Il pacco ad personam delle “riforme condivise”. Unico regalo: garantire l’impunità. Il Quirinale adesso parli chiaro.
Da Il Fatto Quotidiano del 5 dicembre
di Bruno Tinti
L’ha già notato Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano, 2/1): il presidente della Repubblica ha auspicato, nel suo discorso di Capodanno, un dialogo senza pregiudiziali per le riforme condivise. Come al solito, il “veniamo ai fatti” non fa parte del lessico presidenziale: sicché quali siano le “riforme condivise” intorno alle quali Napolitano auspica un “confronto costruttivo” è rimasto nel vago.
Quindi provo a mettere in fila quelle che B&C da tempo hanno detto essere necessarie; intorno alle quali, ahimè, pare davvero essersi formato un “confronto costruttivo”, nel senso che l’opposizione (?) non ha manifestato preoccupazioni soverchie.
Cominciamo dall’ultima, il lodo Alfano costituzionale. Perché una legge costituzionale?: perché le leggi ordinarie per l’impunità di B, il lodo Schifani prima e il lodo Alfano dopo, sono state dichiarate incostituzionali e dunque l’ultima chance, secondo il think tank giuridico di B&C, è trasportare nella Costituzione ciò che la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale.
Insomma, il ragionamento è il seguente: se diciamo con legge ordinaria che le quattro alte cariche (in realtà tre non hanno problemi) non possono essere processate violiamo l’art. 3 della Costituzione; ma se lo diciamo con legge costituzionale il problema si annulla perché la Costituzione non può violare se stessa.
Naturalmente non è così: anche le leggi di revisione costituzionale soggiacciono al giudizio di costituzionalità.
In altri termini, non è che nella Costituzione si può inserire quello che si vuole: per esempio, purtroppo per Brunetta, non vi si potrebbe inserire una norma che dica: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla rendita finanziaria”; perché sarebbe in contrasto con il principio fondamentale previsto dall’art. 1, quello che dice: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Perciò una norma del genere, anche se prevista con una legge di revisione costituzionale, sarebbe essa stessa incostituzionale.
Così, anche un lodo Alfano costituzionalizzato sarebbe sempre incostituzionale perché in contrasto con l’art. 3, quello che dice “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge”. E quindi l’impunità di B&C, che sia prevista da legge ordinaria o da legge costituzionale, sempre incostituzionale rimane.
Allora la domanda al presidente della Repubblica è: non c’è dubbio che trattasi di “riforma condivisa” sulla quale si è aperto un “confronto costruttivo” – Bersani, Letta, Vietti, per non citare che alcuni dell’opposizione(?)–: ma è una riforma auspicabile?
E passiamo alle altre “riforme condivise” sulle quali si è sviluppato un “confronto costruttivo”. Non c’è dubbio che la separazione delle carriere tra pm e giudici veda l’intero Parlamento (con l’eccezione della Idv) completamente d’accordo. Su questo ho scritto tanto (Il Fatto Quotidiano del 27/10, 3/11, 11/11): si tratta di una riforma che non ha nulla a che fare con l’efficienza e la rapidità del processo penale; che non ha altro scopo se non quello di permettere al governo di controllare l’attività delle procure e di impedire le indagini (e quindi i processi) per i delitti commessi dalla classe dirigente del Paese; e anche di mettere le mani su un terribile strumento di persecuzione giudiziaria nei confronti degli avversari politici; che pregiudica la tutela delle persone non in grado di pagarsi una costosa assistenza legale.
Sfortunatamente questo tipo di revisione costituzionale non sarebbe in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione; e dunque se fosse realizzata dovremmo tenercela, come è avvenuto per quell’obbrobrio che è l’articolo 111 della Costituzione, quello che ha reso immodificabile il processo penale nella sua forma più inefficiente, irrazionale, lenta e favorevole ad ogni tipo di delinquenza. Della serie, state attenti a quello che desiderate, potreste ottenerlo.
Ma di nuovo dobbiamo chiedere al Presidente della Repubblica: trattasi di una “riforma condivisa” sulla quale il “confronto costruttivo” è già assicurato da tutti i partiti (non l’IdV); ma è auspicabile?
E che dire dell’immunità parlamentare? Non vi è dubbio che l’articolo 68 della Costituzione potrebbe essere riscritto (ne ho parlato ne Il Fatto Quotidiano del 20/11) reintroducendo l’immunità che salvò Craxi, ultimo di una serie di ladri, corrotti, corruttori, falsificatori di bilanci, peculatori, diffamatori, calunniatori, concorrenti esterni e interni ad associazione mafiosa, favoreggiatori, falsi testimoni o istigatori alla falsa testimonianza che il Parlamento ha salvato nel corso degli anni con le motivazioni più impudenti e arroganti. Potrebbe certo, e legittimamente; e si tratta di una “riforma condivisa” su cui il “confronto costruttivo” è aperto, altro che se è aperto. Ed è una riforma che può essere auspicata?
E la riforma dell’intero ordinamento della Repubblica? Perché dobbiamo ricordarcene delle esternazioni di B: “Così non si può andare avanti, non si possono fare leggi con questa lentezza; non si può aspettare l’esame del Parlamento, avanti e indietro , ogni modifica un nuovo esame delle due Camere; e poi la firma del capo dello Stato. Che può anche dire di no!” Nessuno se ne ricorda? Che ne sarà del nostro Paese con un Parlamento ridotto ad una sola Camera (che farà il Senato delle Regioni è abbastanza oscuro); e comunque entrambe al servizio del Governo, semplici notai di quanto deciso in quella sede. Ho detto dal Governo? Mi sono sbagliato: perché nel pacchetto della riforma è compreso il super premier, il capo di tutti, con ministri suoi esecutori, soggetti da un momento all’altro al licenziamento.
E che succederà quando questo ras, sultano, dittatore, come comunque lo si chiami, non avrà nemmeno quel contropotere costituito da un Presidente della Repubblica che debba controfirmare le leggi e condizionarne l’emanazione? Anche questa sembra una “riforma condivisa” su cui si può avviare un “confronto costruttivo”. E Napolitano può considerarla auspicabile?
Poi c’è la modifica del Csm: un tribunale speciale per i provvedenti disciplinari a carico dei magistrati (Corte di giustizia disciplinare ovvero Alta Corte di Giustizia), composto in prevalenza da persone nominate, direttamente o indirettamente, dalla politica. Una spada di Damocle sospesa sulla testa di ogni magistrato che voglia azzardarsi a indagare o celebrare processi non apprezzati da, ecco da chi? Perché qui la cosa si fa drammatica.
Non sarà solo l’imputato parlamentare, ministro, sottosegretario che potrà servirsi di questa Alta Corte trasformata in tribunale speciale per la sterilizzazione delle iniziative giudiziarie scomode; saranno i tanti amici degli amici, complici, favoreggiatori, sovvenzionatori di una classe dirigente fondata sul malaffare che potranno, attraverso i loro referenti, richiederne l’intervento; tutti per conseguire l’impunità, attraverso l’intimidazione del magistrato e, se non basta, il suo trasferimento o destituzione.
Se c’è una “riforma condivisa” è questa, è la famosa bozza Violante; “confronto costruttivo” se mai ce ne è stato uno. Ma è una riforma auspicabile? Non constata ogni giorno, Napolitano, l’arroganza della classe politica, il suo prosperare nel malaffare, la sua contiguità alle forme più pericolose di delinquenza?
Naturalmente si può continuare: “Riforme condivise” su cui trovarsi in “confronti costruttivi” ce ne è un mucchio: il blocco delle intercettazioni, la mordacchia all’informazione, il legittimo impedimento (un Lodo Alfano truffaldino, una mascherata per non far processare B., una patente violazione del principio di uguaglianza dei cittadini), la sottrazione al pm della polizia giudiziaria, il processo breve, l’ultima finanziaria con il blocco dei fondi ancora una volta per impedire le intercettazioni.
Ma questo giornale si paga da solo la carta su cui scriviamo; e non può darmene quanta ne servirebbe, decine di fogli.
E così non resta che chiedere al presidente della Repubblica: ma, per piacere, quali sono le riforme che Lei auspica? Su quali pensa sarebbe bello un “confronto costruttivo”?