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Come si ricicla il denaro sporco della camorra. Coinvolto manager IKEA e promotore finanziario beneventano.

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Da Il Mattino del 20/05/2009

Montecarlo e Caraibi, il forziere del clan. Conti correnti e società per riciclare il denaro sporco. Regista dell’operazione un manager Ikea. Cinque milioni di euro spediti nei paradisi fiscali Posizioni cifrate, nome in codice del padrino «C3»

LEANDRO DEL GAUDIO. L’uomo d’oro della più potente macchina da guerra della camorra non ha mai impugnato la pistola, anzi, è uno che fa volontariato assieme alla moglie, che si è laureato a pieni voti e che svolge una professione alla luce del sole. Si chiama Michele Orabona, classe ’66, ed è il commercialista di fiducia del boss Raffaele Amato, ma può vantare anche un incarico di prestigio: per anni dirigente all’Ikea di Afragola, manager della casa svedese (che risulta completamente estranea all’inchiesta). In cella da ieri mattina, come «regista occulto di tutte le transazioni economiche del clan» – sono parole del gip Laviano -, Orabona avrebbe svolto un ruolo prezioso secondo le indagini della Tributaria della Guardia di Finanza del colonnello Nicola Altiero. A capo di uno studio associati di commercialisti a Secondigliano, il 42enne si sarebbe specializzato in «money laundering», operazioni di riciclaggio in grande stile, nei paradisi fiscali di mezzo mondo: a Montecarlo, ai Caraibi, alle Isole vergini. Uno con il fiuto per gli affari, secondo i pm Luigi Alberto Cannavale e Stefania Castaldi, ma anche con un discreto senso pratico, tanto che quando tra il 2004 e il 2005 infiamma la guerra dei sessanta omicidi per la droga, Michele Orabona sparisce dalla scena e resta a guardare come tira il vento. Aspetta il momento giusto e ritorna in circolazione, spezzando gli antichi rapporti con i Di Lauro e passando con Raffaele Amato. Da qui, inizia la sua ascesa, in una storia giudiziaria che attende la versione difensiva di un professionista da considerare innocente fino a prova contraria. Su di lui e sui due fratelli Antonio e Vincenzo (anch’essi in cella) alcune intercettazioni: «Il commercialista in tempi di guerra fuggiva sempre», si lamenta un affiliato. Poi, a settembre del 2005, dopo un summit di riassestamento, Orabona diventa una «indispensabile intermediazione nel sistema creditizio altrimenti irraggiungibile». Eppure tutto ha inizio dalla gestione di una società di salumi, una delle scatole cinesi con cui ripulire soldi. In pochi anni, vengono piazzati fino a 5 milioni in diversi conti correnti. È la latitanza dorata di Raffaele Amato. Scarcerato per un vizio di forma, il boss degli «spagnoli» si fa chiamare «C3» al telefono: nome in codice, schede riservate (usate dai terroristi islamici) e l’ordine al commercialista di spostare a Montecarlo i milioni di racket e droga: quattro conti correnti alla «Banque Monegasque de Gestion», nel Principato di Monaco, per custodire la parte liquida del tesoro di Raffaele Amato. Ma per arrivare al «paradiso» monegasco, la Finanza segue le orme di Elmelinda Pagano, 44enne moglie di Raffaele Amato, e sorella del boss Cesare Pagano. Non mancano i consulenti esterni, tra gli uomini d’oro della camorra: Paolo Lamberti, ex vicedirettore della Banca monegasca de gestion; in cella anche l’operatore finanziario di Perugia Riccardo Fusari; due direttori di banca, Raffaele Tazza e Stefano Romano (rispettivamente alla guida della filiale beneventana di Sviluppo Italia e di una filiale napoletana della San Paolo); oltre a Gaetano Pezzella, 54 anni, titolare di un’azienda di salumi, soprannominato «’o tecnologo». Tre conti correnti cifrati, un quarto faceva capo ad Antonio e Michele Orabona. Sotto sequestro anche una finanziaria a Panama, la «Radnor InvSa», controllata dalla «Moore Rowland International», legata alla «Palm tree enterprise ltd» (Isole Vergini) e che proteggeva un quinto conto corrente. Un conto aperto anche alla Westminster Bank di Londra, intestato alla «Starfield investments ltd», ed un altro a «La Caixa» cassa di risparmio di Barcellona, intestato a «La mer vacanze immobiliare sl», con sede nella città catalana. La «Starfield Investments ltd» era proprietaria di due terreni edificabili (valore 500 mila euro) a Malaga, dove il boss Amato puntava a realizzare discoteche e impianti turistici.

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