Su Terra e Gli Italiani: la mortificazione di Sant’Arcangelo
Stampa questo articoloda Gli Italiani del 8 agosto 2010
di Eleonora Mastromarino
Sant’Arcangelo Trimonte è uno dei più piccoli comuni della provincia di Benevento, con i suoi 600 abitanti, di cui l’80% ha più di 60 anni, ha vissuto di agricoltura fino a pochi anni fa quando si è deciso che Sant’Arcangelo dovesse invece vivere, o morire a seconda delle opinioni, di “monnezza”. Infatti a ridosso del paese nel 2008 è sorta un’enorme discarica da 900.000 metri-cubi, accanto ad un’altra più piccola, comunale realizzata nel 1996 e ad una regionale costruita nel 2001. In quell’occasione il sindaco, di allora e di adesso, Romeo Pisani, acconsentì allo sversamento di rifiuti regionali, spinto dalla possibilità di un lauto “introito” per le casse dell’ente.
Non sappiamo qual’è stato il guadagno, perché non è stato possibile parlare con il sindaco, e però sappiamo che il Corpo forestale dello Stato di Benevento ha recentemente sequestrato quei due impianti perché non si è provveduto ad evitare “l’inquinamento del suolo e del sottosuolo da parte di una costante fuoriuscita di percolato dal corpo delle due discariche”.
A Sant’Arcangelo non si era più parlato di “monnezza” fino al 2007, quando il commissariato di governo richiese ai presidenti delle province campane di indicare possibili siti per lo sversamento dei rifiuti che da mesi si accumulavano sulle strade. Il presidente sannita, Carmine Nardone, segnalò quello di Sant’Arcangelo Trimonte, ritenendolo idoneo, pur non avendo effettuato nessuno studio specifico, e soprattutto privo della “criticità sociale” presente negli altri siti provinciali possibili.
Secondo il Co.di.sam., il comitato nato per cercare di impedire la realizzazione della discarica, per “criticità sociale” si intende il fatto che il paese è piccolissimo e non sarà mai in grado di opporsi alle decisioni commissariali.
Nardone parla con gli amministratori locali e con i cittadini per spiegare loro come attraverso un dissociatore molecolare sia possibile produrre energia dalla “monnezza”, con un piccolo scarto di ceneri non pericolose. Così pur non essendoci in tutta la regione nessun impianto del genere, il consiglio comunale di Sant’Arcangelo si fidò del presidente Nardone e, con un solo voto contrario, acconsentì allo sversamento di “residui inerti(ceneri), imballati e protetti, provenienti da dissociazione molecolare”, pur di evitare una discarica di rifiuti tal quale.
A questo punto il sito di Sant’arcangelo rientra ufficialmente nel decreto legge 91 del 2008, in cui non si parla di dissociatori molecolari, ma di rifiuti solidi urbani di cui bisogna liberarsi il più velocemente possibile.
Le proteste del comitato diventano sempre più aspre, alcuni cittadini decidono di incatenarsi presso la sede della prefettura pur di essere ascoltati, vorrebbero far emergere che l’area scelta non rispetta la normativa europea, né quella italiana, per questo tipo di interventi.
Ed infatti il sito selezionato è sul crinale di una collina, alla stessa altezza ed esattamente di fronte al centro del paese, in una zona molto ventilata; è attraversato per tutta la sua lunghezza da un elettrodotto; è in zona ad alto rischio sismico; ed il terreno sottostante non è argilloso, dunque assorbe con estrema facilità qualsiasi liquido prodotto dai rifiuti.
L’aspetto che però più preoccupa il comitato è la frana che da sempre interessa quell’area. C’è il rischio che i teli di plastica della coibentazione si rompano, lasciando colare nel terreno il percolato, ossia il pericolosissimo liquido tossico prodotto, assieme al biogas, dalla degradazione dei rifiuti umidi quando non sono separati da quelli secchi.
Nicola Colangelo, il presidente del Co.di.sam., spiega che la frana ha già creato problemi alle prime due discariche, tanto da aver dovuto costruire una palizzata per frenare i movimenti del terreno, che però non è bastata, ce n’è voluta una seconda e ora si sta lavorando alla terza. La precarietà del terreno è stata anche causa di diversi incidenti soprattutto durante i lavori di scavo delle vasche e in uno di questi ha perso la vita, a soli 19 anni, il geometra Pasquale Russo. La terra si muove e tra i rifiuti si sono aperti varchi fino a 3 metri.
Dunque cosa hanno guadagnato da questa discarica gli abitanti del posto? Nicola racconta: “hanno rifatto qualche strada, 5 o 6 ragazzi del paese hanno lavorato per qualche mese, non paghiamo la tassa sui rifiuti e una parte dei soldi guadagnati dal comune sono stati distribuiti ai residenti, ci hanno dato 2.000 euro”, e la moglie aggiunge “io ho chiesto in giro e non basterebbero neppure per pagarmi il funerale”. Si riferisce alla preoccupazione di danni alla salute che con quei soldi non si potrebbero neppure accertare.
Per il resto,“in paese – continua Nicola – si vive con porte e finestre chiuse perché certi giorni la puzza è insopportabile. I prodotti agricoli locali, ovvero la principale fonte d’introiti per molti abitanti sono banditi dai mercati perché nessuno compra i prodotti della terra della “monnezza” ”. Così come nessuno acquista case con vista discarica e le agenzie immobiliari non fanno più valutazioni in quella zona.
Dalla fine del commissariamento, il 31 dicembre 2009, sono le province a gestire gli impianti. “Non avrebbero dovuto, ma la discarica ormai è fatta – aggiunge Colangelo- quindi ora, che è finito lo stato emergenziale, noi vogliamo sapere che rischi stiamo correndo, di cosa ci stiamo ammalando e vogliamo un monitoraggio ambientale costante, inclusi dei controlli più seri ai camion che arrivano”. A queste richieste l’assessorato all’ambiente della provincia ha risposto istituendo una Commissione di Vigilanza composta di un tavolo tecnico, ed uno istituzionale dove i comitati di cittadini, i sindaci dei comuni interessati, la provincia, l’Asl e l’Arpac, possano collaborare alla salvaguardia del territorio e dei suoi abitanti.
Perché nonostante tutto, ed è la moglie di Nicola a parlare “non ci si rassegna all’idea di lasciare il proprio amato paese perché qualcuno ha deciso di seppellirlo sotto tonnellate di rifiuti.
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