Corrotto e corruttore nella stessa cella.
Stampa questo articoloComunicato stampa del 22 gennaio 2013
A cosa servono gli arresti per la corruzione al Comune di Benevento?
Il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto, su richiesta della Procura della Repubblica, il sequestro preventivo dei beni di 15 indagati per gli appalti al Comune di Benevento, per un totale di circa sei milioni di euro, valore equivalente al danno conseguente ai casi di corruzione contestati.
L’amministrazione comunale, invece, non ha ancora avviato le procedure per sottoporre a provvedimento disciplinare i dipendenti accusati di gravi reati, in parte confessati durante le indagini, e il recupero degli “incentivi alla produttività” per un totale di alcune centinaia di migliaia di euro, elargiti ai tecnici che hanno ammesso di aver attestato lavori inesistenti.
Il sequestro preventivo dei beni è la seconda misura restrittiva disposta dal Tribunale di Benevento a carico di imprenditori, amministratori, dirigenti e tecnici comunali, dopo gli arresti in carcere per cinque indagati, arresti domiciliari per altri tre, e il divieto di dimora a Benevento per i restanti sette.
Dopo gli interrogatori del GIP sono state ridotte le misure restrittive per quasi tutti i destinatari dei provvedimenti ma è stata confermata la permanenza nel carcere di Capodimonte dell’ax assessore comunale ai Lavori Pubblici Aldo Damiano, il tecnico comunale Giovanni Racioppi, gli imprenditori Mario Siciliano e Antonio Cavaliere, cognato dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino escluso proprio ieri dalle candidature nel PDL per i procedimenti giudiziari in corso.
Non si comprende, però, il senso del provvedimento restrittivo in carcere, se si considera che i destinatari della misura cautelare sono stati ospitati nella stessa cella, fin dalla mattina del trasferimento a Capodimonte.
In genere la custodia cautelare viene disposta per impedire la fuga dell’indagato ma anche l’inquinamento delle prove. L’incarcerato perciò viene privato della libertà e prima dell’interrogatorio del Giudice per le Indagini Preliminari non può neppure ricevere le visite dei familiari.
Ma allora, a maggior ragione, non dovrebbe avere la possibilità di parlare con altri indagati per gravi reati di corruzione nell’ambito della stessa inchiesta!
Ed invece, nel caso dei provvedimenti cautelari per questa scottante inchiesta, l’assessore accusato di aver intascato le tangenti e l’imprenditore che le avrebbe pagate, si sono ritrovati per diversi giorni compagni di cella addirittura prima che il Giudice li interrogasse proprio sui rapporti intercorsi tra loro.
Questa discutibile decisione è stata disposta dalla magistratura o dai vertici del carcere di Capodimonte? E perché?
E visto che ci troviamo, vorremmo sapere perché il deputato ancora in carica, Costantino Boffa, ha ritenuto di far visita sabato scorso al Carcere di Capodimonte non tanto per accertarsi, come consentito, delle condizioni di vita di tutte i detenuti, ma solo di far visita a Damiano, Siciliano, Cavaliere e Racioppi, che adesso beneficiano della possibilità di uscire dalla cella dalle 8 alle 20 di ogni giorno e di incontrare liberamente tutti gli altri detenuti sottoposti allo stesso regime carcerario.
A queste condizione, perché tenerli ancora ospiti a Capodimonte?
Per Altrabenevento, Gabriele Corona