Grandi Opere. Spunta l’ombra di Cosa Nostra
da Antimafia duemila del 10 maggio 2010
Al tavolo dei grandi appalti la mafia non poteva mancare. E nelle inchieste sulle grandi opere, che stanno trascinando il Governo in quella che in molti già definiscono una nuova tangentopoli, è spuntata tra gli affari della cricca e il business dell’eolico.
Per scovarla, nascosta tra le società che partecipavano ai banchetti, gli investigatori hanno seguito tre nomi: quelli di Luigi Franzinelli, Riccardo Micciché e Antonio Di Nardo. Il primo legato al faccendiere Flavio Carboni, gli altri inseriti nel circuito del tentacolare Diego Anemone, tutti ben collegati con ambienti della mafia che conta.
Le indagini in questione ruotano attorno agli appalti in Sardegna. In primis il G8 alla Maddalena, che vede la partecipazione della Btp, impresa fiorentina di costruzioni, che per l’occasione costituisce una Ati (associazione temporanea di imprese) con il Consorzio stabile Novus “al fine di partecipare alle gare per le quali era stata fatta la promessa corruttiva”. Lo spiegano in un’informativa i Carabinieri del Ros, che trovano le tracce della criminalità organizzata nel groviglio di imprese controllate dalla cricca dei soliti Balducci, Anemone, Piscicelli e compagnia.
“La Btp – scrivono i Carabinieri – garantendo il possesso dei requisiti patrimoniali per partecipare a gare di ingente importo – e in particolare a quelle connesse alla manifestazione del G8 – consentiva a Consorzio Stabile Novus, ove erano presenti significative presenze mafiose, di partecipare alle suddette gare”.
Ed è qui che emerge il primo dei soggetti seguiti dagli inquirenti: Antonio Di Nardo, funzionario della Ferratela, che all’interno del consorzio “risultava referente di alcune delle imprese consorziate di origine siciliana e campana connotate dalla presenza, quali soci o amministratori, di soggetti già coinvolti in procedimenti penali per reati di associazione di stampo mafioso”. Imprese alle quali era garantito “almeno il 3% dell’importo dell’appalto aggiudicato ancorché non fossero investite dalla materiale esecuzione dello stesso”. In soldoni, incassavano senza lavorare.
Il secondo dei soggetti “interessanti” è invece quel Riccardo Micciché che sempre alla Maddalena, nel 2009, gli inquirenti guardano con un certo sospetto. “Rappresentante della struttura”, Micciché, “durante l’esecuzione dei lavori alla Maddalena ha avuto in uso un’utenza intestata all’impresa ‘Ing. Raffaello Pellegrini srl’ con sede in Cagliari, impegnata in lavori di subappalto per conto della Consortile Maddalena riferibile a Diego Anemone”. Così come “Francesco Piermarini (cognato di Bertolaso ndr.) ha avuto in uso un’altra utenza intestata all’impresa Pellegrini”.
Il “rappresentante di struttura”, nativo di Agrigento, è sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori per una parentela decisamente scomoda: il fratello Fabrizio è infatti responsabile tecnico della società Giusylenia srl, “inserita – prosegue il Ros – in un contesto criminale finalizzato alla gestione dei lavori pubblici” e “sotto il controllo di esponenti della Cosa Nostra agrigentina”. Amministratore e socio di maggioranza della Giusylenia è Antonio De Francisci. “In occasione dell’arresto di Giovanni Brusca, avvenuto in provincia di Agrigento nel 2006 (sic. 1996 ndr.) – continua l’informativa del Ros – gli fu sequestrato un appunto dattiloscritto che lo stesso ha riferito essergli pervenuto da Bernardo Provenzano, all’epoca latitante e riguardante ‘Lavoro De Francisci’. Brusca ha chiarito a verbale: ‘Mi riferisco a quello che ha fatto lavori nel paese di Corleone. Questo qua ha uscito la tangente e io per come sono stati, glieli ho fatti avere a Bagarella’”.
Come un soggetto così ambiguo possa aver assunto un ruolo tanto delicato è tutto da scoprire. Di certo c’è che la sua presenza nei grandi appalti non si esaurisce alla Maddalena. Il 22 dicembre scorso, Riccardo Micciché viene infatti nominato dal ministro ai Beni Culturali Sandro Bondi direttore del cantiere per il restauro degli Uffizi a Firenze. Preventivo di spesa: 29 milioni e mezzo di euro. Ma Micciché, scrive il Ros, “non appare essere munito di una particolare esperienza per condurre la direzione dei lavori agli Uffizi”.
In ultimo, ma in un’altra inchiesta che si incrocia con quella del G8, è apparso Luigi Franzinelli, originario di Trento, già socio dei fratelli Gianmarco e Massimo Moratti, condannato a Palermo lo scorso 9 marzo, per corruzione. Con l’aggravante di avere favorito Cosa Nostra.
L’indagine è quella che ha visto l’iscrizione nel registro degli indagati di Denis Verdini – coordinatore del Pdl – insieme al costruttore Arcangelo Martino, al consigliere provinciale di Iglesias Pinello Cossu, al consigliere dell’Arpa della Sardegna Ignazio Farris, al magistrato tributario Pasquale Lombardi e al faccendiere Falvio Carboni. Quest’ultimo, pare, accusato di essere il perno, forse non l’unico, per lo smistamento di lavori e prebende legate al settore dell’energia eolica in Sardegna. Cosa che in parte conferma il suo legale, l’avvocato Renato Borzone: “Nel verbale di perquisizione – dice – viene ipotizzata la corruzione e c’è un vago riferimento all’eolico in Sardegna. Carboni mi ha detto che non c’è mai stato nulla di concreto, che erano soltanto ipotesi di lavoro. Nel verbale, poi, non c’è nessun riferimento al corrotto e al corruttore. E Carboni mi ha assicurato di non aver corrotto nessuno. Brancoliamo nel buio”.
Il procedimento, in mano ai pm Ilaria Calò, Rodolfo Sabelli e all’aggiunto Giancarlo Capaldo, punta infatti su appalti e tangenti che ruotano attorno all’immenso business dell’eolico, a quello della costruzione di carceri, in Sardegna e non solo, e a tante altre opere pubbliche.
Ed è proprio nel settore dell’eolico che appare Franzinelli, in stretto contatto telefonico con Carboni e noto per avere piantato pale e impianti eolici in mezza Italia, Sardegna compresa.
La sua storia giudiziaria era partita nel febbraio dello scorso anno, nell’ambito dell’indagine trapanese (sulla costruzione del parco eolico intorno a Mazara del Vallo) denominata “Eolo”, quando venne arrestato insieme a un consigliere comunale di Mazara del Vallo, Vito Martino (Forza Italia), a Giovan Battista Agate, pregiudicato di Mazara del Vallo, fratello del boss Mariano Agate; a Melchiorre Saladino, imprenditore di Salemi, ritenuto vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro (attraverso il quale il capomafia controllava gli affari sull’energia eolica); a Giuseppe Sucameli, architetto del Comune di Mazara del Vallo, già detenuto per associazione mafiosa.
L’accusa per Franzinelli, in qualità di socio della Sud Wind srl, era di aver presentato nel trapanese progetti per la realizzazione di parchi eolici, versando somme di denaro e regalando automobili a politici e impiegati comunali.
E la sentenza, per lui, è arrivata poco più di un mese fa. Quando il gup di Palermo Daniela Troja lo ha condannato a 2 anni di reclusione con rito abbreviato.
Sulla vicenda degli appalti per gli impianti eolici in Sardegna si sta occupando ora anche la Commissione parlamentare Antimafia. La conferma è arrivata ieri dal presidente Beppe Pisanu anche se una indagine vera e propria – si legge su La Nuova Sardegna – non è ancora stata aperta. Pisanu ha spiegato al quotidiano di aver disposto “su richiesta di parlamentari della Commissione, soprattutto siciliani ma non solo, l’acquisizione di elementi di indagine”. Perché si dovrà verificare l’interesse di organizzazioni criminali nel settore delle energie alternative.
L’Unione Sarda, invece, rivela che la Procura antimafia di Cagliari avrebbe aperto un’inchiesta su possibili infiltrazioni mafiose nel business dell’eolico. Mentre un’altra inchiesta, già avviata nell’isola, riguarderebbe la vicenda della cessione di alcuni terreni (a quattro società napoletane e a una sarda) nella zona industriale cagliaritana di Macchiareddu dove sono stati costruiti impianti eolici.
Gli accertamenti sono solo all’inizio e potrebbero riservare nuove sorprese.