Delocalizzare il pastificio Rummo. Non si possono spendere soldi pubblici per consentire ai privati di svolgere attività in aree a rischio alluvione.
Comunicato stampa del 8 dicembre 2015
Non si possono spendere soldi pubblici per consentire ai privati di svolgere attività in aree a rischio alluvione.
Dopo quasi due mesi dall’alluvione che ha colpito Benevento, la grande attenzione dei politici e dei rappresentanti istituzionali si concentra sulla mancata erogazione dei finanziamenti per i danni e la “ricostruzione”. Intanto la Provincia ha effettuato i primi interventi urgenti che si limitano alla “messa in sicurezza” della zona industriale di Ponte Valentino. Si tratta di soldi pubblici buttati al vento per realizzare argini ridicoli in terra battuta, sulle sponde del fiume Tammaro, uno lungo la proprietà dello stabilimento Rummo, l’altro sul lato opposto che l’acqua si sta già portando via.
Invece, come segnalano da anni studiosi ed esperti di diverse discipline e come hanno sottolineato anche i tecnici di LEGAMBIENTE, recentemente in città per la presentazione del rapporto “ecosistema urbano”, gli argini non servono per impedire che il fiume si espanda naturalmente nelle aree alluvionali.
Del resto, siccome non si possono realizzare argini dalla sorgente alla foce del fiume, è chiaro che costruire una barriera a tutela di uno stabilimento, significa determinare la esondazione violenta nell’area immediatamente a valle, nel nostro caso, nella zona industriale lungo il Calore, oppure nell’ansa fluviale del Cimitero, oppure a Ponticelli e poi in città e a Pantano.
Anche il consorzio ASI si deve rassegnare, l’unica tutela degli stabilimenti industriali a rischio alluvione è la loro delocalizzazione. A tal proposito, qualcuno dovrebbe ricordare che se Altrabenevento non si fosse opposta all’ampliamento di Mondosider, collocato in area alluvionale e adesso distrutto dalla piena del Tammaro, i danni sarebbero stati ancora maggiori di quelli registrati. E’ chiaro che anche lo stabilimento Rummo, deve essere delocalizzato.
Non abbiamo mai capito perchè ha utilizzato il soldi del post-terremoto per abbandonare lo stabile di via dei Mulini, poi venduto ad un albergatore, e ricostruire proprio sulla sponda del Tammaro, lungo l’antica via Traianea. Non abbiamo mai capito come ha fatto l’Autorità di Bacino a considerare alluvionabile la sponda sinistra di quel fiume e non a rischio quella opposta dove sta Rummo che pure è collocato ad un’altezza inferiore a quella di Mondosider.
Il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) prevede la delocalizzazione degli stabilimenti industriali, come quello di Rummo, collocati nella fascia di 200 metri dal fiume, ed invece il Consorzio ASI ha dato recentemente il parere favorevole al suo ampliamento proprio sul Tammaro.
Il noto pastificio dell’imprenditore privato, che è anche vice presidente dell’ASI, non può caparbiamente pensare di svolgere attività in zona a rischio e poi pretendere soldi pubblici per la sua tutela! Utilizzasse i fondi che riceverà per i danni da alluvione per trovare una sede più adeguata.
Per altrabenevento- Gabriele Corona