Auto alimentate con aria compressa
Guy Negre lavorava in Formula 1 con la Williams. Ora la sua invenzione è una realtà da 60 chilometri all’ora (e un pieno da 1,50 euro). Ma perché è così difficile commercializzarla?
Di Marco Merola (Venerdì di Repubblica 2004)
Altro che idrogeno. L’auto del futuro potrebbe andare ad aria.
Un prototipo già esiste ed è stato presentato, con tanto di prova di strada, nei giorni scorsi a Barcellona dalla società lussemburghese Mdi: il suo motore da 800 centimetri cubici non inquina, perché non brucia alcun tipo di combustibile, ma è attivato da aria compressa.
L’ha inventata Guy Negre, un ingegnere francese che in passato ha lavorato in Formula 1 con la Williams e che oggi è un convinto sostenitore dello sviluppo eco-sostenibile.
Il principio è semplice: si immagazzina nel serbatoio aria a una pressione di 300 bar (circa 300 atmosfere) e poi la si fa espandere. L’aumento di volume che ne consegue mette in movimento le parti meccaniche del motore.
L’idea Negre l’aveva avuta già nel ’91, ma dovuto aspettare ben 12 anni per verificare se funzionasse davvero.
Raggiungere la soglia dell’inquinamento zero non era tuttavia il suo unico obiettivo. Il francese, insieme ai suoi tecnici di fiducia (tra cui il figlio Ciryl, formatosi nei laboratori italiani della Bugatti), ha anche elaborato sofisticati sistemi per limitare al massimo il dispendio energetico delle vetture, con il risultato che le automobili della Mdi hanno fatto registrare numeri da record. L’autonomia in città è di circa 200 chilometri (a una velocità media di 60 chilometri orari), mentre il consumo di aria è di 0,75 euro ogni 100 chilometri. Fare un pieno, quindi, costa 1,5 euro: venti volte meno di un pieno di benzina.
Nonostante gli ottimi risultati restavano alcuni dubbi sollevati dalla comunità scientifica internazionale. Il primo riguardo la sicurezza: le bombole cariche di aria possono essere un pericolo? (lo stesso interrogativo era già sorto ed è poi stato superato a proposito dell’idrogeno). E poi: come andava risolto il problema delle stazioni di rifornimento?
Le risposte della Mdi sono state disarmanti nella loro semplicità. L’aria non è un gas esplosivo e instabile, al contrario del metano, dunque non si corre alcun pericolo immagazzinandola alla pressione di 300 bar in 3 o 4 bombole fatte per resistere fino ai 750 bar. Inoltre le bombole non sono metalliche ma una fibra di carbonio. In caso di incidente o di perdite, al massimo si potrà sentire un gran baccano proveniente dal fondo dell’auto, dove sono alloggiate.
Per fare rifornimento si dovrà solo ricordarsi, ogni sera, di inserire la spina dell’auto in una normale presa elettrica, proprio come si fa con il cellulare. Grazie a due compressori da 5,5 o 3 chilowatt, installati di serie sulle vetture, in 4 o al massimo 7 ore, si ha un nuovo pieno di aria e si può ripartire. Ma se il veicolo dovesse avere successo potrebbero anche spuntare apposite pompe di aria compressa sulle strade o nei supermercati e nei centri commerciali. In tal caso un rifornimento completo richiederà solo tre minuti.
Certo, le prestazioni non sono da fuoriserie ma da city, l’auto ad aria raggiungerà al massimo i 110- 120 Km/h. Però sono assicurati tutti i confort, dal quadro comandi completamente elettronico e facile da gestire (non c’è neanche il cambio) all’airbag. L’aria condizionata, poi, sarà il motore stesso a produrla. Dal tubo di scappamento, infatti, esce aria non solo più pulita di quella immessa (perché filtrata per non danneggiare i delicati meccanismi interni) ma anche raffreddata a circa 15° C. Basta direzionarla all’interno dell’abitacolo per ottenere il meno dispendioso dei climatizzatori.
E il costo? Tutto sommato contenuto, si parla di 9 – 10 mila euro. Resta invece qualche dubbio sui tempi della commercializzazione.
<>, dice Miguel Celades Rex, rappresentante commerciale Mdi in Spagna. <>. Per ora si tratta solo di buoni propositi. La Mdi, pur avendo già venduto le relative licenze a Messico, Sudafrica, Nuova Zelanda, Spagna, Italia, Brasile, Israele e Colombia e avendo in lista d’attesa nientemeno che Cuba e la Cina, ha un solo stabilimento effettivamente attivo, quello di Nizza.
Da noi l’auto ad aria compressa, conosciuta con il nome di Eolo, sarebbe dovuta entrare in produzione nel 2001 e poi nel 2002 in ben 9 fabbriche, da Udine a Palermo, passando per Pavia, Rieti, Potenza e Foggia. Inutile dire che mai nessuna di queste ha visto la luce.
Perfino il sito web attivato per l’occasione (www.eoloauto.it) è ormai privo di contenuti.
Un mistero per molti, che quelli della società lussemburghese spiegano facilmente: il mercato richiede investimenti sempre più ingenti e non tutti sono disposti a farli.
<>, dice Celades Rex. <>.
Così funziona
– l’aria compressa viene immagazzinata alla pressione di 300 bar in serbatoi in fibra di carbonio
– l’espansione dell’aria provoca il movimento del motore e quindi lo spostamento del veicolo
– il pieno può essere fatto da casa, grazie a un compressore montato sull’auto. In futuro potrebbero sorgere distributori di aria compressa