Video-inchesta “Disastro innaturale”. Le lodi agli “angeli del fango” non possono nascondere le responsabilità per i danni causati dalla prevista alluvione.
Stampa questo articoloPer un mese intero dopo l’alluvione, tutte le forze politiche senza eccezioni, gli amministratori locali e regionali, i ministri e i sottosegretari, i parlamentari nazionali ed europei, si sono limitati ad esprimere solidarietà ai sanniti e a lodarli per la capacità di reagire promettendo finanziamenti vari. Il coro delle lodi è servito anche ad evitare una riflessione sulle possibili cause del disastro che invece vanno individuate velocemente per stabilire le cose da fare al fine di impedire ulteriori danni. Non è vero, infatti, che l’evento non era prevedibile perché dovuto solamente alle improvvise piogge o ad un’onda “anomala” arrivata, inaspettatamente, dal fiume Tammaro per una presunta apertura improvvisa della diga.
Come risulta anche dalla video-inchiesta “Disastro innaturale” della giornalista Eleonora Mastromarino, pubblicata sul nostro sito, l’evento era stato previsto con precisione. Infatti, tre anni fa, il geologo Salvatore Soreca, con uno studio pubblicato sulla rivista “L’ambiente” simulava proprio una piena distruttiva del fiume Tammaro a seguito di “bombe d’acqua” che a causa delle variazioni climatiche non sono più eventi eccezionali. Soreca spiegava che quel fiume con i suoi torrenti pieni di sabbia, pietre, alberi e rifiuti rappresentava un pericolo incombente sulla città. Aggiungeva che l’attuale rischio danni da alluvione a Benevento ha la stessa entità di quello del 1949 perché, nonostante la captazione di acqua alle sorgenti per uso potabile e la realizzazione di diversi argini, la mancata manutenzione dei corsi d’acqua e la autorizzazioni a costruire case ed industrie lungo i fiumi possono determinare danni notevoli alle strutture e alle persone. E infatti, così è stato!
Anche la Protezione Civile sapeva ufficialmente che il disastro sarebbe arrivato dal Tammaro ed infatti ad ottobre 2011 organizzò a Benevento una esercitazione per intervenire soprattutto sulla zona industriale ASI di Ponte Valentino a rischio devastazione.
Da allora, dopo quattro anni, nessuno ha fatto alcunché. La Provincia ha cincischiato sugli atti necessari ad ordinare la manutenzione di fiumi; il progetto per la rimozione dei detriti che ostruiscono da anni il Tammarecchia e i torrenti limitrofi è rimasto stranamente fermo nei cassetti del Genio civile; il Consorzio ASI ha presentato osservazioni, opposizioni e ricorsi ai piani urbanistici del Comune di Benevento e della Provincia per consentire la costruzione e l’ampliamento degli stabilimenti industriali in aree alluvionali. Il TAR a febbraio 2014 ha imposto ai tre Enti di definire con una apposita Conferenza dei Servizi le norme per applicare anche alle zone industriali il Piano Urbanistico e il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ma il sindaco Fausto Pepe, il presidente della Provincia Claudio Ricci e il presidente dell’ASI, Luigi Diego Perifano, non hanno ancora trovato il tempo di incontrasi e quindi, solo a Ponte Valentino, i piani urbanistici non valgono, i “corridoi ecologici” non esistono, i decreti ambientali per la inedificabilità nelle zone alluvionali sono ignorate.
Adesso i responsabili di questo disastro ne devono dare conto, indipendentemente dalle eventuali responsabilità penali che la Procura della Repubblica accerterà.
I cittadini, quelli che hanno subito danni direttamente e quelli che hanno spalato o che si sono prodigati per dare assistenza, non si accontentano di lodi e promesse di finanziamento.