Scoperto il rapporto di affari tra clan malavitosi, rispettabili avvocati, politici, imprenditori, banchieri e notai. A Bari.
Stampa questo articoloDa Antimafia duemila del 2 dicembre 2009
Maxi-inchiesta barese: Fondamentali le intercettazioni, sia quelle telefoniche che quelle ambientali. E nella rete finiscono anche due conoscenze del premier
di Monica Centofante – 2 dicembre 2009
Nella maxi-inchiesta barese che ieri ha portato all’arresto di 83 di 129 indagati sono loro le vere protagoniste di una storia fatta di legami tra mafia e colletti bianchi. Tra pericolosi criminali del clan Parisi e rispettabili avvocati, politici, imprenditori, banchieri e notai della Bari bene. Tutti accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, usura, riciclaggio, turbativa d’asta e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Nelle circa 1600 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip Giulia Romanazzi tutto ruota attorno ai dialoghi captati dalla Finanza tra Michele Labellarte, imprenditore e presunto riciclatore dei soldi della mala, e innumerevoli soggetti legati alla mafia barese. Tra cui un luogotenente dei clan che l’imprenditore aveva implorato: “Diglielo a Savino datemi un periodo per gli esami, per iniziare la chemio, che forse potrà salvarmi, perché altrimenti sono già un uomo morto”. Il Savino è Savino Parisi, capo della “famiglia” (arrestato ieri nel corso del blitz ndr.), che accusava l’imprenditore di non essere stato in grado di ripulire tre milioni di Euro che gli erano stati affidati. Il clan, infatti, riciclava i soldi derivanti dai traffici illeciti attraverso una serie di attività tra cui la catena di negozi sportivi nazionali “Sport&More”, bar, ristoranti e società di scommesse sportive, anche estere. E nell’ultimo periodo stava tentando di mettere le mani sugli appalti di un centro universitario, tra i più grandi d’Italia, capace di accogliere oltre 3.500 studenti e in progetto proprio nel barese.
In una prima fase i clan avrebbero appoggiato all’occorrenza un candidato dell’Udc alle elezioni comunali e poi contattato gli ex vicesindaco Donato Amoruso e l’assessore Vitantonio Leuzzi riuscendo ad ottenere la concessione edilizia in cambio della promessa che i due avrebbero partecipato agli utili frutto della vendita dei beni realizzati.
Le società che si sarebbero prestate a ripulire il denaro proveniente dalle casse della cosca – pari a 220 milioni di Euro guadagnati col traffico di droga tra Italia, Serbia e Inghilterra – sarebbero in tutto 35, sparse su tutto il territorio nazionale e 680 i conti correnti utilizzati allo scopo. Due di questi, in uso allo stesso Labellarte, erano intestati a Elvira Savino – deputata del Pdl sotto indagine per trasferimento fraudolento di valori – e a Sabina Beganovic, attrice di fiction non indagata. Entrambe molto vicine al premier Silvio Berlusconi e in rapporti con Gianpi Tarantini, così come lo stesso Labellarte e l’imprenditore Enrico Intini. Anche lui non indagato, ma secondo la Gdf “interessato alla costruzione dei primi lotti e alla gestione della struttura (dell’Università ndr.). Il prezzo pattuito per la vendita era pari a 2 milioni di Euro”.
In quanto alla sola Savino invece, annota l’accusa rappresentata dal pm antimafia Elisabetta Pugliese, “nel momento in cui ha acconsentito all’intestazione fittizia del conto corrente 10024G della banca Antonveneta, di fatto nella disponibilità di Labellarte, ben conosceva i problemi giudiziari nei quali era stato coinvolto quest’ultimo ed era perfettamente consapevole, anche perché ribaditoglielo dallo stesso interessato, che l’imprenditore non poteva esporsi direttamente nella conduzione degli affari”.
Tra gli indagati eccellenti spiccano ancora i nomi degli avvocati Gianni Di Cagno, consigliere di centrosinistra del Csm e Onofrio Sisto, ex presidente della Provincia. Entrambi accusati di concorso in riciclaggio e interdetti dall’attività professionale per due mesi.
Nel corso della conferenza che si è tenuta ieri in seguito al blitz, il procuratore di Bari Antonio Laudati ha più volte rimarcato: “Questa è la vera mafia”. “Si comincia oggi – ha proseguito Laudati in presenza del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso – a vedere il vero volto della mafia pugliese, che non è più quello del controllo del territorio, dei marciapiedi, delle faide, dell’abigeato”. “Non si tratta più di una mafia agricola, ma moderna, transnazionale e imprenditrice, che gestisce grossi traffici”.