Il governo insiste per impedire le intercettazioni e imporre il silenzio sulla corruzione dilagante.
Stampa questo articoloDa Il Messagero.it del 20 aprile
Intercettazioni: il governo ha modificato il ddl. Di Pietro: aperture dal Pdl? Sì, alla mafia. Pd: grave attacco alla libertà di stampa. Fnsi: in piazza il 28 aprile
ROMA (20 aprile) – L’autorizzazione alle intercettazioni può essere chiesta quando sussistono “gravi indizi di reato” e non più, come previsto in precedenza, “evidenti indizi di colpevolezza”. È quanto prevede un emendamento presentato dal governo al ddl intercettazioni ora all’esame della commissione giustizia del Senato. Il governo, per mano del sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, ha presentato solo due proposte di modifica al testo, l’altra prevede che la legge sulle intercettazioni non potrà essere applicata ai processi in corso per i quali è già stata chiesta l’autorizzazione a farle. Al ddl intercettazioni sono stati presentati però altri 10 emendamenti firmati dal relatore Roberto Centaro.
Chi pubblica in tutto o in parte atti o documenti di un procedimento penale di cui sia vietata per legge la pubblicazione è punito – secondo quanto previsto dalle modifiche del ddl – con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda dai due ai diecimila euro. Se ad essere pubblicato è il contenuto delle intercettazioni, si applica l’arresto fino a due mesi e l’ammenda dai quattromila ai ventimila euro. La condanna comporta anche la sospensione temporanea dall’esercizio di una professione o di un’arte.
Si prevede poi che «chiunque fraudolentemente effettui riprese o registrazioni di comunicazioni e conversazioni a lui dirette o comunque effettuate in sua presenza è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni». La punibilità, si legge ancora nella proposta di modifica, è esclusa quando dalle riprese o dalle registrazioni emerge una notizia di reato e questa viene tempestivamente comunicata all’autorità giudiziaria.
Condanne più severe, con una pena massima da 5 a 6 anni, per le talpe delle Procure che svelano segreti relativi ai procedimenti.
Per chiedere l’autorizzazione ad intercettare servono “gravi indizi di reato”. Eliminando dal testo gli “evidenti indizi di colpevolezzà”, si da la possibilità di poter disporre intercettazioni anche nei procedimenti a carico di ignoti. Per poter intercettare, però, è necessario che l’utenza sia intestata (o effettivamente in uso) o all’indagato o ad una terza persona che, già emersa dalle indagini come a conoscenza dei fatti per i quali si procede, si ritiene ne farà uso per conversazioni o comunicazioni che riguardino i fatti oggetto dell’indagine. Il principio vale anche per le riprese visive.
I luoghi sottoposti a sorveglianza devono appartenere o essere utilizzati dall’indagato o da persone diverse sempre che risultino, dalle indagini, già a conoscenza dei fatti sui quali si sta conducendo l’inchiesta giudiziaria. In questo modo, spiega il governo, si garantisce che i controlli siano diretti soltanto verso chi «con assoluta erosimiglianza», nel corso delle conversazioni tratterà proprio dei fatti su cui si sta indagando. Il tutto senza che ci sia pregiudizio per terze persone estranee.
Ad autorizzare le intercettazioni sarà il tribunale e non più il gip. Il tribunale nella sua valutazione non potrà basarsi su dichiarazioni rese dal coimputato in procedimento connesso, non riscontrate, né su testimonianze indirette rese da chi si rifiuta o non è in grado di indicare la fonte diretta, nè, infine, su dichiarazioni rese da informatori di polizia giudiziaria non interrogati «nè assunti a sommarie informazioni». Sempre nello stesso emendamento il governo prevede che si possa chiedere una proroga delle intercettazioni quando si ritiene, dalle indagini, che «l’attività delittuosa sia prossima ad ulteriori conseguenze», oppure che si stiano per commettere nuovi reati. La proroga può avere una durata massima di 15 giorni, anche non consecutivi.
Se il magistrato intercetta qualcuno che però conversa con un parlamentare, sarà necessaria comunque l’autorizzazione della Giunta di Camera o Senato. L’autorizzazione dovrà essere richiesta anche se si acquisiscono tabulati di comunicazioni. E questo varrà soprattutto se si intercetta o si acquisiscono tabulati per accedere comunque «alla sfera delle comunicazioni del parlamentare». I verbali contenenti queste conversazioni saranno inseriti in un fascicolo separato e conservato in una apposita sezione dell’archivio riservato.
Fnsi: in piazza il 28 aprile. Il 28 aprile i giornalisti scenderanno in piazza per manifestare contro il ddl intercettazioni. Lo ha deciso la Federazione nazionale della stampa per protestare contro quella che giudica «una legge bavaglio». Alla manifestazione seguiranno altre iniziative di lotta.
Di Pietro: aperture dal Pdl? Sì, alla mafia. «Aperture del centrodestra sul ddl intercettazioni? Certamente, ma alla mafia e alla criminalità organizzata» commenta Antonio Di Pietro. «Da oggi la mafia – ha aggiunto il leader dell’Idv – avrà come principale referente i parlamentari perchè le intercettazioni nei loro confronti non valgono neppure se c’è di mezzo un omicidio. Infatti servirà il placet del Parlamento che si guarderà bene dal concederlo indipendentemente dall’appartenenza ai partiti politici».
«Credo che stia accadendo – ha sottolineato Di Pietro – un fatto gravissimo perché con questo provvedimento si mette definitivamente il bavaglio alla stampa e addirittura si puniscono i giornali che riferiscono fatti che interessano l’opinione pubblica. Semmai bisognerebbe punire chi rende noti questi fatti senza rispettare il segreto istruttorio, non i giornalisti che fanno il loro lavoro». In definitiva per Di Pietro si tratta di «norme ancora più criminogene di quelle precedenti anche perchè si crea una riserva indiana per i parlamentari le cui intercettazioni in ogni caso non potranno essere utilizzate. A questo punto per il parlamentare sarà più facile avere come punto di riferimento la criminalità organizzata piuttosto che i cittadini per bene».
Pd: grave attacco alla libertà di stampa. «Grave e ulteriore attacco alla libertà di stampa. Il governo non solo non migliora il ddl, ma lo rende ancora più duro raddoppiando le pene per i giornalisti che pubblicano intercettazioni, aumentando anche la pena per l’arresto». La denuncia viene dal senatore Felice Casson, vicepresidente del gruppo Pd. Casson sottolinea che «nell’emendamento all’articolo 1, comma 26 è chiaramente detto che gli operatori dell’informazione finiranno in carcere fino ad un massimo di due mesi o pagheranno un’ammenda da 4 mila a 20 mila euro e inoltre viene imposta la sospensione dall’esercizio dalla professione. È evidente – conclude il senatore Pd – che queste nuove proposte costituiscono un’intimidazione nei confronti della libera stampa».