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E’ attesa per domani alle 14 la Manifestazione nazionale per protestare contro il decreto Ronchi sulla privatizzazione dell’acqua

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Da peacereporter.net

Nel corso dell’ultima intervista rilasciata lo scorso 17 novembre a Peacereporter Emilio Molinari, presidente del Contratto mondiale sull’acqua, l’aveva promesso: “proporremo un referendum”. A poche ore dalla Manifestazione nazionale contro la privatizzazione dell’acqua l’impegno referendario del fronte “no al decreto Ronchi” è diventato il primo punto della piattaforma di protesta. I dimostranti partiranno da piazza della Repubblica a Roma alle 14 e sfileranno per le vie del centro storico per convergere, alla fine, in Piazza Navona.

Referendum abrogativo. Stilato da ben sei professori universitari, tra i quali l’ex presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali Stefano Rodotà, il testo sul quale potrebbero esprimersi gli italiani è articolato in tre quesiti con i quali si chiederà l’abrogazione dell’articolo 23 della legge 133/08 così come modificato dall’articolo 15 del decreto Ronchi. Questa misura è, appunto, la base della tanto criticata normativa governativa che privatizza la maggior parte dei servizi pubblici, fra i quali l’acqua. Da altre due domande, invece, dipenderà la vigenza degli articoli 150 e 154 della legge 152/06 – noto come decreto ambientale – che regolano rispettivamente la “scelta della forma di gestione” degli impianti per le aziende speciali e il calcolo delle tariffe come corrispettivo del servizio idrico integrato.

L’appello che fino ad ora ha raggiunto quota 406 mila firme ha bisogno di altre 100mila petizioni per poter dare avvio al lungo iter referendario.

Gli scogli verso il voto. Per Molinari, intervistato in queste ore, sono prevalentemente tre. “Prima di tutto – ha sostenuto – dobbiamo riuscire a raccogliere il numero di firme necessarie per presentare la domanda alla Corte costituzionale. Se saremo determinati, e se i partiti ci daranno una mano, credo che potremmo farcela nel giro di tre mesi da ora. In secondo luogo c’è da considerare l’esame e la pronuncia di leggitimità della stessa Consulta sui tre quesiti. Infine ci attenderà la prova più difficile: vincere la consultazione popolare. In generale lo strumento referendario è accolto dagli italiani con un atteggiamento di sfiducia. Spero invece che trattandosi di un bene primario come l’acqua gli elettori si mobilitino numerosi. Toccherà a noi fare una buona campagna ma, per ora, sono abbastanza ottimista sulla risposta alla chiamata e sulla vittoria finale”. A proposito del popolo dell’acqua abbiamo chiesto a Molinari da chi è composto e, soprattutto, cosa chiede alla vigilia del corteo. “La collettività che ci telefona – ha risposto il presidente – è estemamente variegata e non è etichettabile sotto nessun colore politico o classe sociale. L’unico punto in comune è il senso di responsabilità con il quale scenderà in piazza. Non ci sarà rabbia e non si urleranno slogan di odio politico e verranno mobilitate, mi auguro, centinaia di migliaia di persone. Spero anche nella partecipazione delle amministrazioni locali e del partito democratico”.

Una grande occasione. È quella che, per Molinari, potrebbe avere tutta la società italiana chiamata a rispondere al referendum. “Se tutto dovesse andare bene – ha aggiunto – sarà un momento durante il quale i partiti e le organizzazioni dovranno obbligatoriamente riflettere e guardarsi dentro. Penso al Pd che, come principale partito d’opposizione, non potrà ignorare la volontà del popolo. Penso alla Lega che non ha mai celato una certa insofferenza in tutta questa vicenda. Penso, infine, alla stessa Chiesa Cattolica che nell’ultima enciclica ha ribadito che l’acqua è un diritto inalienabile dell’uomo ma che poi nei fatti non ha mosso un dito per ammonire la classe politica che ha tolto all’uomo tale diritto”. Ci sono possibilità concrete di riuscire a far abrogare il decreto Ronchi? “Penso di si – ha concluso Molinari – ma sarà un processo lungo e difficile perchè in prima istanza bisognerà bloccare la posizione delle aziende che sono ancora in mano ai Comuni. Per le multinazionali, che da novembre stanno firmando convenzioni di durata ventennale, il passaggio sarà più arduo. I contratti dovranno comunque essere rispettati, a meno che non se ne attesti un’illegittimità dovuta all’abrogazione della legge in virtù della quale erano stati stipulati”.

Antonio Marafioti

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