ATTENZIONE: La pubblicazione degli articoli continua sul sito www.altrabeneventopossibile.it
You Are Here: Home » Ambiente » Terremoto » Berlusconi considera “metastasi” i magistrati che hanno condannato l’Impregilo per reati ambientali in Toscana

Berlusconi considera “metastasi” i magistrati che hanno condannato l’Impregilo per reati ambientali in Toscana

Stampa questo articolo Stampa questo articolo

berlusconi-ferroviereLa strana coppia Berlusconi-Impregilo e il Ponte sullo Stretto – 27/03/09

di Antonio Mazzeo

«È una cosa drammatica che i vertici di Impregilo dopo lavori difficili per la tratta ad alta velocità della Bologna-Firenze si sono trovati assolti dalla magistratura di Bologna e condannati a ben 5 anni da quella di Firenze. È qualcosa di patologico, è una metastasi del nostro Paese cui dobbiamo reagire perché c’è qualcuno che usa la legge come un Moloch che deve colpire. Dobbiamo trovare una via di uscita, altrimenti le società non vorranno fare lavori sul nostro territorio». La pensa così il premier Silvio Berlusconi sulla pesante condanna inflitta all’amministratore delegato d’Impregilo, Alberto Rupegni, a conclusione del processo sui crimini ambientali dei lavori per l’Alta Velocità.
Il governo ha un asso nella manica per evitare che future inchieste della magistratura possano avere conseguenze sull’iter di realizzazione delle Grandi Opere, primo fra tutti il Ponte sullo Stretto, ad altissimo rischio d’infiltrazione mafiosa. L’affidamento di tutti i controlli ad un commissario ad acta, mettendo fuori gioco le procure locali e derogando dalle leggi generali. Lo ha rivelato «Milano Finanza» con un documentato articolo dal significativo titolo “Impregilo, niente scherzi sul Ponte”.

E che si faccia realmente sul serio lo dimostrano le parole di ringraziamento del presidente della grande società di costruzioni, Massimo Ponzellini. Intervenendo alla cerimonia di inaugurazione della prima linea del famigerato termovalorizzatore di Acerra – presente Berlusconi – Ponzellini ha affermato «che con il premier al nostro fianco, dopo aver realizzato quest’opera, sapremo vincere altre sfide, come quella della Salerno-Reggio Calabria e del Ponte sullo Stretto…».

Amore antico quello del Signore di Arcore per Impregilo e l’Ecomostro dello Stretto di Messina. Berlusconi ha pubblicamente rivendicato come sia stato proprio il suo precedente governo a sollecitare un accordo tra le aziende italiane per progettare e realizzare in tutta tranquillità la megaopera. Nel corso di un comizio tenuto nel novembre 2008 durante la campagna elettorale per l’elezione del Governatore della regione Abruzzo, Berlusconi ha dichiarato: «Sapete com’è andata col Ponte sullo Stretto? Avevamo impiegato cinque anni a metter d’accordo le imprese italiane perché non si presentassero separate alla gara d’appalto ma in consorzio… Eravamo andati dai nostri colleghi chiedendo che le imprese non si presentassero in modo molto aggressivo, proprio perché volevamo una realizzazione di mano italiana, e poi avremmo saputo ricompensarli con altre opere pubbliche».

L’episodio è stato raccontato dal giornalista Marco Travaglio su «L’Espresso» del 30 dicembre 2008. Come sottolineato dallo stesso Travaglio, «se le parole hanno un senso, il premier spiega di avere – non si sa a che titolo – aggiustato una gara internazionale per far vincere Impregilo sui concorrenti stranieri, invitando quelli italiani a farsi da parte in cambio di altri appalti (pilotati anche quelli?)».

Di certo in casa Berlusconi non erano in pochi i profeti in grado di prevedere per filo e segno quello che sarebbe stato l’esito della gara per scegliere la società a cui affidare i lavori tra Scilla e Cariddi. «La gara per il Ponte sullo Stretto la vincerà Impregilo», dichiarò nel corso di una telefonata con Paolo Savona (l’allora presidente d’Impregilo), l’economista Carlo Pelanda, proprio ala vigilia dell’apertura delle offerte delle due cordate in gara. Nel corso della stessa telefonata Pelanda spiegò di avere avuto assicurazioni in merito dal senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, già presidente di Publitalia ed amministratore delegato di Mediaset. Sfortunatamente, il colloquio tra Paolo Savona e l’amico Carlo Pelanda fu intercettato dagli inquirenti della procura di Monza nell’ambito dell’inchiesta sulla società di Sesto San Giovanni per falso in bilancio, false comunicazioni sociali ed aggiotaggio.

Incuriositi dalla singolare vocazione profetica dell’interlocutore, i magistrati lombardi interrogarono Paolo Savona sul senso di quella telefonata. «Era una legittima previsione», risponderà Paolo Savona. «Il professor Pelanda mi stava spiegando che noi eravamo obiettivamente il concorrente più forte». Carlo Pelanda, editorialista del “Foglio” e del “Giornale” – quotidiani del gruppo Berlusconi – ricopriva al tempo l’incarico di consulente del ministro della difesa Antonio Martino, origini messinesi e uomo di vertice di Forza Italia. Pelanda era pure un intimo amico di Marcello Dell’Utri, al punto di aver ricoperto l’incarico di presidente dell’associazione “Il Buongoverno”, fondata proprio dal senatore su cui pesa una condanna in primo grado a 9 anni di termovalorizzatorereclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Gara piena di anomalie e stranezze quella per il general contractor del Ponte di Messina. Alla fase di pre-qualifica riuscì a partecipare perfino una società su cui sarebbe stato rilevante il controllo la potente organizzazione mafiosa nordamericana diretta dal boss Vito Rizzuto. Poi, uno dopo l’altro, si ritirarono inaspettatamente quasi tutti i grandi gruppi esteri partecipanti. Il 18 aprile 2005 (quarantotto ore prima della scadenza dei termini fissati dal bando), giunse inaspettata la decisione dei vertici della Stretto di Messina S.p.A., società pubblica concessionaria per il Ponte, di concedere ai consorzi in gara un mese di tempo in più per la presentazione delle offerte. Le ragioni della benevola proroga restarono ignote, ma gli osservatori finanziari la giudicarono perlomeno discutibile, anche perché i tre mesi precedenti erano stati caratterizzati da altalenanti e contraddittori contatti tra i due colossi italiani capofila delle cordate in gara, l’Impregilo di Sesto San Giovanni e l’Astaldi di Roma.

Impregilo era al centro di una grave crisi finanziaria ed i vertici aziendali erano stati azzerati dall’inchiesta della procura di Monza. Per evitare il tracollo finanziario i principali azionisti della società avevano invocato l’intervento del governo e delle banche creditrici, auspicando l’ingresso di nuovi e più solidi soci. Nel febbraio 2005 i manager Astaldi dichiararono la propria disponibilità a fornire 250 milioni di euro per ricapitalizzare la società di Sesto San Giovanni, ma la loro offerta veniva respinta. In Impregilo fece invece ingresso un consorzio, IGLI, costituito appositamente dai gruppi Argofin (Marcellino Gavio), Techint-Sirti, Efibanca ed Autostrade S.p.A. (gruppo Benetton). Efibanca, Techint e Sirti cederanno un anno più tardi la loro quota di IGLI a Salvatore Ligresti, il costruttore originario di Paternò a capo del gruppo assicurativo Fondiaria-Sai.

Sfumata l’ipotesi di una compartecipazione in Impregilo, Astaldi propose alla “concorrente” un’alleanza strategica per la formulazione di un’unica offerta per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. «Dopo la fuga di partner stranieri di entrambe le cordate e la scarsa convinzione degli altri, il buon senso vorrebbe che i due gruppi in qualche modo mettessero insieme le forze», dichiarò Vittorio Di Paola, amministratore delegato di Astaldi, dopo che due società spagnole partner di Astaldi si erano ritirate dalla gara. Il 2 maggio 2005, il nuovo consiglio d’amministrazione di Impregilo respinse però la vantaggiosa offerta di alleanza.

Coincidenza vuole che negli stessi giorni era stata depositata un’interrogazione parlamentare al Ministro delle Infrastrutture, a firma dei senatori Brutti e Montalbano (Ds). In essa si affermava che la presentazione di un’unica offerta da parte di Astaldi e Impregilo per il Ponte sullo Stretto «configurava un’effettiva turbativa d’asta e quindi l’irregolarità della gara». Nell’interrogazione i due parlamentari denunciavano che i due raggruppamenti avevano avviato « una trattativa con i buoni uffici di un noto avvocato, consulente legale dell’ANAS per la sorveglianza sui lavori dell’Impregilo, notoriamente legato da vincoli professionali ventennali con l’impresa Astaldi, per giungere, attraverso un rimescolamento delle carte, a presentare un’unica offerta in comune tra Astaldi e Impregilo, riducendo in tal modo ad uno il numero dei partecipanti effettivi alla fase conclusiva della gara stessa».

Brutti e Montalbano aggiungevano che il rinvio dei termini della gara in questione «era stato fortemente sollecitato alla società Stretto di Messina da una delle due società concorrenti, indebolita nella sua composizione interna dall’uscita di un fondamentale partner francese». Sempre secondo gli interroganti, a tal fine il consiglio d’amministrazione della società concessionaria aveva inserito nel bando una clausola che consentiva di aggiudicare la gara anche in presenza di una sola offerta.

«Appare quanto meno sospetto un rinvio dei termini idoneo a far maturare un accordo tra i due concorrenti e la contemporanea decisione di modificare il bando, che sembra proprio spingere nella direzione dell’accordo tra i concorrenti», commentavano i senatori diessini.

Quando alla scadenza del termine, giunsero le offerte delle uniche due cordate rimaste in gara, certe “anomalie” furono sotto gli occhi di tutti. In meno di un anno si erano verificati cambiamenti rilevanti nelle composizioni dei raggruppamenti. Nell’associazione temporanea a guida Impregilo, ad esempio, non comparivano più la società statunitense Parsons. Nella cordata a guida Astaldi spiccava invece la scomparsa del Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna. Vere e proprie fughe provvidenziali, verrebbe da dire, dato che hanno permesso la conclusione della gara diradando alcuni dei dubbi di legittimità e regolarità.

Il forfait di Parsons evitava infatti che la transnazionale finisse nella ragnatela dei conflitti d’interesse che hanno segnato la stagione delle selezioni dei soggetti chiamati alla realizzazione del collegamento stabile. La controllata Parsons Transportation Group, a fine 1999, era stata nominata “advisor” dal Ministero dei lavori pubblici per approfondire gli aspetti tecnici del progetto di massima del Ponte di Messina. La stessa Parsons Transportation Group ha poi partecipato al bando per il Project Management Consultant per la vigilanza delle attività del general contractor del Ponte. Se Parsons Transportation Group avesse vinto questa gara (cosa poi puntualmente verificatasi) e la società madre fosse rimasta associata ad Impregilo, la Stretto di Messina si sarebbe trovata nella spiacevole situazione di affidare i due bandi multimilionari ad una medesima entità, in cui avrebbero coinciso controllore e controllato.

Altrettanto miracolosa l’uscita di scena del Consorzio Cooperative Costruzioni. Originariamente la Lega delle Cooperative compariva in entrambe le cordate in gara per i lavori del Ponte: con la CCC in ATI con Astaldi e con la CMC – Cooperatriva Muratori Cementisti di Ravenna in ATI con la “concorrente” Impregilo. Con l’aggravante che proprio la CMC risultava essere una delle 240 associate, la più importante, della cooperativa “madre” CCC di Bologna. Ciò avrebbe comportato la violazione delle normative europee e italiane in materia di appalti pubblici che escludono espressamente la partecipazione ad una gara di imprese che «si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo», ovverossia di società tra esse «collegate o controllate». L’ipotesi di violazione è stato sollevato, tra gli altri, dalla parlamentare Anna Donati, mentre il WWF è ricorso davanti all’Autorità per i Lavori Pubblici e alla Commissione Europea per chiedere l’annullamento della gara.

Se poi si passa ad analizzare la lista dei professionisti che sono stati membri del consiglio di amministrazione della Stretto di Messina S.p.A., c’è il riscontro di un certo feeling con Impregilo. Nell’aprile del 2005, ad esempio, venne nominato quale membro del Cda della concessionaria del Ponte, il dottor Francesco Paolo Mattioli, ex manager Fiat e Cogefar-Impresit (oggi Impregilo), consulente della holding di Torino e responsabile del progetto per le linee ad alta velocità ferroviaria Firenze-Bologna e Torino-Milano di cui Impregilo ha ricoperto il ruolo di general contractor. Nel consiglio di amministrazione della Stretto S.p.A. sedeva al momento dell’espletamento delle gare del Ponte, il Preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università ” La Sapienza ” di Roma, prof. Carlo Angelici. Angelici era contestualmente consigliere di Pirelli & C. e di Telecom Italia Mobile (TIM), società di cui erano (e sono) azionisti i Benetton. Edizioni Holding, altro gioiello del gruppo di Treviso, controlla la Società per il Traforo del Monte Bianco, di cui è membro del consiglio d’amministrazione un altro “storico” del Cda della Stretto di Messina, il direttore generale ANAS Francesco Sabato.

Presenze “pesanti” anche all’interno di Società Italiana per Condotte d’Acqua, altro partecipante alla cordata vincente per i lavori del Ponte. Condotte d’Acqua è quasi internamente controllata dalla finanziaria Ferfina S.p.A. della famiglia Bruno. Ebbene, nei consigli d’amministrazione di Ferfina e di Condotte Immobiliare (la immobiliare di Condotte d’Acqua) compariva nel giugno 2005 il professore Emmanuele Emanuele, contestualmente membro del Cda della concessionaria statale per il Ponte.

Dal 2002, presidente della Stretto di Messina S.p.A. è l’on. Giuseppe Zamberletti, più volte parlamentare Dc e sottosegretario all’interno e agli esteri ed ex ministro per la protezione civile e dei lavori pubblici. Invidiabile pure la sua lunga esperienza in materia di grandi infrastrutture: Giuseppe Zamberletti è stato presidente del Forum europeo delle Grandi Imprese, mentre da più di un ventennio ricopre la massima carica dell’Istituto Grandi Infrastrutture (IGI), il “centro-studi” d’imprese di costruzione, concessionarie autostradali, enti aeroportuali, istituti bancari, per monitorare il mercato dei lavori pubblici e delle grandi opere e premere sugli organi istituzionali per ottenere modifiche e aggiustamenti legislativi in materia di appalti e concessioni a vantaggio degli investimenti privati.

In questa potente lobby dei signori del cemento, compaiono quasi tutti i concorrenti alle gare per la realizzazione del Ponte. Vicepresidente vicario di IGI al tempo delle gare del Ponte, il cavaliere Franco Nobili, trent’anni a capo della società di costruzione Cogefar (poi Impregilo), passato poi nel Cda della Pizzarotti di Parma, che ha integrato in un primo tempo la cordata guidata da Astaldi per il general contractor del Ponte. Dal 1989 al 1993 Franco Nobili ha pure ricoperto la carica di presidente dell’IRI, l’istituto di cui è stato direttore generale e membro del collegio dei liquidatori l’odierno amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci.

Anche tra gli odierni vicepresidenti del consiglio direttivo dell’Istituto Grandi Infrastrutture ci sono i manager delle società entrate nel business del Ponte: Alberto Rubegni (l’amministratore delegato d’Impregilo condannato a 5 anni di reclusione nell’ambito del processo TAV); Pietro Gian Maria Gros, presidente di Autostrade-Benetton; Vittorio Morigi, Ad del Consorzio Muratori Cementisti; il professor Carlo Bucci (rappresentante dell’ANAS, azionista di maggioranza della Stretto di Messina S.p.A., e consigliere d’amministrazione della concessionaria nel triennio 2005-2007).

Ci sono poi le aziende presenti nel consiglio direttivo dell’IGI. Anche qui abbondano le società che hanno concorso su fronti opposti alla gara per il Ponte sullo Stretto. Tra esse, Società Italiana per Condotte d’Acque e SATAP S.p.A., società autostradale controllata dalla finanziaria Argos di Marcellino Gavio (azionista IGLI-Impregilo). Più Astaldi, capogruppo dell’ATI “contrappostasi” a Impregilo, con le associate Grandi Lavori Fincosit e Vianini Lavori dell’imprenditore-editore Caltagirone.

Uno dei prossimi maggiori impegni della Stretto S.p.A. sarà quello di ritoccare l’ammontare del contratto sottoscritto da Impregilo & socie; ferro e acciaio sono cresciuti vertiginosamente nel mercato internazionale, mentre altre voci di spesa potrebbero essere state sottostimate in fase di pre-progettazione. Date affinità e cointeressenze, chissà se alla fine, per comodità, non ci si veda tutti in Piazza Cola di Rienzo 68, sede dell’IGI e dei signori del Ponte.

Condividi su:
  • Twitter
  • Facebook

© Altrabenevento

Scroll to top