La Corte dei Conti indaga ex amministratori e funzionari per le nomine di alcuni dirigenti. Antonio Medici si difende con un paio di autogol.
Stampa questo articoloDa Antonio Medici – 31 marzo 2012
La Procura Generale della Corte dei Conti accusa il Sindaco, molti tra i suoi Assessori ed ex Assessori (e tra questi anche io) ed alcuni dirigenti del Comune di Benevento, di aver prodotto un danno alle casse Comunali superiore ai due milioni euro, avendo concorso a vario titolo a nomine illegittime di numerosi dirigenti.
Nessun politico, di maggioranza o di opposizione, nessuna forza, politica o sociale, ha speso una sola riga per entrare nel merito della vicenda e trarne qualche conclusione politica. Si dibatte, in molti casi, per giorni, settimane, mesi su sterili quisquilie ma poi nessuno trova il tempo di approfondire un atto di accusa molto serio emesso dalla Procura della Corte dei Conti.
Io non posso tacere, né sulle accuse che mi riguardano né su quelle che non mi riguardano ma che ho vissuto da vicino essendo, all’epoca, componente della Giunta e, dunque, trovandomi in posizione di osservazione privilegiata.
Iniziamo con i casi che mi riguardano. La Procura della Corte dei Conti mi accusa, insieme ad altri, di aver approvato due delibere di Giunta Comunale che hanno poi consentito al Sindaco Fausto Pepe di conferire incarichi dirigenziali all’avvocato Angelo Mancini ed al dottor Francesco Delvino. A prescindere dall’esito del procedimento giudiziario amministrativo contabile, che potrà condurre, sulla scorta di asserzioni di fatto e di diritto, ad una mia condanna o al riconoscimento del mio esonero da ogni responsabilità, devo osservare, che l’aver in qualche modo concorso, pur inconsapevolmente, a quelle nomine è fonte di rilevante e grave responsabilità politica.
Responsabilità che mi addebito, anzi, come meglio dirò, mi sono già addebitato. Le nomine in parola, sottoscritte dal Sindaco, maturarono sulla esclusiva o prevalente valutazione delle appartenenze e delle sponsorizzazioni politiche. Non voglio entrare nel merito delle capacità o incapacità dei nominati, limitandomi a discutere del metodo che ha condotto alla loro “designazione”. Il sistema del clientelismo partitocratico stabilì arbitrariamente chi tra i propri accoliti doveva esser nominato e le procedure furono studiate per consentire che quelle designazioni divenissero nomine.
Non è mai bello parlare di se stessi, ma in questa circostanza mi sia concessa licenza. Avendo verificato nel corso di circa 18 mesi di lavoro in Giunta che quel sistema non era scalfibile, me ne sono dissociato (e con me Salvatore De Toma), prima dimettendomi, nel gennaio 2008, poi candidandomi in aperta contraddizione ed alternativa a quel sistema. Il paradosso che mi avvilisce in questi giorni sta nel fatto di essere chiamato a risarcire i cittadini per i danni prodotti da un sistema che invece i cittadini stessi hanno ratificato, rieleggendo, nel maggio scorso, al primo turno Fausto Pepe, primo interprete, al di là delle casacche di volta in volta indossate, del sistema di nomine per appartenenza, della gestione del potere con il ristretto sguardo dell’interesse di partito, di fazione, di gruppo. E del resto Angelo Mancini è stato nuovamente nominato e continua a dirigere i sistemi di staff.
Oltre alle due nomine in questione, ci sono altre nomine di dirigenti per le quali è chiamato a rispondere il Sindaco e qualche altro corresponsabile. Vorrei concentrarmi sulla nomina di dirigenti interni. La Procura della Corte ritiene che siano state illegittime e che abbiano prodotto un danno.
Per quelle nomine, per le quali non sono imputato e cui fui del tutto estraneo come per le due che mi riguardano, furono seguiti due criteri essenziali. Il primo, sovraordinato, fu quello che potrei definire del contrappeso: il dirigente doveva essere di area di un partito (della coalizione) diverso dal partito che esprimeva l’assessore al ramo. Anche, in questo caso, dunque, il criterio prevalente di nomina fu quello delle appartenenze.
Il secondo criterio adottato, però, fu quello del risparmio: sostituire la prassi della nomina dei dirigenti esterni, individuando per i ruoli dirigenziali persone che fossero già dipendenti del Comune. Con questa scelta, dunque, ci sarebbe stato un minor aumento di spesa, limitandosi l’Ente a pagare un aumento di stipendio in luogo di un nuovo intero stipendio dirigenziale. Non dobbiamo dimenticare, tra l’altro, che taluni tra i dirigenti esterni, nominati dall’amministrazione di centro-destra e sostituiti da Fausto Pepe nella sua prima consiliatura, erano stati nominati e avevano operato per la classe politica artefice alcuni dei più grossi scempi della città: il centro commerciale I Sanniti e l’edificazione di palazzo Passerelli al viale Atlantici.
Sarà per questo che i principali esponenti dell’opposizione consiliare, in larga parte proveniente dalle fila di quell’Amministrazione, tacciono sulle accuse della Corte dei Conti. Non sono certo loro, difatti, a poter dare lezioni in tema di danno erariale e responsabilità politiche.
I procedimenti innanzi alla Corte dei Conti potranno avere i più diversi esiti e definire le più diverse responsabilità o assoluzioni, ciò non toglie che la Procura di quella Corte ha affondato il dito in una grande, enorme piaga: quella del molto censurabile sistema di nomina delle figure apicali dell’ente locale, che accomuna centro-destra e centro-sinistra.
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Intervento successivo di Giuseppe De Lorenzo. Il Vaglio
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L’intervento di Gabriele Corona (SLAI COBAS) a Il Vaglio. 3 aprile 2012
A commento delle contestazioni della Corte dei Conti a diversi amministratori e funzionari del Comune di Benevento per le nomine di alcuni dirigenti effettuate dal 2006 in poi, il Vaglio ha pubblicato recentemente due interventi, l’uno di Antonio Medici e l’altro di Giuseppe De Lorenzo, ambedue ex assessori della prima Giunta Pepe, che contengono notizie inedite meritevoli di attenzione.
Medici introduce la sua nota annunciando “Io non posso tacere, né sulle accuse che mi riguardano né su quelle che non mi riguardano ma che ho vissuto da vicino essendo, all’epoca, componente della Giunta e, dunque, trovandomi in posizione di osservazione privilegiata”, ma poi in dettaglio non spiega assolutamente nulla. Il suo intervento, molto condizionato dalla necessità di presentarsi come vittima impotente del sistema politico-clientelare, non entra nel merito delle specifiche contestazioni della Corte dei Conti e trascura la ricostruzione dei fatti. Una frase però, colpisce particolarmente. Medici, infatti, a proposito degli incarichi di Dirigente per Angelo Mancini e Francesco Delvino, scrive: “Le nomine in parola, sottoscritte dal Sindaco, maturarono sulla esclusiva o prevalente valutazione delle appartenenze e delle sponsorizzazioni politiche. Non voglio entrare nel merito delle capacità o incapacità dei nominati, limitandomi a discutere del metodo che ha condotto alla loro “designazione”. Il sistema del clientelismo partitocratico stabilì arbitrariamente chi tra i propri accoliti doveva esser nominato e le procedure furono studiate per consentire che quelle designazioni divenissero nomine”.
La frase un po’ sibillina, sembra contenere una sorprendente rivelazione: tutti gli assessori erano ben a conoscenza delle ragioni che portarono non solo alla nomina di Mancini ma anche a quella di Delvino. In verità era ben noto che la prima delibera “incriminata” dalla Corte dei Conti, la n. 116 del 20 giugno 2006, fu adottata per conferire ad Angelo Mancini l’incarico di Capo di Gabinetto del Sindaco- dirigente dei Sistemi di Staff. Il Regolamento Organico già definito dall’amministrazione precedente, consentiva al sindaco di scegliersi direttamente il suo più stretto collaboratore, ma prevedeva per la nomina dei dirigenti, la laurea e l’iscrizione nell’albo professionale da almeno cinque anni. La giunta dopo appena sette giorni dal suo insediamento, apportò la modifica al regolamento prevedendo che tale termine fosse ridotto a tre anni, su proposta del segretario, Antonio Orlacchio e del dirigente al Personale, Umberto Maio, i quali erano convinti della legittimità del provvedimento anche sulla base di alcuni pareri ministeriali.
Ricordo, sempre per amore di verità, che ancor prima della Giunta, ci pronunciammo favorevolmente sulla modifica al regolamento, anche come delegazione sindacale e sempre su proposta di Orlacchio e Maio. La decisione fu quindi assunta coscientemente da tutti gli attori. Se si trattò di un errore lo sapremo solo all’esito delle decisioni della Corte dei Conti.
Molto diverso è invece il caso della nomina di Francesco Delvino che fu censurata da diversi sindacati. La Giunta comunale, il 10 aprile 2007, cioè dopo il rodaggio di dieci mesi, con la delibera n. 55 decise espressamente di “procedere a conferire un incarico esterno, a supporto della direzione dell’ufficio di Gabinetto, in particolare per quanto concerne il PUM (Piano Urbano di Mobilità), la riorganizzazione del Corpo dei Vigili Urbani, le problematiche riferite al traffico e alla mobilità sostenibile, il comando Vigili Urbani”. Tale incarico fu assegnato a Francesco Delvino, presidente della Associazione Nazionale Comandanti della Polizia Municipale, al quale, come tutti ricorderanno, furono addirittura consegnate simbolicamente (per fortuna) le chiavi della città dagli assessori Peppino De Lorenzo e Italo Palumbo che più volte decantarono le sue doti e le sue capacità. Per “legittimare” a posteriori quell’incarico a Delvino, gradito anche alla opposizione, l’assessore Cosimo Lepore elaborò la modifica della Dotazione Organica, avversata decisamente dallo SLAI COBAS, che ha comportato la trasformazione del Settore Polizia Municipale in Unità Operativa interna al Settore Sistemi di Staff. Quella modifica non è mai stata rivista e adesso comporta la nomina di Moschella come Comandante della Polizia Municipale sottoposto ad altro dirigente. Nessuno al momento della approvazione della delibera n. 55 del 2007, fece alcun riferimento alle pressioni fatte da Sandra Lonardo per la nomina dell’esperto Delvino che furono raccontate da De Lorenzo solamente alla fine del 2007, dopo lo scontro tra assessore e dirigente per i Photored (vedi dossier di Altrabenevento). I fatti sono ricostruiti con precisione dai magistrati napoletani negli atti di ottobre 2009 relativi ai provvedimenti restrittivi a carico dei “vertici dell’Udeur” accusati di avere interessi anche nella società incaricata da Delvino di installare i Photored. Nei recenti interventi a Il Vaglio, De Lorenzo riferisce che il sindaco era consapevole che la delibera 55/2007 fosse illegittima e Medici racconta che anche quella nomina fu il risultato del “sistema del clientelismo partitocratico” e che pertanto tutti gli attori erano consapevoli degli accordi, (seppur imposti) di Sandra Lonardo Mastella con il sindaco Fausto Pepe e l’assessore Giuseppe De Lorenzo. Se così fosse, non si comprende perché Antonio Medici si limitò a essere “osservatore privilegiato” votando quella delibera. Avrebbe potuto rifiutarsi, come aveva fatto ad ottobre 2006, con la delibera che autorizzava l’apertura dell’Ipermercato Zamparini.
Gabriele Corona, coordinatore SLAI COBAS.
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La risposta di Medici- A Il Vaglio – 3 aprile 2012
““Devo ringraziare Gabriele Corona, che mi ha illuminato in merito alla delibera 55/2007. Questa delibera, che lui, come sempre ottimamente informato su tutti gli atti del Comune, cita, dovrebbe essere quella cui si riferisce la Corte dei Conti, quando imputa ai componenti della Giunta Pepe del 2007, l’aver approvato un atto che ha consentito il ricorso alla figura dirigenziale per la copertura del posto di comandante della Polizia Municipale. La Procura della Corte dei Conti, nel proprio atto di accusa,Antonio Medici ha, infatti, omeso gli estremi della delibera in parola ed io nella richiesta di copie di documenti l’ho citata genericamente, senza indicare gli estremi (i lettori posso leggere il testo dell’atto della corte dei conti e la mia richiesta di accesso agli atti sul mio blog antoniomedici.blogspot.it). Ora Gabriele, ripeto, mi ha illuminato e potrò presentare un’integrazione della precedente istanza. Gli ribadisco anche i ringraziamenti, a lui ed a tutti gli iscritti allo Slai Cobas, che egli rappresenta in qualità di coordinatore.
In ordine ai chiarimenti che Gabriele reclama osservo che la sua indubbia abilità nel tentare di attribuire il senso da lui stesso voluto alle mie dichiarazioni lo conduce a chiedermi chiarimenti su questioni che mi sono estranee. E’ possibile che mi sia espresso anche male io, nel qual caso faccio ammenda. Sandra Lonardo o chi per lei non ha mai esercitato alcuna pressione su di me, né sono mai stato coinvolto in alcuna nomina, neanche per averne un parere un’opinione. Certo, e l’ho scritto, ho approvato atti che, pur inconsapevolmente (c’è anche questo inciso nel testo cui Gabriele si riferisce), hanno consentito la concreta applicazione del metodo clientelare-partitocratico.
Me ne è imputata responsabilità amministrativa e me ne sono assunta quella politica, pubblicamente, apertamente e dissociandomi in modo radicale e duraturo da quel modo di amministrare e far politica. Io con Fausto Pepe e gli altri esponenti di quella politica conservo rapporti di cordiale distacco politico nonché di umano affetto (e per quanto mi riguarda non potrebbe essere altrimenti, avendo lavorato gomito a gomito, anche in alcuni cruciali passaggi, per circa un anno e mezzo); non lo frequento, non mi ci confronto, non gli offro privatamente le mie opinioni, non ne sono il consigliere (ascoltato o meno). Se non fosse stato così, credo, conserverei qualche poltrona tecnica da qualche parte”.
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La controreplica di Gabriele Gabriele Corona
“Antonio Medici riconosce di essersi espresso male ed anche in modo frettoloso, senza neppure procurarsi le delibere che di certo non era difficile individuare (tra l’altro basta consultare il sito del Comune). Ci tiene poi a precisare di non avere rapporti di frequentazione con Fausto Pepe come se questo fosse elemento fondamentale per comprendere i fatti oggetto di discussione. Io invece, frequento il sindaco del Comune nel quale lavoro, lo incontro in ufficio, partecipo alle riunioni e ai gruppi di lavoro, parlo e litigo con i funzionari, con gli assessori e anche con il sindaco, in pubblico e in privato.
Questa “frequentazione” a me che non ho chiesto incarichi, non partecipo a società finanziate dal Comune, non ho raccomandato amici e parenti e conservo la stessa qualifica e lo stesso stipendio che avevo prima della vittoria del centrosinistra nel 2006, non mi impedisce di dire in tutte le forme possibili, a viso aperto, che cosa penso dell’azione amministrativa di questa maggioranza. Basta rileggere i numerosi comunicati stampa. Una sola volta sono stato accusato di aver chiesto un favore al sindaco, quando Medici fu nominato assessore, ma naturalmente si trattava degli inciuci delle malelinque, come quelle che preferiscono le allusioni per giustificare scelte politiche incomprensibili”.