La strana crisi di IKEA che non paga tasse in Italia.
Comunicato stampa del 29 luglio 2009
Il Comune ha fatto male a firmare i Protocolli di intesa e puntare sulla Piattaforma Logistica e la IKEA per lo sviluppo della città senza controllare i bilanci.
Altrabenevento ha sostenuto più volte ed in tempi non sospetti, che l’Amministrazione Comunale ha fatto male a porre al centro del Piano Strategico per lo sviluppo della città, la Piattaforma Logistica proposta dai consorzi Etruria e Toscano Costruzioni, sostenuti dall’on. Costantino Boffa. Nel corso dei due anni intercorsi da quando fu firmato il Protocollo di Intesa, è risultato sempre più chiaro che il miliardo di euro di investimenti privati, assicurato dai consorzi, era una bufala che serviva a giustificare la richiesta alla Regione Campania di 80 milioni di euro per le opere di urbanizzazioni. Per questo motivo la Giunta ha sbagliato ad accettare per redigere lo Studio di Fattibilità, il finanziamento di Etruria e Toscano Costruzioni, società consortili, interessate a costruire capannoni per le merci, edifici per civili abitazioni e che ora pensano anche gli appalti per strade ed opere pubbliche. Il fiore all’occhiello della idea che ha suggestionato gli amministratori comunali, era il promesso insediamento di IKEA che è servito a costruire la solita operazione di consenso intorno al progetto sostenuto con il solito apparato di sindacati confederali e comitati di comodo. Ora il colosso internazionale, dopo aver cincischiato per un poco, si mostra scettico soprattutto a causa della crisi economica. Si tratta di una strana argomentazione se si tiene conto del fatto che IKEA ha continuato ad investire in altre realtà e che ha inventato un ingegnoso sistema per non pagare le tasse in Italia. Il fatto abbastanza clamoroso è stato denunciato dal mensile Altraeconomia che sul numero di febbraio scorso ha spiegato “la vera fortuna di Ikea, e del suo fondatore Ingvar Kamprad, non è l’idea di vendere i mobili smontati, obbligando i clienti a caricarseli sull’auto per portarli a casa, ma quella di aver costruito una struttura societaria assai complicata e praticamente inaccessibile, una ragnatela nata apposta per sfruttare meccanismi di “pianificazione fiscale” per pagare meno tasse possibile senza violare la legge. Ad esempio spostando le sede legale dei propri interessi in Olanda, dove il regime fiscale è agevolato.”
Un intreccio complicato di “scatole cinesi” che di fatto permette che “oltre 110 milioni di euro, in ogni caso, volano direttamente dall’Italia verso paradisi fiscali o Paesi a fiscalità vantaggiosa. I primi sono i 40,88 milioni di euro che Ikea Italia Retail, 1.283 milioni di euro di fatturato (il 14,5% più rispetto all’anno precedente)”
In Italia sono cinque le società che fanno capo ad Ikea e precisamente Ikea Italia Retail, Ikea Italia Distribution, Ikea Italia Property, Ikea Italia Holding e Ikea Trading Services Italy. Come ricorda Altraeconomia, “Retail è quella che gestisce direttamente tutti i negozi aperti nella penisola (sono 15 ma il gruppo punta ad espandersi con 21 negozi nei prossimi 7 anni, soprattutto nell’Italia meridionale).
Altri dati, in apparenza contraddittori, riguardano la società Ikea Italia Property, che si occupa della costruzione degli immobili e che vanta un capitale sociale di 5 milioni di euro ma che ha accumulato un debito di 400 milioni di euro verso le società controllanti.
Qualcuno, prima di abbandonarsi a voli pindarici sullo “sviluppo”, ha controllato qualche dato e qualche referenza dei Consorzi Etruria, Toscano Costruzioni e pure di IKEA ?
Il presidente- Gabriele Corona
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