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Fatebenefratelli: Itro, Cocilovo e Di Monaco non conoscevano la provenienza dei soldi finiti sui loro conti correnti. Come Scajola per la casa regalata.

Da Il Mattino del 26 luglio 2010

“Avvocati arrestati, al setaccio i conti correnti”

Saranno interrogati oggi Mauro Di Monaco, Mario Itro e Marco Cocilovo, i tre avvocati arrestati dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio di circa 10 milioni di euro, frutto, secondo l’accusa, di una appropriazione indebita effettuata a danno dell’ospedale Fatebenefratelli. I tre hanno trascorso due notti nelle celle del carcere di Contrada Capodimonte. Dovranno dare spiegazione sui movimenti finanziari, scovati dalle Fiamme Gialle, che avevano come unico scopo, come sostiene il Pm Tartaglia Polcini, di far perdere le tracce dei soldi che Mauro Di Monaco aveva tenuto per sè invece che versarli all’Ospedale. Queste operazioni sarebbero state fatte materialmente dai tre avvocati che utilizzavano dei conti correnti aperti a nome delle proprie anziane madri con l’assenso dell’ex direttore della filiale della Bnl Giuseppe Lamparelli. Le operazioni sotto la lente di ingrandimento dei magistrati e della Guardia di Finanza riguardano investimenti e disinvestimenti di forti cifre, operate a nome delle madri dei tre arrestati che risulterebbe, quindi, semplici prestanome. Il tutto per occultare, secondo gli investigatori, la provenienza del denaro. In molti casi, sostiene il magistrato inquirente, viene posta in essere una frammentazione scientifica delle operazioni, classica del riciclaggio, volta a spezzare la traccia documentale dei trasferimenti in modo da non far risultare congiunte diverse operazioni. E le richieste di custodia cautelare del Pm ed accolte dal Gip vengono motivate, oltre che per evitare il pericolo di inquinamento delle prove, anche dalla condotta dei tre avvocati che «non usano armi o condotte violente, si affidano invece a funzionari di banca compiacenti, conti correnti, distinte di versamento, prestanome improbabili per conseguire risultati molto più consistenti».Nel corso dell’interrogatorio odierno, i tre arrestati dovranno dimostrare il contrario e, cioè, che si tratta di operazioni del tutto indipendenti ed estranee alla vicenda del Fatebenefratelli. Determinante, quindi, appare il ruolo di Giuseppe Lamparelli che, a quanto sembra, starebbe collaborando con gli investigatori e nel corso di alcuni interrogatori avrebbe spiegato alcuni delicati passaggi della vicenda. Peraltro la richiesta di applicazione di una misura cautelare (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) nei suoi confronti non è stata accolta in quanto l’ex direttore di banca avrebbe fornito «un buon contributo» all’inchiesta.

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Da Il Mattino del 27 luglio 2010

“La verità dei tre avvocati arrestati”

Oltre tre ore di interrogatorio per i tre avvocati finiti in carcere per riciclaggio. Il Gip Sergio Pezza ieri mattina ha infatti ascoltato Mauro Di Monaco, 42 anni, Mario Itro, 54 anni, e Marco Cocilovo 49 anni. Tutti tre hanno respinto le accuse che vengono loro rivolte. Mario Itro avrebbe sostenuto di essersi limitato a collocare il denaro su conti correnti di familiari. Il denaro gli era stato dato da Marco Cocilovo e quindi si era trattato solo di una cortesia ad un collega, non essendo a conoscenza neppure della provenienza di quelle somme. Anche Marco Cocilovo era all’oscuro che il denaro fosse frutto di un’ azione legale portata avanti dall’ospedale Fatebenefratelli per recuperare presso la Regione la somma di quindici milioni di euro che erano dovuti alla struttura sanitaria per prestazioni fornite agli assistiti tramite l’Asl. Ma perché questi soldi sarebbero stati depositati su conti correnti intestati alle madri? A questa domanda i due legali avrebbero risposto sostenendo che la frammentazione dei conti era stata decisa singolarmente per non far apparire, in una realtà piccola come quella di Benevento, troppo voluminosi i loro conti. Infine il terzo avvocato coinvolto Mauro Di Monaco ha sostenuto di non essersi mai appropriato di somme illegalmente, di aver agito in virtù di uno specifico mandato, e di non aver effettuato irregolarità. L’accusa, da parte sua, sostiene invece la tesi che i tre avvocati avrebbero intestato falsamente alle loro anziane madri le ingenti somme di denaro su conti correnti aperti presso la Bnl dove agiva Giuseppe Lamparelli, loro complice. Lo scopo era quello di effettuare più operazioni finanziarie, investendo e disinvestendo le somme, al fine di far perdere le tracce dei soldi e, quindi, «ripulire» il malloppo frutto della presunta appropriazione indebita a danno dell’ospedale Fatebenefratelli. Per questo occorrerà adesso verificare se le dichiarazioni rese dagli arrestati combaciano con quelle già fornite dall’ex direttore di banca che, in questa vicenda, assume un ruolo chiave. I legali che difendono i tre imputati, gli avvocati Vincenzo Regardi, Raffaele Tibaldi, Gennaro Razzino,Guido Principe hanno avanzato richiesta di remissione in libertà per i tre, in subordine gli arresti domiciliari. Il gip Pezza ha richiesto il parere alla procura della Repubblica e questa mattina deciderà sulle istanze avanzate dai legali. Gli avvocati difensori hanno anche presentato ricorsi al tribunale del riesame contro le ordinanze di custodia cautelare.

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Da Il Mattino del 28 luglio 2010

“Riciclaggio, il GIP non crede agli avvocati”

Restano in carcere i tre avvocati arrestati dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’operazione anti-riciclaggio. Il giudice delle indagini preliminari Sergio Pezza, su parere conforme del pubblico ministero Tartaglia Polcini, ha rigettato le richieste di scarcerazione e, in subordine, di arresti domiciliari avanzate, al termine degli interrogatori, dai legali di fiducia di Mauro Di Monaco, Mario Itro e Marco Cocilovo. Per il Gip, evidentemente, sussistono ancora i pericoli di inquinamento di prove. Peraltro già nella prima ordinanza il magistrato sottolineava che «per soddisfare le esigenze cautelari non c’è altra misura che la custodia carceraria, unica effettivamente idonea ad evitare sia la reiterazione di reati che l’inquinamento probatorio; infatti neanche gli arresti domiciliari, allo stato, possono dare sufficienti garanzie circa i possibili contatti con altri indagati e con i testi o in merito a condotte recidivanti». Evidentemente dopo gli interrogatori non sono venute meno queste esigenze cautelari e il Gip ha rigettato le istanze. Probabilmente la versione fornita dai tre arrestati non ha convinto il magistrato che, peraltro, ha in mano i verbali dell’interrogatorio di Giuseppe Lamparelli, l’ex direttore della Filiale Bnl di Benevento, complice dei tre ma che, stando a quanto è trapelato dagli ambienti giudiziari, starebbe collaborando con gli investigatori. Va anche detto che nella prima ordinanza, quella che ha portato agli arresti, il profilo dei tre avvocati arrestati tracciato dal Gip era duro: si parla di «soggetti dalla spiccata capacità criminale», «sordi al richiamo dell’etica civile e professionale», «non si vede perché dovrebbero evitare di ripetere altri reati della stessa specie», «per la loro brama di ricchezza». I legali di fiducia adesso sperano nel tribunale del Riesame per il ricorso contro l’ordinanza. Il Riesame deve pronunciarsi entro dieci giorni e, pertanto, fino ad allora Di Monaco, Itro e Cocilovo dovranno restare in carcere. Tutti e tre, nell’interrogatorio, hanno respinto ogni addebito. Di Monaco esclude ogni ipotesi di appropriazione indebita a danno dell’ospedale Fatebenefratelli, mentre Itro e Cocilovo asseriscono di non aver mai sospettato della possibile provenienza illecita dei fondi che Di Monaco gli avrebbe trasferito. Sullo sfondo della vicenda rimane la posizione di frate Efisio Maglioni, dirigente amministrativo del Fatebenefratelli, deceduto nel 2004, e sul cui conto corrente personale le Fiamme Gialle avrebbero trovato 1,2 milioni di euro, frutto, secondo l’accusa, della complicità con Di Monaco.

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