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Il decreto che rende «siti di interesse strategico» le discariche campane finisce davanti alla Corte costituzionale

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Berlusconi_Bertolaso(LEFT dell’11 dicembre 2009)

Il “lodo rifiuti” di Bertolaso di Manuele Bonaccorsi

Per ora hanno vinto i più deboli, cinque cittadini campani, che rischiano da uno a 5 anni di reclusione per aver osato opporsi all’uomo più potente d’Italia, il commissario straordinario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso. Per una manifestazione di piazza, nel settembre 2008, sono finiti sotto giudizio, accusati di violato questo divieto: «Chiunque si introduce abusivamente nelle aree di interesse strategico nazionale ovvero impedisce o rende più difficoltoso l’accesso autorizzato alle aree medesime è punito a norma dell’articolo 682 del Codice penale». Quello descritto nell’articolo 682 non è un reato da poco: «Ingresso arbitrario in luoghi ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato». I 5 cittadini si erano limitati a protestare contro l’istallazione di una discarica a pochi passi dalla loro casa.

In seguito ai poteri straordinari che il decreto sui rifiuti (decreto 90/2008) ha assegnato a Guido Bertolaso, ora rischiano il carcere. Ma dall’udienza preliminare del processo, che si svolge in questi giorni a Napoli, arriva un colpo di scena. Gli avvocati difensori dei manifestanti, Elena Coccia e Annalisa Senese, hanno eccepito la questione di incostituzionalità sul decreto del governo. Il giudice per l’udienza preliminare Anita Polito l’ha ritenuta fondata in relazione agli articoli 24, 25 e 27 della Carta fondamentale «sotto il profilo della indeterminatezza della norma in esame» (scarica qui le osservazioni del magistrato). Il magistrato ha quindi interrotto il processo e ha trasmesso le carte alla Corte costituzionale. La quale, dopo aver bocciato il lodo Alfano, dovrà passare al vaglio un altro contrastato decreto legge del governo Berlusconi. Quello che ha stroncato i movimenti contro le discariche in Campania con misure da regime militare. Governate dall’uomo più potente d’Italia dopo Berlusconi, Guido Bertolaso…

Mai cittadino italiano ha potuto concentrare nelle sue mani più potere di quanto ne abbia il capo della Protezione civile, sottosegretario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania. Secondo il decreto 90, il supercommissario può agire «in deroga a tutte le leggi in materia ambientale, paesaggistica, di pianificazione del territorio e della difesa del suolo, nonché igienico-sanitaria». Ha disponibilità economiche pressoché infinite (solo pochi giorni fa il commissario si è assegnato, con una ordinanza, altri 3 milioni di euro). Il suo potere non è solo politico ed economico. Ma anche “militare”. «Le autorità di pubblica sicurezza garantiscono piena attuazione alle determinazioni del sottosegretario medesimo». Le discariche individuate da Bertolaso vengono dichiarate «siti di interesse strategico nazionale». E viene varata una specie di legge marziale, per la quale comportamenti altrove considerati come espressione della libertà di opinione divengono gravi reati. Infine viene sospesa la regola costituzionale del giudice naturale, secondo la quale nessun cittadino può scegliere il giudice che preferisce, perché esso è stabilito dalla legge per competenza, territorio e materia (articolo 25 della Costituzione). Bertolaso può essere giudicato solo da una speciale Procura costituita per l’occasione a Napoli.

Il decreto suscita le ire dei costituzionalisti. Stefano Rodotà scrive: «La garanzia dei diritti costituzionalmente garantiti è incrinata». I giudici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli scrivono al Csm avanzando «non poche perplessità di conformità al modello costituzionale di giurisdizione». Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto pubblico alla Federico II di Napoli paventa «una regressione a Stato di polizia da fine Ottocento». Ma il governo non si ferma, il decreto 90 viene convertito in legge.

Oggi, con la decisione del gup Anita Polito, il decreto viene messo in discussione. «I comma 4 e 5 dell’articolo 2 del decreto rifiuti, che rendono le discariche siti di interesse strategico nazionale, e puniscono, in maniera generica, chiunque renda difficoltoso l’accesso ai siti, sono palesemente incostituzionali: limitano principi fondamentali come la manifestazione del pensiero», spiega l’avvocato Annalisa Senese.

I cinque imputati per le mobilitazioni di Chiaiano sono gli unici a essere finiti sotto processo per quei due articoli del decreto 90. Ma non per questo il loro caso è meno importante. «Una bocciatura della Corte costituzionale avrebbe effetti dirompenti. Bloccherebbe il tentativo di utilizzare in futuro poteri straordinari di quel genere. Nel caso di proteste contro l’istallazione di centrali nucleari, ad esempio», continua l’avvocato Senese.

Il rischio paventato dal legale napoletano non è certo un’esagerazione. Negli ultimi anni la Protezione civile di Bertolaso si è trasformata in uno strumento formidabile nella gestione autoritaria della cosa pubblica. La Protezione civile, infatti, può disporre di poteri pressoché infiniti. Tramite le sue ordinanze è possibile derogare a qualsiasi norma vigente nello Stato. Secondo la legge, questi strumenti dovrebbero essere utilizzati solo nel caso di calamità naturali. Ma dal 2001 – quando Bertolaso si siede sul trono del dipartimento – fino a oggi sono state varate quasi 700 ordinanze. Gran parte delle quali dedicate a “grandi eventi” (il G8 della Maddalena o i Mondiali di nuoto di Roma) o a calamità naturali molto dubbie (è ricorrente, ad esempio, la dichiarazione di emergenza per il traffico in molte città italiane).

Sui soldi spesi e sulle norme derogate è inoltre escluso il controllo della Corte dei conti. Utilizzando con mano larga questi strumenti, la Protezione civile è divenuta uno strumento di governo capace di gestire ricchi appalti, di concedere o togliere poteri agli enti locali. E di utilizzare, quando necessario, la mano militare. Se ne sono accorti i manifestanti di Napoli o i terremotati abruzzesi, sottoposti a controlli asfissianti nei campi o nella zona rossa de L’Aquila. Per questo se i 5 Davide di Chiaiano riuscissero a fermare il Golia Bertolaso, a guadagnarne non sarebbero solo loro ma l’intera democrazia.

11 dicembre 2009

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