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Federica Ferrario di Greenpeace: “la patata Ogm è un pericolo per la salute dei cittadini”

Ansa)

La patata Amflora è un tubero di nuova generazione, nel senso che in natura proprio non esisteva. L’hanno prodotta con una modifica del genoma gli esperti di ingegneria genetica della Bayer. Adesso a Bruxelles la Commissione Europea ha deciso di dare l’autorizzazione alla sua coltivazione, ponendo fine a un embargo sui prodotti Ogm che durava dal 1998. Così la patata destinata alla produzione di mangimi per animali e ricca di amido più di quanto si sia mai conosciuto, potrebbe invadere il mercato. C’è però un problema da considerare: che la Amflora conterrebbe un gene “marker” che conferisce resistenza ad antibiotici importanti per la salute umana. Cosa rimasta a lungo oggetto di controversia tra l’Efsa (autorità Ue di sicurezza alimentare con sede a Parma) e le due autorità sanitarie Emea (agenzia Ue del farmaco) e Oms. Tante erano state le pressioni in sede di Unione Europea ma non si era mai dato il via alla controversa produzione, come invece è avvenuto ora. La decisione ha prodotto la reazione delle associazioni ambientaliste che la definiscono estremamente pericolosa. “Tanto da richiedere estrema attenzione da parte dell’Italia che deve difendere i cittadini da rischi per la salute”, come ribadisce Federica Ferrario, responsabile per Greenpeace della campagna Ogm.

Dottoressa, con questo atto la Ue pone di fatto fine all’embargo sugli organismi geneticamente modificati: cosa sta succedendo?

“Il rischio è che la Commissione europea stia sottostando al gioco delle industrie bio-tech e a quello di lobby multinazionali come quelle di Monsanto, Bayern e Basf che agiscono a Bruxelles. Quella di cui si parla è una decisione che va non solo contro l’ambiente ma anche contro la sicurezza per la salute dei cittadini europei”.

Le dispiace spiegarci perché?

“In questo caso stiamo parlando di un Ogm che racchiude tutte le sfaccettature negative classiche, ma contiene anche un gene marker che può comportare resistenza ad antibiotici utili per la salute dell’uomo. Cosa per la quale la Commissione aveva sempre negato l’autorizzazione. Una novità difficile perfino da aggettivare per i pericoli che comporta”. In effetti c’è anche una direttiva Ue (la 2001/18) che proibisce l’autorizzazione degli Ogm quando ci siano rischi di questo tipo.

“Certo, è davvero un atto che non si capisce da cosa sia dettato. Non certo dal buon senso”.

Non crede che questo vento che spira in Europa sia pericoloso e anche in Italia occorra stare attenti?

“Concordo, l’Italia è libera di vietare gli Ogm ma bisogna stare molto attenti e muoversi per tutelarsi utilizzando da un punto di vista giuridico clausole di salvaguardia per impedire qualsiasi forma di coltivazione sul territorio. Ma Greenpeace ribadisce che è assolutamente necessario vietare anche l’importazione di altri organismi geneticamente modificati che non siano passati attraverso un sistema di valutazione dei rischi”.

Potrebbe spegarci, con uno sforzo di sintesi, qual è la situazione in Italia?

“ La situazione in linea di massima è uguale a quella europea: la stragrande maggioranza dei consumatori non vuole avere nulla a che fare con gli Ogm, e così il mondo agricolo. E l’industria alimentare si è mossa di conseguenza, per cui non vengono utilizzati in genere derivati Ogm per produzioni alimentari. Viene però posto in essere un ‘escamotage’ su cui la nostra associazione ha puntato il dito da parecchio tempo: gli Ogm prendono spesso la via nascosta della mangimistica animale. In un certo senso arrivano a noi per ‘interposto animale’. Come dire che li cacciamo dalla porta e rientrano dalla finestra. Una gran parte della soia che viene utilizzata per comporre i mangimi arriva, per esempio, dall’Argentina ed è transgenica. Il brutto è che il cittadino non ha diritto di saperlo, perché, se compra della carne, non risulta nulla sulla alimentazione dell’animale in questione. E’ un grosso limite nell’informazione dei cittadini Ue”.

Quali sono i pericoli più gravi per i consumatori? Si parla spesso di mancanza di conoscenze circa le conseguenze nel tempo dell’uso degli Ogm.

“Da un punto di vista ambientale cominciano a venire a galla tutte le magagne. Da un punto di vista sanitario, invece, non esistono studi epidemiologici, o che entrino nel dettaglio, su quelli che possono essere i problemi causati dagli Ogm, specie nel lungo periodo. Ci sono degli studi basati su tempi brevi. Inoltre questi studi sono quasi sempre condotti dalle stesse multinazionali, che quando chiedono l’autorizzazione per un determinato prodotto, allegano studi di due settimane sui topi, per dimostrare quali possano essere le conseguenze. Parliamo di periodi di osservazione ridicoli, eppure, in alcuni di questi studi (anche in seguito al nostro intervento) si è riusciti a mettere mano a informazioni allarmanti”.

Ce ne può parlare?

“Le multinazionali tendono in genere a nascondere i dati mascherandoli da segreto industriale, ma in qualche caso siamo riusciti a farli analizzare da scienziati indipendenti scoprendo – ad esempio – come alcuni topi alimentati con mais transgenico cominciavano a mostrare segni di tossicità su fegato e reni, organi preposti a filtrare e depurare l’organismo. Questo solo dopo poche settimane di uso di queste varietà di mais. In realtà studi seri sul medio e lungo periodo circa le conseguenze sull’organismo umano e animale degli Ogm non ne esistono”. Una situazione allarmante.

Cosa la preoccupa di più?

“Che la nostra authority europea, la Efsa, continui a dare luce verde a certe varietà di Ogm semplicemente limitandosi a leggere il dossier che la multinazionale sottopone per chiedere l’autorizzazione. E nella maggior parte dei casi senza ordinare studi indipendenti per verificare in modo serio e oggettivo la sicurezza di questi organismi. Una prassi inaccettabile”. 02 marzo 2010

Resoconto_riunione_nazionale contro Ogm_

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