Quel crollo misterioso negli scavi di Pompei
Da la Repubblica, 26 gennaio 2010 (m.p.g.)
Autore: Erbani, Francesco
Oltre al danno per il nostro patrimonio culturale, anche una cortina di omertà pericolosa.
Si addensa la nebbia sugli scavi di Pompei. Solo ieri sera, dopo una settimana di silenzi, fra voci che si rincorrevano e inviti perentori a star zitti, arrivano i primi sprazzi di una versione ufficiale sul crollo avvenuto lunedì della scorsa settimana nei pressi della Casa dei Casti Amanti, che si affaccia su via dell’Abbondanza. In mattinata il direttore generale dei beni archeologici del Ministero, Stefano De Caro, tenuto all’oscuro della vicenda, ha chiesto alla Soprintendenza di Napoli e Pompei una dettagliata relazione. Un secco fax con una richiesta di chiarimenti a chi per legge ha il compito di tutelare gli scavi. Ma intanto nel tardo pomeriggio il commissario all’area archeologica, Marcello Fiori, e il direttore del sito, Antonio Varone, hanno fornito una versione di quanto accaduto. Poche righe in un lungo comunicato che esalta le meraviglie della Casa, di cui si annuncia l’apertura in febbraio. Grazie ai lavori nel cantiere in cui sarebbe avvenuto l’incidente.
È solo «un piccolo smottamento», assicura Varone, che non avrebbe provocato danni significativi. La causa? Le piogge. Che avrebbero fatto franare parte di un terreno «nell’insula adiacente a quella della Casa dei Casti Amanti». Comunque si ammette «il crollo di alcuni metri di un muro perimetrale dove non vi erano affreschi». Muro perimetrale, inutile aggiungere, d’epoca romana.
Molte cose restano, però, avvolte nella nebbia. Al crollo hanno assistito gli operai della ditta che eseguiva i lavori (il cantiere è stato subito dopo blindato). Ma alcune testimonianze concordano sul fatto che nella parte superiore del lato est dell’Insula IX, 11 (sono questi i riferimenti toponomastici di Pompei) stessero lavorando con un escavatore girevole di 30/40 quintali, in direzione di via dell’Abbondanza. È il mezzo più appropriato per muoversi in una zona così delicata? Tanto più che, sempre secondo alcuni racconti, l’escavatore stava togliendo terra in uno strato dove si dovrebbe procedere solo con le mani. Quest’opera di “terrazzamento”, riferiscono le stesse fonti, avrebbe messo in luce la parte posteriore di un’altra casa, in particolare l’ambulacro est del peristilio e sette colonne. Il crollo avrebbe riguardato la parte superiore del muro di confine est dell’Insula IX, 11. C’entra qualcosa l’escavatore? È quello che deve essere accertato. Come pure il perché di tanta fretta, come se quello fosse un cantiere edile e basta e non gli scavi di Pompei. E poi: il cantiere ha una vasta copertura, com’è possibile che la pioggia abbia provocato lo smottamento? E, infine, perché tanto mistero? Chiarimenti chiedono ora Italia Nostra, che per prima ha denunciato la vicenda, e un’interrogazione parlamentare di Luisa Bossa del Pd.
Il punto chiave della vicenda è comunque il rapporto fra il commissario e la Soprintendenza. Andato in pensione Pietro Giovanni Guzzo, che ha diretto l’ufficio per quindici anni, è stata nominata Maria Rosaria Salvatore, archeologa di grande esperienza, alle soglie della pensione. Ma il vero soprintendente è Fiori, al quale la Salvatore avrebbe lasciato molte competenze. Pompei è una macchina enorme, complessa sia dal punto di vista amministrativo, sia perché resta un grande cantiere di studi e di indagini. È la Soprintendenza che ha in carico la tutela e la ricerca archeologica. Non il commissario, che pure ha svolto importanti lavori, come il completamento del restauro all’Antiquarium.
Crollo o non crollo, la storia pompeiana rilancia la polemica sui commissariamenti decisi da Sandro Bondi. I commissari, provenienti dalla Protezione civile (come Fiori), ma non solo, tendono a esautorare le soprintendenze, a corto di finanziamenti, con poco personale e con funzionari sempre più anziani. Ma cosa succede con i commissari? «Succede che le procedure vengono semplificate», rispondeva Guzzo poco dopo aver lasciato il suo incarico, «introducendo, per esempio, criteri assolutamente discrezionali nella distribuzione degli appalti, in deroga a tutte le norme vigenti. Insomma si creano postazioni che godono di maggior fiducia, politicamente molto utili».