Sfida ai massoni coperti in gran parte dell’Italia. E a Benevento?
Stampa questo articolodi Rita Pennarola
(La Voce delle Voci - 09/09/2009)
Portare alla luce gli elenchi dei massoni coperti significa far saltare gli equilibri occulti di potere che reggono il Paese. La Voce parla per la prima volta con l’investigatore che ci e’ andato vicinissimo. La cui storia spiega anche perche’ i magistrati che erano arrivati a un passo da quei santuari sono stati “fulminati” dalle loro scoperte.
E’ un uomo in fuga, il “colonnello”. Lo chiameremo cosi’, anche se a quel grado, forse, non era ancora arrivato prima di interrompere bruscamente la sua carriera al fianco dei pochi magistrati coraggio che non avevano esitato a scandagliare dentro i templi massonici per cercare il segreto piu’ oscuro e nascosto: gli elenchi degli affiliati “coperti”. Incrociamo il “colonnello” – da qualche mese passato a tutt’altre mansioni, ma sempre al servizio dello Stato – dopo averne a lungo seguito le tracce. Un uomo che e’ gia’ ora un archivio storico in carne ed ossa custodito per buona parte nella mente, alcuni files nella pen drive, un faldone di scartafacci da qualche parte, forse a casa. Il luogo e’ una fra le regioni italiane che, da nord a sud passando per il centro, risultano epicentri assoluti del fenomeno a livello europeo.
«I nomi, le circostanze, ma anche la descrizione complessiva della massoneria coperta – ci dice subito, tanto per chiarire il quadro dentro cui ci stiamo nuovendo – rappresentano oggi per me una ‘polizza assicurativa’ sulla vita. Per questo ancora oggi posso continuare, sia pure in maniera ormai autonoma, a cercare indizi, riscontri, coincidenze che diventano prove». Le indagini alle quali il colonnello aveva prestato la sua opera per anni, oggi risultano ferme, bloccate, alcune per ‘mano di legge’. Ma quelle consistenti tracce, le prime rose di nomi, restano. E pesano.
Stiamo entrando nel regno incontrastato dei massoni coperti. E siamo faccia a faccia con l’uomo che forse piu’ di tutti si e’ avvicinato frontalmente a questo moloch, autentico dark side del potere politico-economico e militare nel Paese.
«Non esistono – spiega per prima cosa il colonnello – elenchi unici dei massoni coperti, cosi’ come accade invece per gli iscritti ‘ufficiali’. Dai tempi della P2 (con la scoperta delle liste di Castiglion Fibocchi, cui peraltro mancavano i primi cinquecento nomi, mai portati alla luce) si sono fatti furbi. Cosi’ ora all’interno di ogni Loggia esistono tre tipi di faldoni. Quello ‘trasparente’, che e’ obbligatorio depositare in prefettura, lo trovi subito. Poi, ben custoditi in una sorta di sancta sanctorum, ce ne sono altri due: uno riguarda i confratelli ‘in sonno’ (ufficialmente sono coloro che per ragioni diverse non prendono parte ai riti attivi, ndr), ma l’altro contiene i nomi coperti da assoluto segreto. Si tratta generalmente di vip della politica, della sanita’ e anche della magistratura, oltre che dell’imprenditoria e del mondo accademico».
Sui primi trenta nomi di massoni coperti individuati dal colonnello nella citta’ italiana in cui ha lavorato per piu’ tempo, due sono magistrati in servizio. E gli altri, per almeno due terzi, sono collegati al potere in camice bianco: medici, professori o titolari d’imprese che gestiscono appalti nel settore grazie alla compiacenza di politici del ramo.
Per mesi, prima di entrare su mandato della magistratura nel loro tempio, il colonnello li ha pedinati, annotando la targa di tutte le auto che arrivavano a frotte dentro i ristoranti prescelti per le riunioni ‘fuori programma’. Poi ha eseguito i riscontri. Trovando fra i ‘coperti’ di quella Loggia molti dei vip accorsi alle cene organizzate dal gran maestro appositamente per loro. «Di sicuro – chiarisce il colonnello – la segretezza e’ prima di tutto interna all’organizzazione, nel senso che gli iscritti negli elenchi ufficiali non conoscono i nomi dei coperti. Questi ultimi, invece, interloquiscono direttamente coi gran maestri e, attraverso di loro, con le liste ‘riservate’ delle altre Logge. In buona sostanza, ben diversamente da quanto accadeva ai tempi di Licio Gelli, oggi il gran maestro e’ un personaggio di carattere prevalentemente rappresentativo, l’uomo super-fidato che tiene i collegamenti fra i diversi poteri esistenti all’interno delle Logge coperte».
SOTTO STRETTA COPERTURA
Lasciamo il colonnello alle sue inquiete giornate di indagini ‘salvavita’ e cerchiamo di guardare piu’ da vicino il fenomeno degli elenchi coperti. Ai quali, peraltro, in alcune citta’ si affiancherebbero delle vere e proprie Logge totalmente occulte (secondo una ‘leggenda metropolitana’, per esempio, esisterebbe a Napoli la potentissima Loggia Santa Lucia, che si riunirebbe nella zona dei grandi alberghi del lungomare e vedrebbe tra le sue fila magistrati, avvocati, politici di primo piano ed altri vip).
Negli ultimi vent’anni le inchieste sulla massoneria coperta che hanno fatto maggior clamore sono due e portano rispettivamente la firma di Agostino Cordova (inizio anni ’90) e di Luigi De Magistris (2007-8).
Partiamo da Cordova, un protagonista del pianeta giustizia in Italia cui – secondo attenti osservatori – proprio quelle indagini sono costate assai care, dal punto di vista della carriera e anche della salute. 26 ottobre 1992, Agostino Cordova, ancora in servizio alla Procura di Palmi (la Calabria, sempre…), pone sotto sequestro il computer del Grande Oriente d’Italia, contenente l’archivio elettronico di tutte le logge massoniche italiane.
Cosi’ manda i militari a piantonare l’apparecchio, dal momento che gli esperti ritengono rischioso trasferirlo da Roma a Palmi, per il possibile danneggiamento dei files. Cosa era successo? Nell’ambito di una delicata indagine sulla mafia Cordova ritiene necessario acquisire gli elenchi degli iscritti alla massoneria calabrese. A Villa Vascello, sede del Grande Oriente nella capitale, di fronte all’ordine della Procura vengono stampati e consegnati gli elenchi ufficiali. Ma un militare esperto d’informatica spedito a Roma da Cordova scopre l’esistenza, nel computer, di una memoria ‘coperta’. «Procuratore, ci vogliono fare fessi, che faccio?», e’ il senso della telefonata. E Cordova, dall’altro capo del filo, dispone ad horas il primo ‘piantonamento informatico’ della storia giudiziaria italiana.
Si trattava anche della prima applicazione – dieci anni dopo la sua entrata in vigore – della legge Anselmi che vieta le societa’ segrete e punisce fino a cinque anni di carcere chi le organizza. Gustavo Raffi, oggi gran maestro del GOI, era all’epoca avvocato della massoneria. Insieme al collega e confratello Enzo Gaito invia una secca smentita agli organi di stampa: niente elenchi coperti. Ma i nomi erano stati gia’ acquisiti dalla Procura. Provvidenziale arrivo’ l’ordine di trasferire per competenza a Roma le indagini. E ancor piu’ salvifico fu il ruolo del pm che venne delegato.
Era Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, che sarebbe diventata di li’ a poco personalita’ di spicco a via Arenula nei governi targati Berlusconi. Quell’inchiesta naufraga nel 2001 in una colossale archiviazione. «E da allora – racconto’ Cordova alla Voce in un’intervista di qualche anno fa, alla vigilia del suo trasferimento forzato dalla Procura di Napoli – quei faldoni sono rimasti a marcire dentro i sotterranei di Piazzale Clodio».
Quanto a lui, l’ex ‘minotauro’ descritto da Giorgio Bocca nell’Inferno, oggi e’ un anonimo magistrato di Cassazione, dopo le ripetute punizioni inflittegli dal Csm. E nel cuore malandato porta due o tre bypass.
QUANDO SI DICE SAN MARINO…
Quindici anni dopo la storia in qualche modo si ripete. A toccare il santuario dei massoni coperti e’ stavolta una coppia di investigatori di spicco che – corsi e ricorsi – parte ancora dalla Calabria. L’allora pubblico ministero di Catanzaro Luigi De Magistris ed il consulente nominato dalla Procura, l’esperto informatico e vicequestore Gioacchino Genchi, a scoperchiare quel santuario ci hanno provato per davvero, e con tutti i riscontri necessari. Senza alcun timore reverenziale nemmeno per il premier dell’epoca Romano Prodi o per il suo ministro della Giustizia Clemente Mastella, che dentro quell’inchiesta rimasero a diverso titolo coinvolti. E’ storia recente e si conclude a marzo di quest’anno con la richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica di Catanzaro per Romano Prodi e altri 9 indagati.
In sostanza – si desume dal documento – la magistratura non esclude che esista una Loggia massonica segreta a San Marino, come ipotizzato da De Magistris, ma la Procura di Catanzaro non ha potuto penetrare nel segreto bancario e politico della Repubblica del Titano per accertarlo. Resta il fatto che San Marino non ha mai risposto alle rogatorie disposte da De Magistris. E’ sufficiente ignorare le richieste di una Procura della Repubblica italiana per mandare tutti all’archiviazione?
Quanto a lui, il coraggioso ex pm di Catanzaro, ai duri provvedimenti adottati nei suoi confronti dal Csm (trasferimento a Napoli e cambio di funzioni), si sono aggiunte le mazzate inflitte dallo stesso organo di autogoverno ai colleghi Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani della Procura salernitana (rispettivamente spediti a Latina e a Cassino), che insieme al procuratore capo Luigi Apicella (sospeso da stipendio e funzioni) in due anni di meticoloso lavoro avevano ricostruito il golpe politico-giudiziario ordito per ‘far fuori’ quel pubblico ministero catanzarese assai poco ossequioso verso il potere.
DA VILLA NUCCIA A TINEBRA
Ma quella non non era la prima volta che De Magistris andava a sbattere il muso sulle granitiche mura delle Logge massoniche coperte. Marzo 1997, il giovane magistrato partenopeo, da poco applicato alla Procura catanzarese, porta alla luce l’esistenza di una clinica degli orrori. Secondo l’accusa nella casa di cura psichiatrica Villa Nuccia sarebbero avvenuti un centinaio di decessi sospetti nel corso degli anni, mentre numerose testimonianze parlavano di maltrattamenti ai ricoverati e perfino di certificati medici compiacenti per i figli dei boss delle ‘ndrine. Su tutto comincia ad allungarsi l’ombra di una massoneria che appare fin da subito tutt’altro che alla luce del sole. Fra i 21 arrestati spicca l’ex ufficiale medico Antonino Bonura, responsabile di Villa Nuccia, definito da Repubblica «esponente della massoneria». Ma il suo nome, negli elenchi ufficiali, non c’e’. Con lui in manette il colonnello medico Salvatore Moschella, dirigente dell’ospedale militare di Catanzaro, e Massimo Massara, direttore sanitario di Villa Nuccia. Moschella e’ oggi nuovamente direttore sanitario della clinica, che prosegue la sua attivita’ in convenzione con la Regione Calabria. Lo stesso Ente nel quale attualmente Bonura riveste il delicato ruolo di dirigente del settore Politiche sociali. Per entrambi infatti, cosi’ come per gli altri imputati, i diversi tronconi del processo hanno in seguito condotto al proscioglimento.
Ma perche’ nasceva quell’alone massonico intorno alla figura di Bonura? Ecco come ricorda la vicenda il capitano Attilio Auricchio, braccio destro di De Magistris in quell’inchiesta, dinanzi ai magistrati salernitani Nuzzi e Apicella: «Antonino Bonura, oltre ad essere un medico del settore neuropsichiatrico, era il governatore nazionale del Kiwanis Club. Il dato era d’interesse investigativo perche’ attraverso il citato club il Bonura manteneva legami con altri medici, coinvolti nella medesima inchiesta, e ad altri personaggi».
Gia’, il Kiwanis. Fortissimo in Calabra, con altri epicentri in Toscana, Lombardia e a San Marino, il club, sbandierando le consuete finalita’ ‘umanitarie”, vanta origini di chiaro stampo massonico. Lo ha ricordato per esempio, a marzo 2007, il gran maestro aggiunto del Goi Massimo Bianchi dinanzi ad una affollata platea di iscritti al Kiwanis giunti da tutta Italia all’Holiday Inn di Firenze: «Amici – ha detto – il Kiwanis International, al pari di altri club service quali Rotary e Lions, vede tra i suoi fondatori proprio dei massoni».
Nell’elenco dei soci fondatori, gran maestri, luogotenenti e aggiunti del Kiwanis, De Magistris si imbatte’ subito in un nome che gia’ allora era famoso. Si tratta del magistrato Giovanni Tinebra (oggi procuratore generale a Catania dopo una lunga permanenza al vertice del Dap), il quale proprio in quegli stessi anni era a capo delle indagini sulle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Tinebra e’ stato dall’85 all’86 governatore del distretto Kiwanis di Cosenza. Il motto da lui prescelto era: ‘miglioriamo il domani’.
MASSONI NELL’ELMO
Non e’ ancora finita, la storia di Villa Nuccia e di quell’inchiesta denominata ‘Shock’. Perche’ uno fra i due testimoni che avevano dato il ‘la’ alle prime indagini si chiamava Francesco Elmo.
Chi e’ Elmo? Il 4 marzo del 2004 qualcosa di interessante su di lui la racconta il magistrato napoletano Paolo Fortuna dinanzi alla commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin. Il riferimento era agli anni (gli stessi dell’inchiesta su Villa Nuccia: 1995-96) in cui Fortuna e il collega Giancarlo Novelli dalla Procura di Torre Annunziata avevano scoperchiato il bubbone a base di traffici d’armi e materiali nucleari, faccendieri e prelati, massoni e bancarottieri, denominato Cheque to cheque. Ai due pm Francesco Elmo aveva parlato del caso Alpi, «presentandosi come ex collaborante esterno dei Servizi, piu’ precisamente del Sismi». Ritenuto attendibile da Novelli e Fortuna «per cio’ che lo riguardava e quando narrava fatti cui era presente e, quindi, chiamava in correita’ di persone che hanno svolto con lui un’attivita’ di movimentazione di queste linee di credito (erano venute alla luce illeciti giri per ingenti somme di denaro presso un notaio svizzero, ndr)», Elmo racconto’ fra l’altro che presso quello studio elvetico aveva assistito alla preparazione di un traffico di armi verso la Somalia, indicando per giunta il nome del personaggio che sarebbe stato artefice dell’operazione, Omar Mugne. Quel filone d’indagine fu poi assunto personalmente – conclude Fortuna – dal procuratore capo di Torre Annunziata Alfredo Ormanni, che successivamente lo trasferi’ ai colleghi della capitale.
Negli stessi anni, dunque, Elmo rendeva rivelazioni dinanzi a De Magistris sui collegamenti che asseriva esistere fra la clinica Villa Nuccia, la massoneria e le cosche calabresi. Dov’e’ ora Elmo? Quando la commissione lo chiede al dottor Fortuna, lui risponde: «per un periodo e’ stato addirittura sotto protezione. Potrebbe ancora esserlo». Resta il fatto che, secondo quanto spiegato da un membro della stessa commissione d’inchiesta sul caso Alpi, Pietro Cannella di AN, esiste «un’informativa del Sisde che indica in Mugne non soltanto un uomo dai molteplici traffici, ma anche un personaggio collegato direttamente o indirettamente a Bin Laden».
LA TORRE INCAPPUCCIATO
Un contesto che scotta, come si vede. Ma a finire nel mirino degli incappucciati non sono stati solo i due magistrati che la guerra ai massoni coperti la avevano dichiarata apertamente, come Cordova e De Magistris. Altri pubblici ministeri, conducendo inchieste sulle connection fra mafie e poteri deviati, debbono aver incrociato sul loro cammino investigativo – magari senza talvolta averne piena consapevolezza – il solito muro dei massoni ‘coperti’.
Il riferimento, piu’ che mai preciso, e’ alle minacce di morte che a fine dello scorso hanno colpito due toghe da sempre in prima linea nel contrasto al crimine organizzato: Raffaele Cantone e Maria Antonietta Troncone. Il primo e’ stato colui che materialmente ha arrestato uno fra i piu’ sanguinari e pericolosi boss della camorra, Augusto La Torre. La seconda non si e’ occupata direttamente di lui, ma attraverso le rivelazioni di un altro collaboratore di giustizia e’ venuta a conoscenza di essere bersaglio dello stesso boss, divenuto nel frattempo una gola profonda. Con i due pubblici ministeri, anche lo scrittore Roberto Saviano, che proprio ai La Torre dedica la lunga parte finale di Gomorra.
Tutti e tre, probabilmente, andati ad impattare contro quella massoneria coperta che, stavolta, attraversa la Manica, e dai lidi della Domiziana conduce fino alla Scozia, precisamente ad Aberdeen.
E’ noto infatti che proprio nelle fredde lande scozzesi la cosca mondragonese dei La Torre ha messo su da anni un autentico impero di attivita’ commerciali ed imprenditoriali, tutte basate – secondo le ricostruzioni degli investigatori, che nel 2005 arrestano anche Antonio La Torre, fratello e prestanome di Augusto – sulle attivita’ illecite portate avanti da sempre in madrepatria, prevalentemente droga e racket.
Pochi si sono domandati, finora, perche’ la terra prescelta sia stata proprio la Scozia. Noi, allora, proviamo a fare il giro a ritroso. Partendo dai traffici di rifiuti che tuttora vedono in prima fila il clan di Mondragone (nell’ambito di un’inchiesta che ha toccato anche il parlamentare di AN Mario Landolfi), i magistrati della Dda hanno piu’ volte portato alla luce i collegamenti massonici dei diversi personaggi coinvolti (a cominciare dalle frequenti puntate a Villa Wanda del superboss dei Casalesi Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte).
Ed e’ proprio ad Aberdeen che ha sede una fra le piu’ potenti logge massoniche della Gran Bretagna. Si tratta della Grand Masonic Lodge of Scotland con ben tre dipartimenti provinciali nella citta’ scozzese, in primis quello di Crown Street 85 retto dal gran maestro Alexander Angus. Di particolare interesse il gemellaggio con le logge estere (Sister Grand Lodges with which the Grand Lodge of Scotland is in Fraternal Amity). Per l’Italia troviamo subito, seguendo il link, la Gran Loggia Regolare degli Antichi, Liberi e Accettati Muratori d’Italia. «Unica Obbedienza Massonica Italiana – viene specificato con tanto di maiuscole – Riconosciuta dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra». Capitanata dal gran maestro «Ill.mo e Ven.mo Fr. Fabio Venzi», a differenza della ‘consorella’ scozzese questa obbedienza italiana non pubblica alcun nome dei suoi iscritti, nemmeno quelli dell’organigramma che le massonerie estere rendono invece pubblici fin dal sito internet. Fra le news si segnala l’inaugurazione, prevista per il prossimo 15 settembre, di una nuova sede della Gran Loggia Regolare d’Italia a Napoli, nella Galleria Umberto, luogo simbolo anche di altre consorterie muratorie.
Ce n’e’ abbastanza per pensare che Cantone, Troncone e Saviano, nello scontro investigativo-giudiziario con lo psico-boss La Torre (si definisce studioso di Jung ed invia le richieste ai magistrati sulla sua carta intestata…), si siano imbattuti nella compagine massonica coperta che vede tra gli affiliati occulti anche i leader di alcune organizzazioni criminali? Per ora e’ solo un’ipotesi, intorno alla quale s’innestano pero’ numerose coincidenze. Di certo resta il fatto che, almeno nel caso della Troncone, le stranezze e gli interrogativi aperti sono davvero tanti.
CACCIA A MARIA ANTONIETTA
Ricostruiamo percio’ con alcuni dettagli inediti la vicenda che riguarda il pm Maria Antonietta Troncone cui finora la stampa – tranne un articolo di Marco Imarisio sul Corriere della Sera, Antimafia 2000 e la Voce – ha riservato assai poco spazio, benche’ le minacce risultino estese perfino a sua figlia. Al punto che proprio in queste ore la Procura di Roma dovra’ decidere se andare avanti o archiviare in merito alla denuncia presentata come parte offesa da Troncone – attualmente procuratore aggiunto a Nola, dove e’ vice del procuratore capo Paolo Mancuso – e negli stessi giorni la prefettura di Napoli si pronuncera’ sul mantenimento – o meno – della scorta per lei e per la giovane. Possibile che provvedimenti e misure di tale urgenza, per tutelare l’inflessibile pubblico ministero di processi come quelli ai clan Giuliano e Alfieri, possano essere addirittura messi in discussione?
Autunno 2008. A rendere note le minacce rivolte dal boss La Torre alla Troncone e’ il collaboratore di giustizia Luigi Viesto, che era stato detenuto per un certo periodo nel carcere di Torino, dove era ristretto Augusto La Torre. Da sempre il boss, come e’ noto agli investigatori, contatta in carcere altri detenuti per organizzare, attraverso loro parenti o affiliati, traffici e manovre all’esterno. Cosi’ era accaduto con Viesto, la cui sorella avrebbe dovuto prendere parte ad una ‘missione’ camorristica. Viesto pero’ non ci sta. E rivela che La Torre ha un piano per eliminare la Troncone, dichiarando di avere appreso la circostanza attraverso una lettera ricevuta da Antonio Forte, altro pentito che aveva trascorso un lungo periodo di detenzione a Ferrara insieme a La Torre.
Perche’ Forte si decide a parlare? E per quale motivo nel mirino di La Torre finisce proprio la Troncone, che non aveva mai condotto indagini a suo carico?
Partiamo dal primo interrogativo. Ergastolano, origini salernitane, Antonio Forte era stato interrogato anni addietro dalla Troncone nel carcere di Secondigliano nell’ambito delle indagini sul clan Scarpa di Torre Annunziata. In quella occasione Forte aveva riferito al magistrato di sentirsi minacciato, affermando che esisteva un progetto per avvelenarlo. La Troncone segnalo’ la circostanza al giudice di sorveglianza e Forte fu trasferito a Ferrara. Interrogato a novembre 2008 in merito alle rivelazioni sul progetto di La Torre di eliminare la Troncone, Forte dichiaro’ di non aver dimenticato quanto quel trasferimento fosse stato importante per lui.
Dunque Forte parla perche’ memore di quel provvedimento. Resta il fatto che le missive inviate da Forte a Viesto e da quest’ultimo alla Dda partenopea sarebbero rimaste a lungo nei cassetti della Procura prima che a fine 2008 scoppiasse il caso. E che a rivelare il piano omicida ai danni della figlia della Troncone, imprimendo una netta accelerata nelle indagini, e’ stato l’avvocato di Viesto, la battagliera Clelia Scioscia. Ma tutto cio’ accade solo ad aprile di quest’anno. Perche’ nessun altro aveva ottenuto questa rivelazione dal pentito? E come mai la procura di Roma, che indaga sulla vicenda, non ha interrogato ancora Giovanni Ballachino, recluso nel cartere di Secondigliano, vale a dire colui che avrebbe svelato a Viesto questa ulteriore minaccia? Ancora: cosa c’e’ di vero in quanto raccontato sempre da Viesto, e cioe’ di essere stato intimidito da una guardia carceraria a Secondigliano, che gli avrebbe detto: «appena la dottoressa ha ricevuto ‘il regalo’, tu devi ritrattare tutto. Hai capito?». Perche’ ad oggi Viesto non e’ stato ancora messo a confronto con le guardie?
Le minacce alla Troncone, da ultimo, vengono confermate a maggio da un altro pezzo da novanta della camorra campana, Felice Graziano. «Voi e la dottoressa Troncone siete due cadaveri che camminano. E’ un favore tra i Casalesi e La Torre, per rinforzare le alleanze», ha dichiarato Graziano rivolto al suo avvocato, la torinese Loredana Gemelli. Secondo il superpentito Graziano, fin dal 2004 La Torre aveva chiesto il tritolo per far saltare in aria ‘la dottoressa’ e ‘fare cosi’ un piacere’ ai superlatitanti Iovine e Zagaria. Di sicuro in quegli anni – come racconta Saviano in Gomorra – il boss di Mondragone era alle prese con un’escalation che gli avrebbe fruttato il primato all’interno dei clan del casertano, casalesi compresi.
In un’interpellanza urgente la parlamentare del PD Laura Garavini, insieme all’intero gruppo del suo partito, interroga i ministri della Giustizia e dell’Interno per sapere come mai Augusto La Torre, benche’ siano stati portati alla luce i suoi piani criminali di attentato alla vita di Cantone e della Troncone, godesse ancora dello status di collaboratore di giustizia e, con lui, anche i suoi familiari. «Di sicuro, se il boss coltivava un antico progetto di eliminare la rigorosa pm – dicono in ambienti investigativi dell’antimafia – l’intento e’ stato rafforzato da quando, dopo il clamore suscitato dalle rivelazioni di Viesto, gli e’ stato negato il permesso, gia’ accordatogli, di presenziare alle nozze del figlio». Senza contare che fu solo dopo l’interpellanza della Garavini che i magistrati decisero per lui l’applicazione delle misure rigide del 41 bis. Eppure ancora oggi le ‘garanzie’ in favore di La Torre, adombrate nell’interpellanza della Garavini quasi come favoritismi, continuerebbero. Protezioni ‘dall’alto’? E perche’? Forse per la colleganza con alcuni confratelli incappucciati di Aberdeen e dintorni?
A rendere il tutto piu’ incandescente ci sono le risposte non ancora arrivate dalla Procura di Roma, dove il caso delle minacce di La Torre alla Troncone e’ affidato al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, coordinatore della Dda, e al pubblico ministero Giuseppe De Falco (quest’ultimo segnalatosi recentemente per la dura richiesta di arresto dei no global al G8 di Roma 2009, richiesta poi non convalidata dal gip Barbara Callari).
Senza contare un’ultima circostanza. La piu’ inquietante: l’oscuramento stampa deciso sulla vicenda Troncone. Un pm di prima linea e sua figlia minacciate di morte dal boss piu’ pericoloso e sanguinario che sia stato conosciuto. Con tanto di conferme incrociate di tre pentiti. Ma di questa storia – secondo quanto trapela da alcune indiscrezioni – nemmeno a Roberto Saviano e’ stato concesso di occuparsi sui giornali.
TANTA VOGLIA DI YORK
Che siano coperti o inseriti in elenchi ufficiali (quelli, per intenderci, che solo la Voce delle Voci ha pubblicato giusto un anno fa), i massoni italiani sono protesi, tutti, verso gli alti gradi del Rito di York. Si tratta di una supercupola ammantata da intenti eterei, sublimi elevazioni e somme contemplazioni estatiche. Che riunisce pero’ alcune fra le piu’ potenti organizzazioni nel mondo, dai Templari alla Croce Rossa, fino ai Cavalieri dell’Ordine di Malta.
Denominata anche ‘Arco Reale’ e riconosciuta dal Grande Oriente d’Italia (benche’ esista un identico link anche nel sito della Gran Loggia regolare d’Italia, quella gemellata ai massoni di Aberdeen, per intenderci), l’augusta compagine e’ capitanata in Italia dal ‘Sommo Sacerdote’ Giuseppe Fabbri, bolognese. Nel suo cursus honorum, la carica di ‘Maestro Segreto di IV grado’ nel ’79 e, nell’85, quella di ‘Principe di XVIII grado’.
Tre le suddivisioni di questa super-massoneria. Si parte con il ‘Gran Capitolo’, quindi il ‘Gran Concilio’ (detto anche della ‘Massoneria Criptica’ ed attualmente dominato dal gran maestro Franco Baioni), per culminare con la ‘Gran Commenda dei Templari’ che a sua volta comprende Cavalieri della Croce Rossa, Ordine del Tempio e Malta. Alla sua testa siede oggi l’«Emin.mo. Gran Commendatore S.K. Emilio Attina’».
Particolarmente attivi i napoletani, a quanto pare, nel Rito di York. Da qualche tempo, infatti, il sodalizio partenopeo vede crescere a vista d’occhio l’influenza dei massoni del Grande Oriente che si riconoscono, appunto, nel locale ‘Arco Reale’. «Dovrebbe trattarsi, almeno nel caso napoletano – dice un ex confratello pentito – di una loggia ‘trasversale’ con una netta propensione per gli affari. Ne fanno parte circa 60 confratelli tra gli iscritti regolari». Sommo sacerdote del Rito di York a Napoli e’ il commercialista Giovanni Esposito, presente nell’organigramma di numerose ed importanti societa’, molte delle quali abituali destinatarie di appalti pubblici. Gli altri membri della superloggia napoletana sono prevalentemente avvocati, medici, funzionari pubblici e un paio di esponenti della politica locale.
Superattivo tanto sul terreno professionale quanto nei cieli massonici, il quarantenne Esposito avrebbe oggi assunto una posizione di assoluta egemonia sulle logge campane, non meno che su quelle della Basilicata. E se non esistono prove certe della sua cotemporanea affiliazione a logge estere, risultano invece sicure le frequenti missioni compiute a capo di ristrette delegazioni massoniche in Paesi come Montecarlo e il Montenegro dove, anche di recente, avrebbe incontrato nomi che contano della finanza e dell’imprenditoria, locale e soprattutto italiana. Lungo la nostra penisola, invece, i suoi interessi spaziano dalla Campania al Piemonte, fino a Liguria, Sardegna e Calabria. (FURIO LO FORTE)