La Cassazione: Cosentino sia arrestato. Ma la Camera dice no.
Stampa questo articolodi Monica Centofante – 29 gennaio 2010 da Antimafia2000
Se non ci fosse la Camera a proteggerlo Nicola Cosentino, deputato del centrodestra e sottosegretario all’Economia, sarebbe destinato alle patrie galere.
Così ha decretato la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che nella giornata di ieri ha respinto il ricorso degli avvocati contro l’ordine di arresto firmato dal gip di Napoli Raffaele Piccirillo lo scorso 7 novembre, su richiesta della Dda partenopea. Nello specifico dei pm Giuseppe Narducci e Allessandro Milita che sull’uomo forte del Pdl nella terra di Gomorra indagano per concorso esterno in associazione camorristica.
Secondo l’accusa, Cosentino – che in seguito all´inchiesta è stato costretto a rinunciare alla candidatura alla presidenza della Regione – avrebbe instaurato con il clan dei Casalesi un rapporto di scambio, “voti contro favori”, che lo avrebbe agevolato in diverse competizioni elettorali. E sarebbe in contatto con la criminalità organizzata da oltre vent’anni.
A raccontarlo diversi collaboratori di giustizia, tra i quali spicca Gaetano Vassallo, ex colletto bianco per eccellenza del potente gruppo criminale capeggiato storicamente da Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto ‘e mezzanotte” e suo uomo di fiducia. Che di Nicola Cosentino parla oggi come di una pedina fondamentale per il clan Bidognetti. In particolare per la scalata ai vertici del potere politico.
Già negli anni Ottanta, ricorda, nel corso di una riunione di mafia si disse che “se fosse cresciuto lui, saremmo cresciuti anche noi”. Una frase che l’onorevole del Pdl avrebbe sentito con le proprie orecchie poiché a quella riunione sarebbe stato presente. Tanto che “alla fine dell’incontro il Cosentino mi prese da parte e, alla presenza solamente di Bernardo Cirillo e del fratello minore del Cosentino stesso, mi disse ‘per qualsiasi cosa di cui avete bisogno fate riferimento al geometra Bernardo, che lui sa rintracciarmi”.
Da quel momento in poi la strada per il promettente politico sarebbe stata tutta in discesa: prima le elezioni provinciali casertane del 1990 patrocinate dal capo della cosca Francesco Bidognetti (che lo aveva raccomandato attraverso un’imbasciata mandata dal carcere); poi un rapporto sempre più solido con gli uomini dei clan che nel tempo avrebbe portato ad altre sponsorizzazioni elettorali: alle elezioni regionali del 1995 e alle politiche del 2001; poi, ancora, altri incontri, anche successivi alla sua elezione a parlamentare. E mentre il collaboratore di giustizia Dario De Simone spiega che l’onorevole avrebbe chiesto appoggio elettorale persino ad un latitante, con la promessa di “un alleggerimento della pressione nei nostri confronti”, altri pentiti parlano insieme a lui di un “sistema di individuazione dall’alto del candidato da sostenere e la diramazione del messaggio ai capizona”.
Il nome del politico campano era spuntato per la prima volta, nelle dichiarazioni di Vassallo, il 1° aprile del 2008 quando il collaboratore di giustizia aveva immediatamente collegato la sua figura alla Eco4, la società gestita dai fratelli Orsi che raccoglie i rifiuti in Campania. Della quale Cosentino sarebbe stato controllore politico sin dalla sua costituzione, mentre lo stesso Vassallo era inserito nella compagine societaria come rappresentante della fazione bidognettiana del clan dei Casalesi.
Anche l’onorevole Landolfi, a detta del pentito, “aveva svariati interessi in quella società” che perseguiva mire espansionistiche grazie anche alla piena complicità del presidente del Consorzio Ce4 Giuseppe Valente. Il quale, interrogato dai magistrati, ha dichiarato: “Cosentino voleva che tutto quello che si faceva doveva passare attraverso di lui”. Tanto che in una occasione avrebbe riferito: quella società “song’ io”.
Il politico infatti, secondo le ricostruzioni, comandava sugli imprenditori camorristi e attraverso la Spa gestiva appalti, assunzioni, voti e soldi. Come quei 50 milioni di Euro che avrebbe ricevuto in consegna, nella sua casa di Casal di Principe, dallo stesso imprenditore Sergio Orsi.
La Eco4 in sostanza, aveva dichiarato invece il fratello, Michele Orsi, poco prima di essere ammazzato dal clan Bidognetti, era una società che “faceva comodo a tutti”: il “70% delle assunzioni … erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politico-elettorali, richieste da Valente, Cosentino e Landolfi”. Mentre alcune altre “furono motivate dalla necessità di assecondare gli interessi delle amministrazioni comunali, utili per ottenere gli affidamenti”.
Cosentino però, non sarebbe stato per sempre fedele ai Bidognetti. Tutt’altro, ricorda ancora il pentito De Simone, che parla di un voltafaccia quando gli interessi dei Casalesi si focalizzarono nell’area geografica controllata dagli Schiavone. Con i quali il politico avrebbe presto stabilito nuove alleanze lasciandosi alle spalle i vecchi accordi.
Ieri, ratificando la legittimità del provvedimento del Gip, la Suprema Corte ha di fatto avallato l’urgenza di frenare la pericolosa azione di un politico “di caratura medio-alta in costante ascesa che controlla molte delle amministrazioni comunali che (in materia di rifiuti ndr.) conferiscono alla società mista gli affidamenti diretti”. Mentre da poco la procura ha presentato una nuova richiesta di arresto per corruzione, nello stesso settore dei rifiuti, che è stata però rigettata dal Gip.
“Il dispositivo – ha dichiarato il procuratore capo Giandomenico Lepore – riconosce che la Procura di Napoli, i miei sostituti, si sono mossi nell´assoluto rispetto delle norme giuridiche. Eventuali vizi o irregolarità denunciati dagli avvocati di Cosentino non esistevano. La pronuncia della Cassazione dimostra che la magistratura in generale e la Procura di Napoli in particolare non hanno mai usato la giustizia ad orologeria”.
Il riferimento è agli attacchi dallo stesso Cosentino, che respingendo ogni accusa aveva puntato il dito contro i magistrati campani, qualcuno dice perché convinto che la Cassazione avrebbe rovesciato le conclusioni dei pm. La realtà però si è dimostrata ben diversa.