De Magistris: “Dimostrero’ con le carte chi temeva l’indagine WHY NOT”
Da Antimafia duemila. 23 ottobre 2010
Intervista all’on. Luigi de Magistris di Monica Centofante –
Ancora una volta “siamo di fronte alla mistificazione della realtà”. L’europarlamentare Luigi de Magistris, ex pm a Catanzaro, commenta così il contenuto delle motivazioni della sentenza emessa dal gup catanzarese Abigail Mellace al termine di quella parte del noto processo Why Not che si è celebrato con il rito abbreviato.
Quasi mille pagine di motivazioni che dopo ben due proroghe sono state depositate alcuni giorni fa rinfuocando vecchie polemiche mai sopite. E dando adito ad ogni sorta di attacco strumentale nei confronti dell’ex magistrato costretto a lasciare la toga.
Nella sentenza del gup, della vecchia indagine violentemente avocata a Luigi de Magistris nel 2007 c’è poca traccia: tutto sembra essere ridotto a un banale teatrino in cui la supertestimone Caterina Merante, descritta come il “dominus” dell’inchiesta, manovrava come un burattino l’investigatore di punta di “Why Not” per bloccare attività di indagine e inquisire politici e imprenditori a lei sgraditi.
Sullo sfondo un sottile attacco al “risalto mediatico” dell’inchiesta che, tiene a sottolineare il giudice, “ha portato alla ribalta nazionale i suoi principali protagonisti divenuti nel frattempo veri e propri personaggi pubblici televisivi di grande notorietà”.
On.le de Magistris, innanzitutto stupiscono le riduttive conclusioni a cui sembra essere giunta la gup Mellace al termine di un processo partito da indagini estremamente complesse. E allo stesso modo destano perplessità alcune considerazioni in apparenza impertinenti per un giudice che dovrebbe essere imparziale.
L’ho detto e lo ribadisco: ci troviamo di fronte alla mistificazione della realtà. L’indagine Why Not era molto solida ed era fondata su tante cose: le intercettazioni, le dichiarazioni della Merante, le acquisizioni di altre testimonianze oltre ad accertamenti bancari, economico-finanziari, tabulati, rogatorie internazionali, collaborazioni dell’Olaf, informative dei Carabinieri. Per farla breve: un’enormità di materiale tanto solido che venni fermato proprio perché per alcuni ambienti risultava essere fin troppo devastante.
Quella sottrazione d’indagine, vorrei citare nuovamente questo dato, fu assolutamente illegale, come ha dimostrato la procura di Salerno che ha imputato per corruzione in atti giudiziari alcuni magistrati, alcuni politici ed altre figure. Ma è bene ricordare che i magistrati che ereditarono le carte proseguirono in parte la mia inchiesta, tanto da richiedere il rinvio a giudizio di numerosissimi imputati, segno che evidentemente quella stessa inchiesta non era poi una bolla di sapone. Tanto più che si tratta di magistrati tutt’altro che orientati in pieno sulla mia linea.
Ad ogni modo si giunse a una richiesta di rinvio a giudizio, nell’ambito della quale alcuni imputati chiesero l’abbreviato ed è un po’ strano che il giudizio di questo processo sia stato affidato al magistrato Mellace, che in qualche modo si avventura nelle sue motivazioni in una serie di argomentazioni extragiuridiche completamente infondate.
Secondo me si tratta di un ulteriore tassello di quell’attività extra ordinem che ancora viene adottata per demolire un’indagine pesantemente colpita al cuore: sul tema del legame affaristico in Calabria e non solo. Un fatto assolutamente inquietante di cui avevo già riferito all’autorità giudiziaria e che si riconferma in questo attacco sproporzionato del giudice che va oltre la motivazione e si mette a fare considerazioni assolutamente impertinenti in seguito alle quali non posso che evidenziare come questi sia tutt’altro che un giudice terzo.
Il gup Abigail Mellace, in riferimento all’inchiesta Why Not parla di un improprio “risalto mediatico” dal quale lei, in qualità di pubblico ministero, ed altri avreste tratto dei benifici in termini di notorietà. Le indagini condotte dalla procura di Salerno erano però giunte a ben altre conclusioni e cioè che mentre lei indagava era in atto una vera e propria “strategia mediatica” basata su una serie di fughe di notizie che venivano poi utilizzate per attaccare questa ed altre inchieste che stava conducendo fino ad arrivare a sottrargliele.
Esattamente. E che tutto questo fosse parte di una strategia trova ulteriore conferma nelle notizie di questi giorni. Mi riferisco all’inchiesta della procura di Milano che ha arrestato un finanziere e posto sotto indagine un giornalista di Panorama. Non dimentichiamo che si tratta delle stesse persone – quei cronisti riconducibili in un modo o nell’altro al Presidente del Consiglio – che furono autori di una serie di fughe di notizie che hanno costantemente danneggiato non solo la mia persona, ma anche l’indagine stessa.
Non può sfuggire che il giorno precedente all’avocazione del procedimento “Why Not” Libero fu protagonista di una fuga di notizie creata ad arte e assolutamente strumentale: mi riferisco all’articolo dal titolo “Indagato Mastella?”. Quel pezzo fu utilizzato come uno dei motivi fondanti dell’avocazione.
Quindi di che risalto mediatico stiamo parlando? Io non ho mai rilasciato una sola intervista prima che mi sottraessero illegalmente le inchieste. Che, ovviamente, erano seguite da alcuni giornalisti, come avviene per altre indagini di assoluta importanza.
Nelle odierne motivazioni della sentenza è chiaro che il gup Mellace ha creato invece una sponda giudiziaria a tutti coloro che hanno voluto denigrare, in maniera assolutamente interessata, questa indagine che invece era molto solida. E tutto questo è solo un tassello di un più grande mosaico: dopo aver attaccato me hanno attaccato infatti i miei consulenti e ora attaccano i testimoni e perfino i Carabinieri. Tipico atteggiamento, come ho sempre detto, delle massonerie deviate che consiste nel colpire uno ad uno tutti coloro che hanno osato guardare nella loro direzione.
Ecco perché è molto grave la decisione del giudice, che se fosse estraneo a quegli ambienti potrebbe essere tacciato di aver emesso una sentenza non codivisibile ma legittima. Ma la Mellace estranea non lo è per niente, al contrario è assolutamente prevenuta nei miei confronti poiché al tempo avevo effettuato delle perquisizioni a carico del marito e chiesto il suo arresto per fatti gravissimi.
Ancora, nell’ambito dell’inchiesta Why Not lo studio legale Pittelli – uno degli imputati a Salerno con l’accusa di corruzione in atti giudiziari in riferimento all’illegale sottrazione delle mie inchieste – difende il padre della stessa giudice.
Insomma, ci troviamo di fronte ad uno scandalo e io mi chiedo cosa aspetti il Csm ad avviare una procedura di trasferimento per un magistrato così fortemente incrostato di vicinanza ad ambienti dai quali dovrebbe mantenere le distanze per giudicare in maniera equilibrata. Soprattutto perché designataria di procedimenti tanto delicati.
Nelle accuse che le vengono continuamente mosse a mezzo stampa c’è anche quella che riguarderebbe una sua responsabilità nelle dimissioni dell’allora ministro Clemente Mastella e nella successiva caduta del governo Prodi. Un dato assolutamente scorretto poiché Mastella si dimise in seguito al coinvolgimento suo e della moglie nelle indagini della procura di Santa Maria Capua Vetere, ma che serve ad insinuare, in qualche modo, che l’inchiesta “Why Not”rappresentò per lei una sorta di trampolino di lancio per la politica?
Allora, diciamo una volta per tutte una cosa: qua l’unico che ha pagato sono io. Io facevo il magistrato, il lavoro che sognavo di fare per tutta la vita e non avevo bisogno di onori maggiori. Quindi cos’è questa storiella del trampolino di lancio per la politica? E’ Mastella che da Ministro della Giustizia ha interferito sul pubblico ministero che indagava e che indagava sul Presidente del Consiglio che lo aveva nominato ministro in un’inchiesta nella quale egli stesso era coinvolto. Una cosa fuori dalla grazia di Dio.
Un’altra accusa riguarda i troppi soldi che sarebbero stati spesi per l’indagine.
Rispondo ricordando la bellissima lettera del consulente tecnico Pietro Sagona che voi di ANTIMAFIADuemila avete pubblicato. Questa storia dei troppi soldi spesi per le indagini è un ulteriore falso. Il denaro impiegato non ha superato le cifre che normalmente vengono utilizzate per un qualunque procedimento, tanto più se si tratta di un procedimento particolarmente importante come quello di cui stiamo discutendo. Ed è anche vero che i soldi non sono stati soltanto spesi, tanti ne abbiamo recuperati, tanti ne stiamo recuperando attraverso le indagini dell’Olaf e tanti altri ne avremmo recuperati se fossi rimasto titolare di quel procedimento.
E’ veramente scandaloso questo attacco che stanno rivolgendo a me, che da molto ormai non sono più titolare di quell’inchiesta. E’ come se ad un architetto che progetta la realizzazione di un’abitazione e poi gli si sottrae il progetto per affidarlo ad un altro architetto gli si riconoscano delle responsabilità se la casa è costruita male. Ci troviamo di fronte ad un’operazione inaccettabile e anche per questo ho deciso che nei prossimi giorni – lo farò sistematicamente – pubblicherò tutti gli atti pubblici realtivi alle mie inchieste. Per rispondere in modo concreto alle accuse di chi, stravolgendo la realtà, parla di me come di un pazzo, un folle, una persona che voleva semplicemente farsi pubblicità in preda ad un protagonismo soggettivo.
Intanto, nel silenzio pressocché totale della grande stampa, la sezione disciplinare del Csm ha deciso il trasferimento provvisorio di sede per il procuratore aggiunto vicario di Catanzaro Salvatore Murone. Per il quale i magistrati di Salerno avevano chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di aver ordito a suoi (di de Magistris) danni un complotto insieme, tra gli altri, all’ex procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi e all’allora procuratore generale facente funzioni Dolcino Favi.
Il Csm ha fatto con molto ritardo questa operazione perché Murone è imputato di corruzione in atti giudiziari per fatti molto gravi. Prendiamo comunque atto di questa decisione.
Nel frattempo Dolcino Favi è andato in pensione e Lombardi è scappato, decidendo anche lui per la pensione, probabilmente per paura che potessero arrivare provvedimenti giudiziari nei suoi confronti.
Ora attendiamo che il Csm finalmente affronti il “caso Catanzaro” andando a verificare le numerose incompatibilità ambientali, clamorose e indecenti che risultano e che sono agli atti, così come ho spiegato anche nel mio blog. Come può, e solo per citare un esempio, un Presidente del Riesame giudicare serenamente se innanzi al suo Tribunale il figlio avvocato difende personaggi legati alla ‘Ndrangheta? Si tratta di cointeressenze, di incrostazioni troppo forti.
E allora di cosa stiamo parlando? Vogliamo affrontare veramente il tema di una giustizia credibile nei confronti della cittadinanza?
Evidentemente no, perché piuttosto che affrontare il problema si è preferito togliere di mezzo la pecora nera, quella persona che era completamente estranea alle logiche di appartenenza ai salotti buoni di Catanzaro. Lo hanno mandato via e ora tutto dovrebbe andare nel dimenticatoio, dopo un’opportuna un’operazione di distruzione di quella persona e di ribaltamento delle carte. Con l’obiettivo di farmi apparire come un pazzo, un mitomane, uno sconsiderato. Ma non ci riusciranno, perché fino a quando avrò voce dimostrerò, punto per punto, che a Catanzaro ci trovavamo di fronte a un grumo di potere che coinvolge pezzi della politica, pezzi delle professioni, pezzi della magistratura. Quella che io ho sempre definito la borghesia dei colletti bianchi intrisa di corruzione e di rapporti anche con le forme più insidiose di criminalità.