You Are Here: Home » Corruzione » Ipermercato Zamparini » ARTICOLO INTEGRALE DEL ”DIARIO” SU ZAMPARINI, MASTELLA ECC.

ARTICOLO INTEGRALE DEL ”DIARIO” SU ZAMPARINI, MASTELLA ECC.

clementebabbonataleFoto: Babbo Natale

Trascriviamo integralmente l’articolo “Babbo Natale porta i Sanniti” di Giuliano Colonna, pubblicato su “DIARIO settimanale” in edicola dal 15 dicembre, relativo a Maurizio Zamparini e agli Ipermercati realizzati a Benevento, Rieti e Cinisi.
Il lunghissimo articolo, dopo una introduzione dedicata alla sintesi delle difformità amministrative che hanno caratterizzato la storia dell’Ipermercato a Benevento, si divide in 5 paragrafi:

Il mistero del mancato ricorso al Tar;
– Gli apripista di Zamparini e l’aumento di 100 volte del prezzo del terreno;
– Zamparini e i politici. L’inchiesta di Rieti;
– Zamparini e la giustizia;
– Zamparini finanzia l’UDC ma è Mastella che sistema tutto.

DIARIO della settimana 15/12/2006
Pag 20 – 21 – 22

Babbo Natale porta i Sanniti!
di Giuliano Colonna

Miracolo! Il presidente del Palermo Zamparini riesce a realizzare un megacentro commerciale a poche centinaia di metri dall’arco di Traiano a Benevento. Storia di un misterioso voltafaccia …

Il Centro commerciale “I Sanniti” sorge a poche centinaia di metri dall’arco di Traiano. Praticamente nel centro di Benevento. Diciassettemila metri quadrati al limite di un’ansa del fiume Calore. E’ costato 56 milioni di euro. La struttura nasce nonostante una legge regionale consenta alla cittadina campana di avere un solo centro di grande distribuzione, che esisteva già. Si sviluppa a meno di 150 metri da un corso d’acqua. Non dispone della strada di collegamento che la legge impone. Invade una pista ciclabile. E’ di circa due metri più alta del previsto. Non è dotata di licenza commerciale. Non è stata ancora interamente collaudata. E il parcheggio occupa un’area destinata a parco fluviale.

“I sanniti” contiene un Ipercoop della Lega delle Cooperative,un “Mandi” (che in friulano vuol dire “ciao”) che vende arredamenti a buon mercato e una galleria di negozi locali. Appartiene a due società, una di Mediobanca e un’altra di Unicredito, cui Maurizio Zamparini sta pagando un leasing. Questo centro commerciale è infatti una creatura del presidente del Palermo. Un uomo molto abile nei rapporti con i politici. A Benevento dapprima ha convinto le giunte di centrodestra, inizialmente ostili, a concedergli tutti i permessi. Poi ha sedotto il centrosinistra che dall’opposizione, fino alle elezioni del maggio scorso, era fieramente contrario all’ipermercato, mentre una volta al potere ha cambiato di colpo idea. E tra loro chi ha continuato a dire no si è fatto male.
L’assessore De Toma dei Comunisti Italiani è stato buttato fuori dalla giunta dal sindaco Fausto Pepe. Due attivisti della Lipu dopo aver condotto contro il centro commerciale una dura battaglia si sono visti revocare il mandato, accusati di “estremismo ambientalista”. Il coordinatore di Altrabenevento, Gabriele Corona, nemico pubblico numero uno dell’ipermercato, è stato persino aggredito fisicamente dall’assessore ai lavori pubblici, il diessino Claudio Mosè Principe. Il bilancio provvisorio delle vittime parla di due assessori giubilati, uno di centrosinistra e uno di centrodestra e una paralisi amministrativa durata tre mesi. A dire no a Zamparini di fatto sono rimasti alcuni partiti come Rifondazione e Italia dei Valori e la Procura locale. Il 3 novembre scorso il p.m. Giovanna Pacifico ha notificato a Zamparini, ad alcuni suoi soci in affari e ad un funzionario del Comune, un avviso di conclusione delle indagini che normalmente prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio. Per cui presto si saprà se il patron del Palermo sarà processato per i reati edilizi e amministrativi che secondo la Procura ha commesso.

IL MISTERO DEL MANCATO RICORSO AL TAR
Di aspetti poco chiari nella vicenda amministrativa ce ne sono. Prima della conversione a U, la Giunta di centrosinistra a metà settembre blocca i lavori per difformità edilizia. Zamparini ricorre alle sezioni del Tar distaccate a Salerno, che senza essere territorialmente competenti (sono riservate ai cittadini delle province di Avellino e Salerno) il 22 settembre sospendono l’ordinanza comunale. La cosa curiosa è che Zamparini è ricorso al Tar di Salerno prima ancora che il Comune di Benevento gli notificasse l’ordinanza. Il Comune invece non ha potuto eccepire l’incompetenza di quel Tribunale perché non aveva ancora ricevuto il ricorso. Ma c’è dell’altro. Il sindaco nonostante avesse incaricato l’ufficio legale di costituirsi al Tar per eccepire l’incompetenza, scopre che nessuno lo aveva fatto. Perché? Il giorno precedente quello in cui avrebbe dovuto costituirsi a Salerno, il 5 ottobre, l’ufficio legale inviava una comunicazione con la quale chiedeva un rinvio dell’udienza, rinvio concordato con Zamparini e che gli consentiva di procedere con quei lavori che il Comune intendeva bloccare. Il sindaco sostiene ora che tutto ciò è accaduto a sua insaputa. Tuttavia una settimana dopo questi strani eventi, il 12 ottobre la giunta Pepe autorizza Zamparini ad inaugurare il centro commerciale con una delibera, secondo l’associazione Altrabenevento e la Procura, viziata da illegittimità.
In sostanza, dopo aver revocato la variante al piano regolatore chiesta da Zamparini, adottata dalla giunta di centrodestra e con la quale si dava il via libera all’invasione della zona destinata al parco fluviale con i parcheggi, Pepe e compagni concedono di nuovo quello che già il centrodestra aveva concesso con una variante al piano regolatore, ricorrendo però ad una più sbrigativa soluzione amministrativa, quella della delibera di giunta. Questo atto è preceduto da una riunione di giunta alla quale irritualmente partecipano Zamparini e i suoi uomini e nella quale il focoso imprenditore ostenta una copia del quotidiano Il Sannio che annuncia per il 19 ottobre l’apertura dell’ipermercato. Tutto sembrava dunque già deciso. Quando? Esattamente nel momento in cui il Comune decideva di non costituirsi al Tar. Una decisione presa, lo sappiamo, all’insaputa del sindaco.

GLI APRIPISTA DI ZAMPARINI E L’AUMENTO DI 100 VOLTE DEL PREZZO DEL TERRENO
Zamparini appare in questa storia solo nel 2005 ma le mani sull’affare le mette già nel 1999 quando sottoscrive, come amministratore della Salzam, un accordo con due società di Castellammare di Stabia, la Ita e la Reti & Sviluppo, gestite da due fratelli, Salvatore e Paolo d’Arco, quest’ultimo già assessore comunale dei Ds e rappresentante in Campania della Lega delle Cooperative. Salvatore realizza le opere di lottizzazione nell’area dove sorgerà I Sanniti. Paolo chiede e ottiene la licenza per il centro commerciale, acquista da due imprenditori beneventani l’area contigua, che, nonostante sia destinata a verde ottiene una licenza per tre capannoni con annesso parcheggio (uno dei due imprenditori è parente del responsabile comunale del settore Urbanistica) e rivende il tutto a Zamparini. Il quale il 26 marzo del 2002 sborsa da un notaio 26 miliardi di lire. Il 25 settembre del 2001 il terreno era stato venduto ai due imprenditori beneventani dal proprietario, il Conte Liberatore Isernia-Collenea, per 60 milioni di lire. Quindi i due il 15 marzo del 2002 lo restituivano al Conte e lo stesso giorno lo ricompravano per 3 miliardi di lire a nome di due società. Una settimana dopo lo vendevano a Reti & Sviluppo per 6 miliardi di lire. Il terreno in 6 mesi aumentava di 100 volte il suo valore.

Uno dei due imprenditori locali, Cosimo Saginario, è ora il presidente del Consorzio “I Sanniti”. Nel frattempo il piano di lottizzazione lievita da 75.000 metri cubi a 134.000, senza che nessuno, nel Comune amministrato dal centrodestra, si accorga di nulla. A quel punto Zamparini deve risolvere il problema dei parcheggi perché l’aumento di volumetria impone più spazi per le auto e nell’area di cui dispone di spazi in più non ce ne sono. E si inventa il parcheggio sul tetto che tutti sanno non può essere realizzato per la presenza di 76 tra lucernari e bocche di areazione. Tutti meno il Comune, che glielo concede.
Quando l’impossibilità è pubblicamente ammessa, Zamparini dice, “nell’area verde vicina vi faccio un parco fluviale con tanto di parcheggio”. Il Comune gli crede e firma la concessione. Ma Zamparini invece di fare il parco fluviale si limita a fare il parcheggio. Il parco può attendere. Una soluzione già ampiamente scontata. Nell’atto notarile del 26 marzo del 2002, si parla chiaramente di destinare a parcheggio l’area verde acquistata dai due imprenditori locali. Insomma il presidente del Palermo alla fine è riuscito a fare esattamente ciò che voleva.

ZAMPARINI E I POLITICI. L’INCHIESTA ROSE ROSSE DI RIETI.
Ora dobbiamo fare un salto a Rieti. Nella cittadina laziale l’ex presidente del Venezia calcio, ha realizzato uno dei suoi 18 supermarket Emmezeta, poi venduti ai francesi di Conforama. In seguito alla denuncia dell’ex direttore commerciale del centro commerciale reatino, che lo accusa di aver costituito dei fondi neri per corrompere i politici, Zamparini il 10 luglio del 2001 viene condannato a 1 anno di carcere per evasione fiscale, all’interdizione perpetua da componente delle commissioni tributarie e al divieto di intrattenere per due anni rapporti con la pubblica amministrazione. Si salverà grazie alla prescrizione. Le rivelazioni del suo ex dirigente, inducono la magistratura locale ad aprire un’altra inchiesta che prende il nome di “Rose Rosse”. Le “rose rosse” sono i “milioni” di lire che l’imprenditore versa ai politici locali. Ed è anche il titolo di un libro-inchiesta del giornalista Massimo Cavoli.

Tra gli imputati il deputato di An, Guglielmo Rositani, al quale Zamparini ammette di aver erogato denaro ma come prestito, un prestito però mai restituito. Durante il processo l’imprenditore dichiara: “mi sforzavo di curare i rapporti con tutte le forze sociali e politiche. Incaricato era Mazzocchetti (l’ex direttore commerciale che accusa Zamparini ndr.) il quale riceveva da me alcuni assegni utilizzati per effettuare pagamenti di non rilevante importo ad alcune persone perché non intralciassero troppo lo sviluppo commerciale del centro (….) Per le elezioni del 1992 ho finanziato il candidato socialista Bruno Vella (80 milioni di lire)e il democristiano Manlio Ianni (60 milioni di lire). Nel 1994 ho versato un contributo elettorale di 500 milioni di lire per il partito di Alleanza Nazionale, Fini mi propose una candidatura al collegio senatoriale di Venezia ma io rifiutai”.
Sempre nel corso di questo processo Zamparini rivela di aver più volte finanziato la Festa del Secolo d’Italia a Rieti e presso la tesoreria della Camera dei Deputati viene registrato un suo contributo di 200 milioni di lire ad An, per le politiche del 2001. Scrive il Gup: “da questa vicenda emerge che lo Zamparini nello svolgimento della sua attività imprenditoriale estesa a tutto il territorio nazionale è, come dallo stesso ammesso, aduso a finanziare, più o meno occultamente quelle forze politiche e sociali presenti nel territorio ove si trovano le sue aziende al fine di creare un ambiente favorevole al loro sviluppo”.
Il giudice monocratico reatino però, dopo aver appurato che l’imprenditore friulano ha effettivamente versato 530 milioni di lire ai politici locali, li assolve valutando l’elargizione come volontaria e senza costrizione. La Corte d’appello confermerà il proscioglimento sottolineando al P.M. che avrebbe dovuto perseguire il reato di illecito finanziamento ai partiti, anzichè limitarsi alla concussione.

ZAMPARINI E LA GIUSTIZIA
Nella biografia di Zamparini i problemi con la giustizia ricorrono spesso. Tra il 1972 e il 1976 ha riportato cinque condanne per emissione di assegni a vuoto. I reati erano stati commessi tra Milano, Abbiategrasso, Arona, Padova e Verbania, dal marzo del ‘71 al settembre del ‘72: un assegno a vuoto ogni tre mesi e mezzo. A salvare Zamparini sarà l’amnistia del 1978. La stessa amnistia è stata applicata ad un’altra condanna da lui rimediata a Verbania nel 1967 per omesso versamento di contributi Gescal.
Zamparini nulla ha potuto però nel caso di una condanna per concorso in ricettazione comminatagli dal Tribunale di Busto Arsizio, confermata dalla Corte di appello di Milano nel 1981 e infine dalla Cassazione nel 1983. Aveva venduto apparecchi radio risultati rubati. Anche il figlio, Andrea Maurizio, ha riportato una condanna definitiva. Il 17.12.2004, la V sezione penale della Corte Suprema lo ha condannato per aver venduto borse di Fendi contraffatte. C’è poi la vicenda di Cinisi. Nel 2001 Zamparini è finito sotto inchiesta per mafia a Palermo e Caltanissetta. Secondo i giudici per realizzare nel paese siciliano un ipermercato Emmezeta da 35 miliardi, si era avvalso dell’aiuto della mafia e in particolare di Bernardo Provenzano per il tramite di Giuseppe Leone, il quale doveva percepire una tangente di 3 miliardi e mezzo da spartire con i politici locali in grado di agevolare l’iter di approvazione del progetto. A scagionare Zamparini sarà un suo giocatore, il portiere del Venezia Massimo Taibi, nativo di Cinisi, il quale testimonierà di aver contattato un politico locale di sua conoscenza, Giuseppe Pizzo del Ppi, per dare una mano al suo presidente in difficoltà. Per quella vicenda ad essere condannato per mafia a tre anni e otto mesi, sarà un imprenditore di Terrasini, Salvatore D’Anna, uomo di bAdalamenti.
Cosa Nostra si era effettivamente interessata all’ipermercato ma Zamparini non l’aveva agevolata.

ZAMPARINI FINANZIA L’UDC MA E’ MASTELLA CHE SISTEMA TUTTO
Ma torniamo a Benevento, dove da alcuni dettagli capiamo come per Zamparini la politica sia la continuazione degli affari con altri mezzi. Nell’antica Maleventum sceglie come rappresentanti legali Umberto Del Basso De Caro, ex socialista e amico di Craxi, un massone iscritto al Grande Oriente d’Italia e attuale leader locale della Margherita. E Roberto Prozzo, missino, ex vicesindaco ed assessore al commercio e all’urbanistica nelle giunte di centrodestra. All’inizio dell’avventura beneventana, Zamparini viene accolto con freddezza dal sindaco aennino Viespoli, esponente della destra sociale. Allora il patron del Palermo decide di stringere i rapporti con il ventre molle del centrodestra, l’Udc. Che naturalmente si presta.
Tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003, l’Udc dà il via ad una massiccia offensiva a favore di Zamparini bloccando per ben tre mesi i lavori di giunta dopo che il sindaco D’Alessandro si era rifiutato di deliberare l’aumento di cubatura dell’ipermercato. E il sindaco alla fine è costretto a capitolare.
Per suggellare il felice evento, Zamparini sbarca personalmente in città e organizza un grande pranzo nel ristorante I Gemelli. E’ il marzo del 2003. A quel pranzo partecipano 50 persone circa, commercianti, imprenditori ma soprattutto esponenti di Forza Italia e dell’Udc.
La simpatia dei centristi per Zamparini è ricambiata. Nel marzo del 2006, come risulta dai tabulati della Camera dei Deputati, Zamparini versa al partito di Casini, 103.291,37 euro. Una coincidenza. Tornando al pranzo, gli unici a mancare saranno gli esponenti di An, che pure controllano il Comune.
Per riallacciare i rapporti con il partito di Fini, Zamparini manda avanti un suo uomo, Erberto Rosenwirth, ex sindaco socialista di Tarvisio. Risultato? Arriva la sospirata delibera con la quale, nel maggio del 2006, l’area destinata a verde viene trasformata in commerciale consentendo all’ipermercato di occuparla con i parcheggi.
Progettista del parco-parcheggio diventa un uomo di An, l’ex assessore all’urbanistica Iadicicco. E’ l’ultima concessione che però la giunta di centrodestra non fa in tempo ad approvare perché il centrosinistra il 28 maggio vince le elezioni. Sulle prime, lo sappiamo la giunta Pepe fa la voce grossa e revoca la delibera, poi ci ripensa e concede a Zamparini anche di più di quanto An e Udc avevano concesso.
Che cosa è successo? Attraverso il comune amico Diego Della Valle, Zamparini incontra Clemente Mastella, l’uomo davanti al quale tutta Benevento trema. Due volte: in agosto e all’inizio di settembre. Poco prima Pepe dichiarava: “l’ipermercato non aprirà mai, sono troppe le irregolarità“, “Zamparini deve rispettare le regole” e il segretario cittadino dell’Udeur, Gino Abbate, tuonava: “Zamparini deve sapere che a Benevento non siamo tutti Babbo Natale”.
Ora invece il primo cittadino confida ai suoi intimi: “Ho subìto pressioni alle quali non ho potuto resistere”. Signor sindaco ci dica per favore da chi ha subìto queste pressioni.

giuliano colonna

© Altrabenevento

Scroll to top