Sequestri per lottizzazione abusiva e truffa edilizia. Coinvolti funzionari pubblici, imprenditori, camorristi e un magistrato. A Napoli.
Il Mattino – (19 ottobre) – GIUGLIANO – Un complesso immobiliare che doveva essere destinato a finalità turistico-alberghiere e che invece veniva sfruttato come area residenziale. Un affare da 20 milioni di euro che vede coinvolti clan della camorra, imprenditori edili e pubblica amministrazione.
A scoprirlo è stata la guardia di finanza di Giugliano con il coordinamento della Dda di Napoli nell’ambito di un’operazione chiamata «Puff Village». Trentotto gli indagati. I reati contestati sono lottizzazione abusiva, falsi in atto pubblico e truffa edilizia aggravata dalle finalità dell’agevolazione camorristica dei clan Mallardo e Nuvoletta.
Novantotto appartamenti e un albergo, per un valore complessivo di 40 milioni di euro, sono stati sequestrati dai militari nella zona di Giugliano Varcaturo all’interno del Parco L’Obelisco. Le strutture, secondo quanto riferito dagli inquirenti, avrebbero fruttato ai clan 20 milioni di euro.
Sono 38 le persone indagate in stato di libertà: tra loro due sindaci del Comune alle porte di Napoli, Pasquale Basile, primo cittadino nel ’90 e Giacomo Gerlini, nel ’93. Indagato anche il sindaco uscente Francesco Taglialatela che, all’epoca dei fatti, era assessore all’Urbanistica del Comune di Giugliano e componente della Commissione edilizia. Anche l’attuale direttore generale dell’ospedale Cardarelli di Napoli, Rocco Granata, risulta indagato perchè nel 1993 faceva parte della Commissione edilizia del Comune.
Anche un magistrato coinvolto nell’indagine della Guardia di Finanza: è Giuliano Perpetua, presidente della cooperativa Solemar che nel ’90 aveva acquistato il terreno sul quale ora sorge il complesso immobiliare abusivo. L’uomo ha lasciato l’incarico di presidente della società quando ha saputo dell’esistenza di un’indagine.
Tra le persone indagate 27 risultano essere funzionari pubblici, un ufficiale sanitario e numerosi gli imprenditori e i costruttori
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Il Mattino (20 ottobre) –
La fase operativa dell’operazione abusiva «L’obelisco» entrò nel vivo quando uscì il primo condono. Ecco il racconto, sintetizzato, di uno dei pentiti dell’inchiesta. Ci fu una riunione, presso lo studio di un geometra del Comune di Giugliano (il quale non risulta attualmente indagato nell’inchiesta Puff Village e coinvolto in un’altra inchiesta) alla quale parteciparono funzionari e tecnici del Comune insieme a un esponente dei Mallardo. Il funzionario così esordì: «La gente non capisce niente, vuole fare affari con la droga, invece si deve agire con i condoni, quelli sì sono guadagni, e rischi nessuno!».
E pare che sempre l’esponente dei Mallardo, ’o Mast, come lo sente chiamare il pentito (presente alla riunione), dopo aver spiegato i preliminari dell’affare, avrebbe avvertito tutti con una breve ma significativa frase: «Chi se ne vuole andare se ne va adesso. Per chi non se ne va il contratto è chiuso». Uno scenario, insomma, di tipo e clima inequivocabilmente camorristico, dicono gli investigatori.
In quella famosa riunione si posero le basi dell’intera operazione che avrebbe dato il via al fiume di cemento tra via Ripuaria e la Domiziana.
Risulta anche dall’inchiesta che gli esponenti del clan che avevano a cuore l’edificazione del complesso residenziale «L’obelisco», isolato dal centro convulso di Giugliano, tenevano d’occhio i condoni, e facevano il calcolo delle probabilità molto prima che venissero approvati. Per questo si preparavano per tempo, e facevano domanda di sanatoria al Comune quando sui terreni designati cresceva ancora folta l’erba.
I militari delle Fiamme Gialle hanno sgranato gli occhi quando, passando le carte al setaccio, insospettiti anche dal clamoroso furto di tutte le pratiche oggetto di richieste di condono nel territorio – tremila fascicoli – avvenuto alcuni anni prima al Comune di Giugliano, si sono accorti che alle domande di sanatoria relative all’Obelisco erano allegati rilievi aerofotogrammetrici totalmente falsificati: al posto dell’erba, nelle foto erano stati sovrapposti i disegni delle villette da realizzare. E voilà, il fotomontaggio, avallato dai tecnici, era bell’e fatto.
Così pure i bollettini di pagamento: vi era apposto un regolare timbro postale al laser. Bello, peccato però – dicono gli investigatori – che in quegli anni il laser non era ancora stato immesso sul mercato, e quindi non in dotazione delle Poste. Un meccanismo perfetto partito con il rilascio delle concessioni edilizie illegittime (l’area, a destinazione turistico-alberghiera, è stata via via trasformata, in una serie di passaggi oscuri, in area residenziale).
Poi la creazione di un ufficio protocollo delle domande di condono ad hoc, il quale – affermano gli inquirenti – era «artatamente» gestito in modo che i bollettini non si potessero ricondurre a singoli cittadini e a singole richieste. Un protocollo, una sorta di calderone dove le pratiche diventavano un’unica, indistinguibile marmellata, tra i cui artefici principali ci sarebbe l’ingegnere capo del Comune, che oggi è passato a gestire non più l’edilizia privata ma quella pubblica dell’intera città di Giugliano.