Procura di Salerno: De Magistris non ha commesso reati esaminando i tabulati telefonici di Mastella
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NAPOLI – La Procura di Salerno ha chiesto l’archiviazione dell’ inchiesta nei confronti di Luigi De Magistris, l’ex pm di Catanzaro indagato per il reato di abuso di ufficio nella vicenda relativa all’acquisizione dei tabulati dell’allora ministro dela Giustizia Clemente Mastella. L’atto della Procura è stato depositato il 14 gennaio scorso.
Il procedimento penale era sorto nel giugno 2008 su segnalazione del procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli, che aveva ipotizzato reati nella condotta di De Magistris con riguardo alle acquisizioni dei tabulati effettuati, su incarico del magistrato, dal suo consulente Giacchino Genchi. Nella richiesta di archiviazione si afferma l’infondatezza della notizia di reato e la correttezza di De Magistris nell’acquisizione dei tabulati.
E’ emerso pure che al momento dell’acquisizione del tabulato dell’utenza del senatore Mastella il pm non sapeva che l’utenza, di cui aveva chiesto il tabulato, fosse intestata al parlamentare. Già vi era stata una richiesta di archiviazione nel giugno 2008 relativamente alla inchiesta ‘Toghe lucane’: anche qui, secondo la Procura di Salerno, erano risultate infondate le accuse rivolte a De Magistris da alcuni indagati in quella inchiesta; l’udienza relativa si è conclusa ieri e il Gip di Salerno si è riservato di decidere.
EX PM, MI HANNO FERMATO MA IO SEMPRE CORRETTO
Luigi De Magistris commenta con soddisfazione, rispondendo all’ANSA, la richiesta di archiviazione della Procura di Salerno nei suoi confronti per il reato di abuso di ufficio ipotizzato relativamente all’acquisizione di tabulati dell’allora parlamentare Clemente Mastella. L’ex pm di Catanzaro, oggi giudice nel Tribunale del Riesame di Napoli, scioglie il silenzio mantenuto per mesi, e dice:”Per l’ennesima volta le segnalazioni di reato nei miei confronti si sono dimostrate infondate e si è potuta accertare l’assoluta correttezza del mio operato. Mentre mi consta, dalla lettura del decreto di sequestro emesso dalla Procura di Salerno, che magistrati in servizio a Catanzaro avrebbero espletato attività ai miei danni”. Nei giorni scorsi si era pronunciato anche il Tribunale del Riesame di Salerno, che ha confermato l’impianto del decreto di perquisizione e sequestro eseguito dalla Procura della Repubblica Salerno. Nella motivazione emergeva la conferma di ipotesi di reato di corruzione commesso da magistrati di Catanzaro e gli illeciti nella sottrazione delle inchieste di ‘Poseidone’ e ‘Why not’ a Luigi De Magistris. Iannelli è indagato per i reati di abuso di ufficio e calunnia: gli si contesta di aver svolto attività volte a danneggiare De Magristis, quando prestava servizio alla Procura di Catanzaro. La Procura ipotizza reati anche a carico di Dolcino Favi, all’epoca procuratore generale facente funzioni di Catanzaro, nell’avocazione del procedimento Why not e nella revoca dell’incarico di consulente al dottor Genchi. “Il mio rammarico è ancora una volta quello di non aver potuto portare a termine le inchieste Poseidone e Why not – conclude De Magistris – Sono convinto che, assieme ai miei più stretti collaboratori, avremmo potuto individuare, in modo analitico, una inquietante rete di collusioni, con commissioni di gravi reati soprattutto nella gestione del denaro pubblico e della cosa pubblica, che era in grado anche di condizionare il corretto esercizio di numerose istituzioni”.
WHY NOT: SERVIZI E POTERI OCCULTI COINVOLTI
Autorevoli esponenti dei servizi segreti e poteri occulti erano coinvolti nelle inchieste calabresi ‘Why not’ e ‘Poseidone’ avocate all’ex pm Luigi De Magistris. Lo conferma all’ANSA lo stesso De Magistris. Alla domanda se fossero coinvolti nei giri di affari indagati dall’ex pubblico ministero anche autorevoli esponenti dei servizi segreti, De Magistris risponde: “Sì”. In proposito, non vuole aggiungere altro. L’ex pm spiega poi la necessità di acquisire tabulati telefonici in ambito istituzionale nell’ambito, mentre indagava in Calabria, in questo modo:”Non deve destare meraviglia – dice – che siano stati acquisiti i tabulati anche di vari soggetti appartenenti a diverse istituzioni, in quanto le indagini ‘Poseidone’ e ‘Why not’, almeno fino a quando ne sono stati io titolare, non avevano certo ad oggetto organizzazioni criminali dedite al furto di galline o al compimento di rapine nei supermercati”. “Le indagini riguardavano sodalizi finalizzati, in particolare – conclude – a depauperare risorse pubbliche, nonché a condizionare ampi settori della pubblica amministrazione, dell’economia e delle istituzioni democratiche, ed in grado anche di penetrare, in modo occulto e pericoloso, proprio all’interno di talune rilevanti istituzioni della Repubblica, come ho anche illustrato, nei dettagli, alla procura di Salerno”.
GENCHI: DE MAGISTRIS, DOMINUS ERO IO MA LUI AUTONOMO
Luigi De Magistris era il dominus delle indagini, ma Genchi, il suo consulente, aveva una sua autonomia. L’ex pm di Catanzaro, sollecitato dall’ANSA sul mandato dato al consulente oggi sotto inchiesta per abuso di ufficio e violazione della privacy, vuole fare chiarezza sui reciproci ruoli, sostenendo che sul caso Genchi si è fatta molta confusione in modo strumentale. De Magistris premette di non poter entrare nel merito della questione, “per rispetto in primo luogo delle indagini preliminari in corso presso l’autorità giudiziaria di Salerno, e in secondo luogo per il lavoro in corso al Copasir”. “Quello che posso dire oggi è che è rilevante – aggiunge – comprendere come avviene il rapporto fra consulente e pubblico ministero, nell’ambito del mandato consulenziale. Molta confusione è stata fatta in questi giorni, ed anche in maniera strumentale”. “Il magistrato è il dominus delle indagini preliminari – continua – ed è lui che dirige l’attività investigativa: ha ben chiaro l’obiettivo che intende raggiungere, ed io l’avevo molto nitido. Il consulente deve rispondere al quesito posto dal magistrato e, nell’ambito dell’incarico ricevuto, esercita il suo mandato, anche con autonomia, al fine di depositare una consulenza esecutiva del quesito ricevuto”. “Nel caso dei tabulati telefonici – aggiunge – che, tanto per essere chiari ancora una volta, non sono intercettazioni, ma uno strumento per individuare i contatti telefonici tra soggetti, i decreti di acquisizione erano firmati dall’autorità giudiziaria, mentre la scelta delle utenze da acquisire era spesso rimessa alle specifiche competenze professionali del consulente, che richiedeva al pm di acquisire determinati tabulati, per poter adempiere compiutamente al suo incarico”. Ma Genchi è davvero in possesso dell’archivio che sta inquietando il Paese? “Non posso sapere se il dottor Genchi ha un archivio. Questa è una domanda che va posta a lui… – conclude De Magistris – Quello che posso dire è che si tratta di un professionista molto capace, che ha effettuato consulenze per decine e decine di magistrati in procedimenti penali anche molto delicati e complessi, quali quelli sulla strage di Capaci e di via D’Amelio”.
‘NON C’E’ GRANDE FRATELLO’
“Non esiste un ‘grande fratello’, le gente onesta e perbene può stare serena”: lo dice all’ANSA Luigi De Magistris, commentando il clamore suscitato dal numero di contatti telefonici monitorati dal suo consulente Genchi, nell’ambito delle indagini calabresi condotte dall’ex pm di Catanzaro. In proposito De Magistris dice:”Voglio premettere che io ho utilizzato sempre molto poco le intercettazioni telefoniche, tanto è che, ad esempio, nell’inchiesta ‘Why not’ non ne ho fatta nemmeno una”. “Per quanto riguarda i tabulati, le cifre sono necessariamente elevate – aggiunge l’ex pm – perché evidenziano i contatti che ogni utenza può aver nell’arco delle 24 ore. E’ sufficiente fare un calcolo aritmetico per rendersi conto che i numeri sono elevati. Ma questo non vuol dire che siano state intercettate migliaia di conversazioni telefoniche”. Quando gli si fa notare che gli italiani sono preoccupati anche all’idea che i loro contatti, sia pur di riflesso, vengano incidentalmente monitorati, De Magistris replica: “Stiamo parlando di contatti avvenuti con utenze sottoposte ad attività investigativa. E tutti possono essere tranquilli del fatto che, se i dati vengono gestiti dall’autorità giudiziaria con competenza e professionalità, senza che vengano illecitamente divulgati all’esterno, nessuna persona onesta e perbene potrà mai temere alcunché e i suoi numeri telefonici non potranno mai essere resi pubblici”.