come quella di una nuova destinazione. E’ facile immaginare a cosa si ridurrebbero in questo caso i piani urbanistici comunali! Orbene, la zona in questione è classifica “F4″(aree per attrezzature direzionali e sociali di interesse collettivo). Il PPE, con la norma particolare LX consente la realizzazione di un albergo, oppure, in alternativa, PRG e PPE, consentono di destinare il 30% della volumetria a residenze e attività commerciali a condizione che un altro 30% venga destinato ad “attività di carattere squisitamente pubblico” da regolamentare mediante apposita convenzione. Tali ultime volumetrie, secondo le norme di attuazione del PPE, vanno realizzate dal privato e valutate a scomputo delle opere di urbanizzazione secondaria. E’ inutile approfondire il significato di tale prescrizione e le conseguenze che ne derivano. Nel nostro caso oltre il 70% e stato destinato a residenze e manca del tutto il 30% di carattere squisitamente pubblico.
Tale difformità, oltre a costituire un macroscopico motivo di illegittimità, lede in modo rilevante l’interesse pubblico, certamente prevalente in una comparazione con l’interesse del privato, da porre a base di un eventuale provvedimento in autotutela. La collettività, nella sostanza, si vede privata di un suo bene che, peraltro, avrebbe dovuto avere la destinazione di un servizio, atto a migliorare la qualità della vita. Per questo motivo ritengo che qualsiasi cittadino sia legittimato a ricorrere.
Per quanto attiene la questione ambientale, la Soprintendenza, il vincolo e la “lettera lumaca”, che giunta al Comune dopo 80 giorni, ha sostato per un meritato riposo estivo per altri 15 giorni nei cassetti dell’Ufficio Tecnico, già abbondantemente illustrati, anche nei risvolti più inquietanti, devo fare alcune considerazioni. La zona in questione ha un doppio valore ambientale avente carattere di reciprocità: è un belvedere da cui poter godere dei quadri panoramici costituiti dalla valle del Sabato e costituisce essa stessa un quadro panoramico da salvaguardare, visibile dalla vallata del Sabato e dalle colline fronteggianti.
La Soprintendenza si preoccupa solo del secondo aspetto, consentendo, però, al fabbricato Passarelli un’altezza che non tutela nulla: non tutela il quadro panoramico nel suo insieme, non tutela la villa Perrotta sovrastata dalla nuova costruzione, comunque più alta a causa della pendenza del viale degli Atlantici, non tutela i discreti giardini Piccinato, che “scompaiono” del tutto soffocati dalla mole dell’ecomostro. Il PPE, invece, con una prescrizione semplice, precisa e inequivocabile (norma particolare LX) stabilisce che l’intervento deve essere realizzato in modo che “lasci libera la visuale verso la valle del Sabato adattandosi al terreno”. Quindi, considera la predetta zona nello stesso momento come Belvedere per ammirare la valle del Sabato e come quadro panoramico da salvaguardare adattando la costruzione al terreno. Ciò significa, in altre parole, che il fabbricato non poteva e non può superare la quota del viale degli Atlantici. Realizzare tre piani oltre questa quota e un misero porticato, non significa adattare il fabbricato al terreno! Poiché molti si dilettano nell’interpretare le norme è il caso di richiamare un altro elaborato del PPE, la relazione, che sotto molti aspetti è ancora più importate della normativa, perché effettua la descrizione dei luoghi, stabilisce i valori da salvaguardare, gli obiettivi e le modalità d’intervento che poi vengono sintetizzate con la “norma”. Riporto alcuni passi della relazione al PPE, redatto nel 1988 dagli architetti Zevi e Rossi, senza alcun commento se non quello che riguarda l’ulteriore interesse pubblico costituito nella salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente, patrimonio di tutti, principio fondamentale della Costituzione Italiana.
Punto 4.1: Il versante degradante verso il fiume Sabato (oltrepassata la villa Comunale) è caratterizzato da una edilizia rada che consente, attraverso ampi spazi inedificati, la vista della vallata e la percezione di ampie visuali panoramiche. In questo contesto occorre però rilevare l’inopportuna ubicazione della locale Casa Circondariale (che dovrà essere trasferita) e di alcuni edifici residenziali pluripiano che la affiancano. Questo versante si caratterizzava infatti, fino ad alcuni decenni or sono, per l’esclusiva presenza di pochi villini, con ampi spazi verdi, e di qualche edificio gradonato” ……….” Dal fondo valle del fiume Sabato, passando sotto la Rocca dei Rettori e la Villa Comunale, sale la via delle Puglie che si congiunge al viale degli Atlantici formando un’area belvedere di particolare interesse paesaggistico. La via delle Puglie (muovendo dalla via del Sole) è caratterizzata da grandi spazi inedificati, più o meno coltivati, sui quali sorgono piccoli edifici agricoli sparsi. Alla confluenza col viale degli Atlantici l’edificazione aumenta, mantenendosi tuttavia sempre al di sotto delle visuali apprezzabili del belvedere già citato”
Punto 4.2 – Osservazioni e proposte: “sistemazione, a livello di arredo urbano, di tutto il settore terminale del viale, particolarmente del lato verso il fiume sabato, realizzando punti belvedere, spazi verde, ecc.”.
Tra le varie iniziative intraprese perché non sollecitare anche l’intervento della Regione previsto dall’art. 39 del D.Lgv. 301/2002?

Ing. Salvatore Zotti

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